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L'alternativa - 7* Puntata - Una storia nella storia

L'alternativa (Racconto a puntate - Settima puntata)

7

Una storia nella storia

Qualche sera dopo, Mariam, entrando nella camera di Andrea per la buona notte, lo trovò di nuovo con l’espressione cupa. Appena si fu avvicinata al letto, il ragazzo l’aggredì: “Si può sapere perché avete adottato un disgraziato come me? Capisco James, che è bello, sportivo e intelligente, ma io?”. Mariam sussultò: “Chi ti ha detto che siete stati adottati?” “L’ho capito da solo. I Salvadores veri sono perfetti. E bianchi.” “Ti racconterò tutto, ma non ora, perché me l’hai chiesto in maniera offensiva. Tu non sei un disgraziato e non sei imperfetto: dicendo queste cose tu offendi me, che sono tua madre. Ti consiglio di chiedermelo in un altro modo se vuoi una risposta”. Lo guardò addolorata e se ne andò, senza i soliti gesti affettuosi.
In camera sua si strinse a Josef e insieme si chiesero se avessero sbagliato a non dire niente ad Andrea riguardo la sua origine. Da piccolo James aveva elaborato una sua teoria per spiegare la sua pelle nera in una famiglia di bianchi: si era convinto che tutti vedessero sé stessi neri e bianchi gli altri. Quando poi aveva visto, fuori di casa, altre persone di colore come lui e aveva capito che la sua teoria non reggeva più, era andato dalla mamma e, con la schiettezza che lo contraddistingueva, aveva chiesto spiegazioni. Mariam gli aveva parlato allora con dolcezza delle circostanze relative alla sua adozione. Il bambino aveva ascoltato con attenzione, poi aveva voluto sapere se Mariam e Josef l’amavano come i fratelli bianchi e, avuta la conferma, era tornato a giocare. Mai più aveva sentito il bisogno di riprendere l’argomento. Quanto ad Andrea, invece, avevano deciso di non parlare, visti i problemi che il piccolo era costretto ad affrontare ogni giorno. Ora però si chiedevano se la decisione fosse stata giusta. In ogni caso, Mariam aveva rilanciato l’iniziativa al ragazzo e ora potevano soltanto aspettare
Attesero poco più di una settimana. Il mercoledì era giorno di musica per Meg e, mentre la piccola imparava a gustare Mozart, Mariam vide arrivare la carrozzina di Andrea spinta da James. Capì che i due avevano solidarizzato e la cosa le fece molto piacere: per il carattere problematico di Andrea, non c’era medicina migliore che l’allegria sorgiva del fratello. La donna mandò Meg da Leo e si dispose ad ascoltare. Parlò James sorridendo: “Vorremmo sapere come hai avuto la fortuna di adottare due supercampioni come noi”. Anche Andrea ora rideva. Mariam raccontò la storia triste e felice che le aveva regalato due figli stupendi e alla fine piangevano e ridevano tutti e tre.
“Non ti sembra giusto raccontare questa storia a tutti, anche ai più piccoli? La verità non va nascosta”. Era stato Andrea a parlare e Mariam sentì la lama di un coltello penetrarle nel cuore. “Hai ragione” disse con un filo di voce “Lo farò questa sera. Lasciatemi solo il tempo di trovare le parole giuste”. Diede due chiavi ai ragazzi, guardò Andrea negli occhi e disse “Perdonami”. “Perdonata” rispose lui gravemente e Mariam ringraziò mentalmente il Figlio di Dio per aver insegnato agli uomini il segreto più bello e più difficile di ogni relazione.
Venne la sera e tutti furono convocati nel giardino, dove Rafael aveva preparato un tavolo circolare con delle lanterne accese. Lazàr rideva guardando le luci che danzavano in cerchio, Meg era eccitatissima, Miriam e i fratelli incuriositi, James e Andrea commossi.
“Questa sera voglio raccontarvi una storia” incominciò Mariam e la sua voce prese il tono antico dei veri narratori “una storia vera, che comincia tanti anni fa e riguarda tutti noi”. Tacque per un momento e poi riprese: “Quando papà e io arrivammo qui, in questa grande casa, non eravamo soli. Con noi c’era un’altra coppia, una coppia di amici, che per noi erano come fratelli. Erano Ester e Aron. Dentro la mia pancia c’erano due bambini che aspettavano di nascere e nella pancia di Ester c’era un bambino solo, ma splendido”. Meg era confusa: “Ma tu nella pancia non avevi quattro bambini?” chiese. Mariam la zittì e continuò: “Lavoravamo insieme ed eravamo felici. Un giorno dalla foresta arrivò una bellissima principessa denka: si chiamava Judith ed era rimasta sola, perché suo marito e i suoi famigliari avevano perso la vita durante una scorreria di guerriglieri. Le offrimmo di stare con noi e lei accettò. Anche nella sua pancia c’era un bambino”. Meg fece i conti per tutti: “Due più uno uguale a tre, più uno ancora uguale e quattro”. “Brava bambina.” riprese Mariam “La principessa denka divenne nostra amica e noi dicevamo ridendo che i bambini sarebbero cresciuti insieme come quattro gemelli. Arrivarono i giorni del parto, anzi dei parti. Nacquero prima Pierre e John, poi James e infine Andrea. La nostra casa era diventata un nido d’infanzia. Dovunque ci si girasse c’era un bambino che piangeva, perché aveva fame o sete o sonno, oppure perché voleva essere cambiato...” “Perché aveva fatto la pipì?” chiese Meg molto interessata, guardando il pannolino di Lazàr con disapprovazione. “Sì, per quello” tagliò corto Mariam e continuò: “Per fortuna c’era Rafael che ci dava una mano”. “Anzi, due mani e due ali” disse ridendo Josef. Meg guardò i fratelli disorientata e poi chiese: “Dove sono la mamma e il papà di Andrea e James?” “Un momento tesoro, ora arriviamo… Preparatevi perché qui la storia diventa molto triste…” Mariam deglutì, un po’ a disagio, e poi riprese: “Ogni mese noi andavamo in città a fare la spesa e a ritirare le merci che arrivavano all’aeroporto. Una volta andavamo papà e io e un’altra volta Elisabeth e Zacaria; Judith ci accompagnava quando c’era bisogno. Fu così che un giorno Elisabeth, Zacaria e Judith partirono di buon mattino per essere presto a casa, ma purtroppo non tornarono più”. Mariam tacque e continuò Josef: “Ci fu un grave incidente. Il nostro furgone si capovolse e i tre viaggiatori tornarono al Padre di tutti gli uomini, che aveva vegliato sulla loro vita e ora li accoglieva nella sua casa con Lui”. Mariam non disse che prima di sapere che cosa fosse successo aveva visto i tre custodi sul cancello.
“Dio non è cattivo, vero mamma?” chiese Meg. “No” rispose John “Dio non è cattivo e non vuole la morte. Dio ama la vita e proprio per questo la fa durare per sempre. Senza di Lui Zacaria, Elisabeth e Judith non ci sarebbero più. Con Lui invece noi possiamo pregarli e sappiamo con certezza che li rivedremo. Sappiamo anche che ora sono felici”. “Grazie John” sussurrò Mariam.
Meg abbracciò Andrea, ma lui disse: “Un momento, la storia non è finita!”. Mariàm lo guardò supplichevole, ma capì che doveva continuare: “I quattro gemelli crebbero belli e felici…” si fermò, ma lo sguardo di Andrea non le dava tregua. “Poi si vide che, mentre crescevano, uno di loro aveva difficoltà a muovere le gambine. Questo ci addolorò molto, così papà s’impegnò a trovare una medicina per curarle. La trovò, ma non è ancora perfetta…” La voce di Mariam si spense e un silenzio pesante si materializzò tra i ragazzi. “Però la carrozzina è bella, si può farla correre e si può giocare” esclamò Meg convinta. “Hai ragione Meg, la carrozzina è bella e sono molto orgoglioso di essere l’unico a possederla. Dio me l’ha data e guai a chi me la tocca!”. Andrea improvvisò una corsa nel buio, inseguito dalla sua petulante sorellina, che rideva a gola spiegata e gridava: “Aspettami Andrea, aspettami!”
Quando tornarono ansanti e felici, si alzarono le note dorate della voce di Miriam: “E poi? Che cosa è successo dopo?” “Dopo, quando i gemelli ebbero 5 anni e ormai sapevano badare a sé stessi” disse Mariam “incominciammo a chiedere all’Onnipotente il dono di una bambina ed è così che sei nata tu e sei stata allevata da un papà, una mamma, quattro fratelli e un leone. 11 anni dopo abbiamo chiesto Magdalena e 3 anni dopo di lei ci è stato donato il nostro magnifico Lazàr”. “Il campione di tutti i campioni, il principe di tutti i principi” s’intromise Josef “che ora deve andare a letto immediatamente se non vuole crollare nel seggiolone” e portò il bambino nella sua culla. Non fu facile mettere a letto Meg, ma alla fine ci riuscirono e poi tutti insieme andarono a visitare gli appartamenti in cui erano vissuti i genitori di Andrea e la mamma di James. Poiché Mariam non riusciva a contenere la commozione, il compito di spiegare toccò a Josef: “La mamma e Rafael sono venuti tutte le settimane a pulire questi locali per poterveli consegnare intatti” disse. I ragazzi entrarono nelle camere, nei salotti e nelle cucine, mantenendo un silenzio decisamente sacro. Pierre, John e Miriam sembravano scossi persino più dei fratelli. James si chiuse nella camera di sua madre e Andrea volle guardare a lungo la sua cameretta: la culla, le tende colorate, un piccolo tavolo… Cercava nella mente qualche ricordo che, riemergendo dal passato, portasse alla coscienza un profumo, un sapore, una voce, i lineamenti di un volto… Non trovò nulla, a parte la fotografia di un neonato in braccio a una donna sconosciuta, insieme a un uomo altrettanto sconosciuto. Allora chiamò “Mamma” e poi “papà”, per sentire due voci vive che dicevano “Andrea, figliolo” e disse ancora: “Grazie” per sentirsi dire “Grazie a te, figlio”. Nei giorni seguenti a Mariam e a Josef i figli sembrarono più maturi, più seri, ma anche più gioiosi.

Autrice Ignota

Immagine di copertina tratta da Children, parents and nannies, childcare illustrations, di Anastasiia AsiOsi.

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Nota 
Questo racconto è completamente inventato. Qualsiasi riferimento a persone o situazioni è puramente casuale. Grazie!!!!