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L'alternativa - 4* Puntata - Il Custode

L'alternativa (racconto a puntate - Quarta puntata)

Il Custode

Due volte alla settimana Mariam aiutava Rafael, il Guaritore, nel piccolo ambulatorio dietro casa. Portava con sé Lazàr addormentato nel suo cesto e si dedicava ad attività come piccole medicazioni, prelievi di sangue da far esaminare a Joseph, iniezioni, misurazioni di pressione e temperatura. Aveva acquisito un minimo di competenza infermieristica nella sua vita precedente, il resto lo aveva imparato da Rafael. Vicino all’ambulatorio tenevano una piccola camera con un lettino e un bagno per i casi più gravi, in attesa di ricovero. I pazienti erano tutti di colore, perché i pochi bianchi presenti a Lumuro si rivolgevano direttamente ai medici dell’ospedale.
Sussultò per la meraviglia, quindi, quando vide davanti a sé un bambino bianco di circa 10 anni, pallido e molto magro. Alzò gli occhi in cerca della madre, ma invece di una donna vide il Custode. Mariam si spaventò: sapeva che nessuno avrebbe potuto né dovuto vederlo. A meno che… Mariam cacciò il pensiero da ogni recesso della mente e istintivamente chiamò Rafael, ma lui fece un cenno di diniego: avrebbe dovuto cavarsela da sola.
La donna si dedicò tremando ai soliti gesti: poiché la fronte del bambino bruciava, gli misurò la temperatura e gli somministrò subito un antipiretico. Poi strinse il laccio di gomma sul braccio destro, sopra il gomito, e cercò una piccola vena nella quale inserire l’ago per il prelievo. Disse al bimbo che gli avrebbe fatto un po’ male e lui sorrise, alzando leggermente le spalle ossute. Finito il prelievo, il piccolo barcollò; Mariam fu svelta a sostenerlo e lo portò nella camera attigua all’ambulatorio. Il Custode la seguì.
Mariam uscì per mandare un ragazzo da Joseph a portare le provette e vide che Rafael aveva formato una sola fila di pazienti, segno che lei avrebbe potuto dedicarsi completamente al piccolo sconosciuto. Quando rientrò, il bambino era seduto sul letto con gli occhi colmi di angoscia e di paura. Mariam si avvicinò e lo prese tra le braccia. “Non è nulla piccolo, non è nulla. Adesso ti cureremo e ti passerà”. Lo cullò un poco e gli tolse piano piano i vestiti sporchi. Riempì la vasca di acqua, lo aiutò ad entrare e incominciò a passargli la spugna bagnata sul corpo cantando una ninna nanna. Poi lo asciugò, lo mise seduto, appoggiandolo alla vasca da bagno, gli fece indossare un vecchio pigiamino dei suoi figli e ritornò nella cameretta per rifare il letto.
Quando ebbe finito, la stanzetta si illuminò improvvisamente. Mariam si guardò intorno sbalordita: sulla porta c’era Gabriel, il Messaggero. Immediatamente la donna cadde in ginocchio, non davanti a lui, ma davanti a ciò che avrebbe detto. Il suo cuore batteva all’impazzata, mentre le parole di Gabriel arrivavano a lei, non portate da una voce, ma formandosi nell’aria e scrivendosi nell’anima con lentezza dolorosa: “Rallegrati Mariam, perché il Figlio di Dio ha pensato a te. Egli desidera che tu diventi la mamma di questo bambino, fino a quando rifarà il Grande Passo”. Mariam si turbò e disse: “Mio marito lo salverà e potrà crescere con i miei figli”. “Non avere paura di ciò che ti chiede il Signore” disse ancora il Messaggero “Lui sarà con te. Tuo marito ti aiuterà, ma solo come medico; potranno sapere qualcosa i tuoi figli, ma non dovranno intervenire. Se vuoi un segno, ascolta ciò che Daniele ti dirà, quando io me ne sarò andato”. Allora Mariam s’inchinò e, come se non fosse lei a parlare, disse: “Eccomi. Farò ciò che Lui vuole”. Gabriel dalle ali variopinte uscì senza fretta e sparì nel pomeriggio assolato.
Mariam tornò dal bambino e lo riportò a letto. “Ora dormi Daniele” disse. Gli occhi del piccolo si illuminarono: “Mi chiamo Daniele? Grazie mamma!”. Mariam si chiese con angoscia quali abissi di solitudine avesse vissuto questo bambino, per arrivare a chiedere di ripercorrere le sofferenze del Grande Passo pur di avere una mamma vicina. “Sei un bambino coraggioso” gli disse, struggendosi di tenerezza.
Intanto era arrivato Josef, con il volto contratto dalla preoccupazione. Guardò il bambino: “Sono sue le provette?” chiese. Mariam annuì e Josef la prese in disparte: “Leucemia” bisbigliò “acuta. All’ultimo stadio. Ho portato antipiretici e antidolorifici. Dove sono i suoi genitori?”. Mariam si rese conto che suo marito non vedeva il Custode, scosse la testa e Josef esclamò inorridito: “È solo?” “Sì” disse lei. In quel momento dal lettino venne una voce esile, resa rauca dal dolore: “Mamma, mi fai la puntura? Ho tanto male”. Mariam si precipitò, preparò la siringa e praticò l’iniezione. Il piccolo guaì piano, come un cucciolo ferito, quando sentì il farmaco bruciargli le carni. “Rimani qui stanotte?” chiese Josef. “Penso di sì, occupati tu dei ragazzi”. L’uomo la baciò, la strinse, la baciò di nuovo e se ne andò, non senza aver raccomandato: “Se succede qualcosa, chiamami”.
Il bambino si stava addormentando, ma quando sentì che Mariam si avvicinava aprì gli occhi: “Vorrei che mi prendessi in braccio” sussurrò. Mariam si accovacciò sul letto e tirò a sé il bimbo, sulle gambe e tra le braccia. “Come mai non sapevi come ti chiamavi?” chiese. “Per avere un nome bisogna avere una mamma” rispose il bimbo.
“Conosci la storia di Daniele?” domandò Mariam per distrarlo: “Era un profeta coraggioso che amava Dio e si comportava sempre bene. Un giorno alcune persone cattive lo calarono in una fossa dove c’erano dei leoni: avrebbero dovuto mangiarlo, ma non fu così. I leoni si accovacciarono come se fossero stati dei cagnolini e Daniele si salvò”. Il bimbo sorrise e disse: “Raccontala un’altra volta”. “Dovresti dormire…” rispose Mariam, ma ricominciò a raccontare. Dopo aver narrato la storia cinque o sei volte, comprese che in realtà Daniele non voleva dormire, perché era troppo bello per lui stare con la nuova mamma. Allora incominciò a cantare, meravigliandosi lei stessa della bellezza della sua voce, e le palpebre del bimbo finalmente si chiusero. “Stai tranquillo, domani mi troverai ancora qui” sussurrò accarezzandogli i capelli.
Bastò uno sguardo al Custode, per avere il permesso di tornare dai figli e quando tutti furono a letto, scivolò nel buio con una grossa pila per tornare da Daniele. Altre quattro pile uscirono nell’oscurità: Josef e i ragazzi portavano una brandina, un tavolino, delle lenzuola e del cibo. John aveva anche l’orsacchiotto che gli aveva fatto compagnia nelle sue notti da bambino.
Nella cameretta il piccolo dormiva ancora. “Domani dovrai farlo mangiare” mormorò sottovoce Josef e posò del latte e dei biscotti sul tavolino. John abbassò il capo impercettibilmente davanti al Custode e tracciò una croce sulla fronte del malato, mentre James, che lo guardava incantato, lo baciò con le dita. Il Custode seguiva tutto attentamente, con lo sguardo benevolo nel bellissimo viso.
Il giorno dopo Josef disse ai piccoli di casa che la mamma era un po’ stanca e perciò bisognava lasciarla riposare. Miriam si offrì di occuparsi di Lazàr e a Meg avrebbe pensato Leo. Per fortuna incominciavano le vacanze.
Per Mariam ebbe inizio una nuova vita, divisa tra il desiderio di svolgere bene il compito che le era stato affidato e il bisogno di tenere sempre con sé quel suo nuovo bambino che giorno per giorno le mangiava il cuore. Gli insegnò le preghiere, soprattutto il Padre nostro, lo nutrì mettendo sé stessa in ogni boccone, gli somministrò i farmaci, tamponò piccole emorragie, lo incoraggiò, gli parlò, cantò ninne nanne, lo avviò all’ascolto della musica, giocò e raccontò storielle e filastrocche. Siccome Daniele odiava i farmaci da somministrare per via parenterale, trovò il modo di essere rapidissima: piegava delicatamente una gambina sopra l’altra ad angolo retto e non appena il bimbo si accorgeva, lei stava già dicendo: “Shhhh, ho finito”.
Non fu un compito difficile tutto sommato, perché Daniele sembrava capire meglio di lei che cosa stesse succedendo ed era felice per ogni attenzione. Difficile era fare i conti con sé stessa e accettare che il suo bimbo dovesse soffrire così.


Autrice Ignota

Immagine di copertina tratta da Children, parents and nannies, childcare illustrationsdi Anastasiia AsiOsi.


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Nota 
Questo racconto è completamente inventato. Qualsiasi riferimento a persone o situazioni è puramente casuale. Grazie!!!!