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Io sono (podcast e testo scritto)


Nell'Antico Testamento Dio non ha un nome, nella Nuova Alleanza ne ha tre. In questa pluralità di appellativi è nascosta la perfezione della salvezza. Nel post, si trovano il testo scritto e il podcast di Elikya (iniziativa dei Comboniani).

Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini,Mariarosa Tettamanti,m formatrice diocesana, Milano, 28 Marzo" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 8, versetti da 21 a 30.

Di nuovo disse loro: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: «Dove vado io, voi non potete venire»?». E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». A queste sue parole, molti credettero in lui.

Il pastore e il fuoco  

Il pastore ha camminato a lungo, ha portato le pecore oltre il deserto, fino al monte, alla ricerca di un po’ di vegetazione da brucare. È un mestiere duro quello del pecoraio, non concede soste alla fatica né di giorno né di notte: bisogna continuamente vegliare, tenere gli occhi aperti, stare attenti che qualche pecora disubbidiente o distratta non si allontani dal gregge; bisogna vigilare sui serpenti, perché non si avvicinino al bestiame, percepire la presenza dell’acqua prima ancora di vederla... Bisogna avere buoni occhi e buone orecchie.
Il pastore si ferma e allarga lo sguardo, sente un crepitio strano, come di fuoco che brucia, e immediatamente tutti i suoi sensi sono in allerta… Ecco là in fondo, proprio davanti a lui, un roveto incendiato... però non c’è odore di bruciato e il cespuglio non si consuma, rimane intatto: è strano, è molto strano. “Voglio andare a vedere” pensa il pastore e si avvicina al roveto.
«Mosé! Mosé!» sente chiamare. «Eccomi!» dice senza nemmeno pensarci, la voce già alterata per il timore. «Non avvicinarti… questo luogo è terra santa!». 
È Dio che parla… e Dio si presenta e gli comunica senza mezzi termini che ha in serbo per lui la missione di liberatore del suo popolo schiavo in Egitto. Mosè tergiversa: non era questo il suo progetto di vita e poi certamente lui non è capace, non ha la stoffa del condottiero, del liberatore… E poi come si chiama questo Dio, che nome ha, come si può presentare uno che non ha un nome? Mosè è cresciuto alla corte del faraone, gli hanno insegnato che ogni dio ha un nome: Ra, il sole, Horus per la guerra e la caccia, Osiride per la morte, Anubi per l’oltretomba, Nefti guardiana dell’oscurità e delle anime, Seth il violento… Ma questo Dio che dice di essere il Dio dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe come si chiama?

Il non nome 

«Io sono colui che sono! Dirai agli Israeliti Io sono mi ha mandato a voi». Ma che razza di nome è questo? Sembra più un “non nome” che un vero nome. 
Effettivamente. Così come Mosè si vela il capo per non vedere il volto di Dio, non ne conoscerà il vero nome: l’uomo che crede deve imparare a inchinarsi davanti al mistero.
«Io sono
», in ebraico Jahwé, significa in realtà: “Io sono l’unico vero Dio, sono l’Esistente e nulla esiste fuori di me”. E quando con il passare del tempo questa definizione sarà usata dagli Ebrei come un vero nome, esso diventerà il tetragramma sacro, da non pronunciare mai, da sostituire con Adonai, “il Signore”, ogni volta in cui lo si incontra nella Scrittura. Nessuno può possedere il nome di Dio, nemmeno per pronunciarlo.

Il nome triplice 

E Gesù ora dice ai Giudei: «Se non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati», cioè “Se non credete che io sono Dio, voi rifiutate Dio stesso e quindi morirete senza di Lui”. Ma gli interlocutori non capiscono e gli chiedono «Ma tu, chi sei?». «Quando mi avrete innalzato» (il riferimento è ovviamente alla croce e alla gloria della risurrezione) «Quando mi avrete innalzato» dice Gesù «allora conoscerete che Io Sono e parlo come il Padre mi ha insegnato»: "Il Figlio del Padre" sta dicendo Gesù "è Dio come il Padre, ne conosce i segreti, parla come Lui, è Lui".
Sono parole chiarissime e mi rattrista moltissimo (lasciatemelo dire) il pensiero che i nostri fratelli testimoni di Geova, pur dichiarandosi cristiani, non credano nella divinità di Gesù e la dichiarino un’invenzione della nostra Chiesa. Nella semantica del triplice nome di Gesù c’è invece il segreto della nostra salvezza e quindi della nostra felicità: Io Sono (cioè l’unico e il creatore) è in realtà Gesù (cioè il Dio che salva, il salvatore) ed è l’Emanuele (cioè il Dio con noi).
Potremmo fare di questa verità una giaculatoria da recitare dolcemente e lietamente in questi giorni: “Dio Padre e creatore, Gesù Cristo salvatore, voi che con lo Spirito Santo abitate in noi, siate la nostra gioia, siate la nostra pace!”. Proviamo? “Dio Padre e creatore, Gesù Cristo salvatore, voi che con lo Spirito Santo abitate in noi, siate la nostra gioia, siate la nostra pace!”.

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

L'immagine di copertina è tratta da Inverno di Carolina Bergamaschi.