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L'esercito degli Anania (podcast e testo scritto)


Così fragili e così chiamati, strumenti di una bella abitudine divina. Quanti sono i Paolo e gli Anania e che popolano la nostra vita? Proviamo a contarli e poi sciogliamoci nel ringraziamento. Nel post si trovano il testo scritto e il podcast di Elikya (iniziativa dei missionari comboniani). Per ascoltare dal podcast, cliccare sul cerchietto giallo con la freccina bianca al centro.

Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini, MaRosa Tettamanti, formatrice diocesana, Milano, 25 Gennaio" su Spreaker.

Dal Vangelo di Marco, capitolo 16, versetti da 15 a 18.

E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Vai Anania!

L’anno scorso come oggi mi sono trovata a commentare per Elikya questo stesso Vangelo, il Vangelo del mandato agli Apostoli, uno dei testi missionari per eccellenza. Allora mi aveva colpito soprattutto l’accostamento tra la conversione di san Paolo e la missione ai Dodici e avevo visto questi due aspetti collegati in successione quasi cronologica: per essere dei missionari bisogna prima essere dei convertiti.
La gigantografia di Paolo però aveva sottratto alla mia attenzione il riferimento a un altro testimone e quindi a un altro missionario: Anania, sant’Anania, anche lui festeggiato oggi insieme a Paolo. Chi era questo santo e perché viene festeggiato proprio il 25 gennaio con san Paolo?
Ci parla di lui il Libro degli Atti degli Apostoli, in due punti. Secondo il primo riferimento, nel capitolo 9, Anania fu il discepolo mandato da Dio a Paolo, subito dopo l’epifania della cecità, cioè dopo  l’impennata del cavallo che provocò la caduta rovinosa dell’Apostolo sulla via di Damasco. Il libro narra la sua chiamata e il raccontino è quasi divertente. «Su, va’ nella strada chiamata Diritta
» disse Dio ad Anania «Vai nella casa di Giuda e cerca un uomo che si chiama Saulo di Tarso». “Ah no Signore” dice Anania “guarda che quest’uomo a Gerusalemme ha fatto molto male ai tuoi fedeli… e inoltre ha l’autorizzazione dei sommi sacerdoti per arrestarci tutti quanti”. “Come arrivo lì mi arresta” sta dicendo Anania “È questo che vuoi Signore per il tuo fedele discepolo?” 
Dio però insiste e allora Anania va e il resto lo ascoltiamo dallo stesso Paolo in prima persona, nel capitolo 22: «Un certo Anania» scrive l’apostolo «un devoto osservante della legge e stimato da tutti i Giudei che abitavano là, venne da me, mi si accostò e disse: -Saulo, fratello, torna a vedere! - E in quell'istante io vidi…». Anania rivela poi a Paolo la sua vocazione, cioè che cosa Dio si aspetta da lui in quanto testimone e missionario, e poi gli impone le mani e lo battezza.

Ma chi è costui?

Ora, se pensiamo che la conversione di Saulo avvenne tra il 34 e il 36 d. C., dobbiamo concludere che Anania fu un discepolo della prima ora e secondo Paolo si trattava di un personaggio importante della Chiesa di Damasco. Il Martirologio romano gli attribuisce infine il martirio per lapidazione. Per il resto, si sa poco di lui: ci sono tradizioni che lo presentano come un vescovo, altre come un sacerdote, un diacono, un laico… una discesa/ascesa nella scala gerarchica insomma… di tutto di più. Quanto al motivo per cui sant’Anania è ricordato in concomitanza con la conversione di san Paolo è ovvio ed evidente: fu lui a portare a compimento l’iniziativa di Dio nel cuore e nella vita dell’apostolo, fu lui ad aiutarlo a scoprire la sua vocazione, a toglierlo dall’oscurità, dalla nebbia del non senso, fu lui l’ostetrico che tolse dall’anima di un uomo incattivito e violento, il vero uomo, passionale e irriducibile nel bene come lo fu nel male.

Una mania di Dio

Questa mania di Dio… succede sempre così. L’iniziativa è sua, ma poi Lui cede il passo a noi e ci consegna la direzione delle danze: “Ora vai avanti tu” dice Dio, “tocca a te, sei tu che devi mettere nell’anima dei tuoi fratelli il virus della fede, sei tu che devi contagiarli, contaminarli con il bene”.
Quando, anni fa, il papa Francesco venne a Milano, allo stadio di san Siro, una coppia di genitori gli chiese: “Santità, come possiamo, oggi, trasmettere la fede ai nostri figli?”. Il Papa rispose in modo arguto con un’altra domanda: “Chi ha trasmesso a voi la fede?”.
Sì, perché la fede ha questo di misterioso e di reale: ci viene donata da Dio nel Battesimo e non ci viene più tolta, ma perché sia operante e viva chiede la nostra risposta libera. E siccome noi siamo uomini e non dei, e nemmeno angeli, per rispondere abbiamo bisogno di cogliere la fede nel vissuto dei nostri fratelli. Abbiamo bisogno di rubare la fede dalle loro labbra, di vederla splendere nei loro cuori, di essere aiutati a scoprire mediante loro la nostra missione… per non parlare dei momenti duri, di aridità spirituale, nei quali nessuno può resistere senza aiuti.

I nostri Anania e i nostri Paolo

Quanti Anania hanno popolato e popolano la nostra vita? Ad esempio, per me degli Anania sono stati i miei famigliari, soprattutto i miei genitori, testimoni costanti di una preghiera fervorosa e convinta, di una carità mai stanca e che andava al di là delle loro stesse possibilità, di una fede gioiosa e certa; Anania sono stati i miei parroci, soprattutto uno, lo è stato il teologo Moioli, che ha accolto una bambina di 10 anni e l’ha avviata all’incontro con i mistici… Anania è tuttora la mia guida spirituale, più preziosa dell’oro … lo sono un paio vescovi e alcuni preti, soprattutto uno, ma anche qualche suora, le amiche consacrate, gli ammalati ai quali porto la Comunione eucaristica, alcuni laici, soprattutto uno, anche qui, e molte laiche, soprattutto una, sempre pronti a dissipare dubbi e a indicare percorsi.
Anania siamo noi: noi catechisti, noi genitori, noi poveri cristiani, così miseri e così chiamati, fragili, eppure incaricati di accompagnare, di prendersi in carico, di additare sentieri e piccoli passi. Anania siamo tutti, ogni giorno reciprocamente impegnati a sostenere la fede degli altri nella misura in cui la nostra è sostenuta dalla loro. Siamo un esercito di Anania, un esercito pacifico che lotta per la fede.

L'esercizio degli Anania e come si propaga la fede

Allora, oggi, perché non provare a scavare tra le pieghe del nostro passato e del presente, come ho fatto io, alla ricerca dei nostri personali Anania, tentando di sistemarli tra le pagine del Vangelo? Io metterei mio papà là dove si dice “Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli avrà la sua ricompensa”, perché era una delle sue frasi preferite; inserirei il mio vecchio parroco alla confluenza della frase “Quando il figlio dell’uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra?” tanto era preoccupato per la fede dei suoi parrocchiani; affiancherei il teologo a Gesù mite e umile di cuore e così via.
Ripensiamo ai nostri Anania, soprattutto al loro amore, perché solo chi ci ama profondamente è per noi significativo. Ritroviamo l’aria pulita, il pane profumato di fede, l’acqua fresca d’innocenza che ci è stata data… Ritroviamo la musica celeste di quei tempi, la gioia penetrante, il respiro ampio e profondo….
Ringraziamo chi ci sta ancora aiutando e conducendo e preghiamo per chi indegnamente stiamo aiutando noi. Perché è così che si propaga la fede. Grazie.

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da What does il mean to be free? Book illustration di K. Urban.