Passa ai contenuti principali

Auguri materiati di preghiera (podcast e testo scritto)


“Ogni calzatura di soldato nella mischia e ogni mantello macchiato di sangue sarà bruciato”: raccogliamo la promessa del Natale e nella fede assaporiamo la gioia che viene dalla salvezza. Commento scritto, podcast di Elikya (iniziativa dei missionari comboniani) e illustrazione di Virna Paghini per il giorno di Natale 2022. Per ascoltare dal podcast, cliccare sul cerchietto giallo con la freccina bianca al centro.

Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini,Mariarosa Tettamanti, Formatrice diocesana, Milano, 25 Dicembre" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Luca, capitolo 2, versetti da 1 a 14.

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio.
C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

La rompiscatole

Carissime amiche e carissimi amici,
da diversi giorni una domanda mi assedia la mente e il cuore: in questo Natale così caldo di intimità, colorato di bellezza, aperto ad ogni libertà, denso di salvezza, possiamo noi non pensare a chi vive immerso da quasi un anno nella guerra, che l’ha depredato di tutto, a chi ha perso uno o più famigliari e si trova a contemplare dei posti vuoti a tavola, a chi ha i pensieri appesi al letto di un congiunto morente o gravemente ammalato o mutilato, o disperso, a chi deve spendere ogni minuto di vita a gestire una persona con gravi disabilità, a chi combatte quotidianamente contro una malattia dolorosa e invalidante?
Non voglio fare la rompiscatole di turno proprio oggi, in questo giorno benedetto, ma noi possiamo dimenticare che per tanta gente questo non sarà un buon Natale e non ci sarà per loro neanche un buon Capodanno e nemmeno una buona Epifania? E magari questi derubati del Natale si sforzeranno di mostrarsi sereni, peggiorando sicuramente la situazione, perché il volontarismo uccide come il lasciarsi andare. Possiamo dimenticarci di tutto questo, anche per un solo giorno, si tratti pure del giorno di Natale? No, a me sembra proprio di no.

Come salvare le promesse del Natale? 

Eppure, per tutti noi, anche per chi vive situazioni laceranti, il cammino nelle tenebre non può non sfociare in una grande luce; anche quest’anno la gioia si moltiplica, la letizia aumenta, e "a tutti è dato un Figlio", come promette il profeta Isaia. (Is. 9,1-5).
Sì, ma come salvare le promesse del Natale in tutta questa devastazione, in questo dolore? Credo che ci sia una sola strada. Credo che sia indispensabile rimanere dentro l’avvenimento, non uscirne, avere il coraggio di dimorare nel freddo della grotta e nel crepuscolo della sera gelida, nell’asciuttezza delle parole dell’evangelista Luca, che racconta un presepe essenziale, piccolo, senza pretese… eppure con la conseguenza di aver spaccato in due la storia dell’umanità. Ecco, è necessario contemplare a lungo questa nascita per scoprire il sapore della letizia che giace anche nel fondo dell’asprezza del vivere.

Grotta, capanna, stalla o casa povera?

Per questo non dobbiamo allontanarci da questa grotta scavata nella roccia, da questa capanna disegnata da una tettoia di paglia e da un fornello di sassi, da questa stalla, abitata da uomini e animali, da questa casa povera in definitiva (perché erano così le case povere di Betlemme: erano insieme grotte, capanne e stalle). Una povera casa, forse lasciata da Giuseppe prima di emigrare o magari prestata da qualche parente allo stesso Giuseppe.
Ecco, non dobbiamo schiodarci da questa mangiatoia, non dobbiamo smettere di scrutare nell’oscurità della grotta l’espressione trepida di un giovane papà e il viso delicato della sua vergine bambina. Solo rimanendo qui, nell’odore umido del respiro di un asino e di qualche pecora, potremo avvertire l’arrivo, dalle profondità del cielo, di un canto non umano, capace di portarci come i pastori davanti al mistero di un Dio che ha lasciato la beatitudine del suo cielo ottavo e lucente per precipitare nel terroso e umido DNA di un’umanità precaria e infelice.

La santità "umana" di Dio

In questo consiste la santità “umana” di Dio, se così si può dire: in questo cadere a precipizio nel ventre di una di noi, lasciandosi tessere a poco a poco, nel giro di nove lune, e prendendo progressivamente la nostra forma: ecco il cuoricino che pulsa sangue umano, ecco dipanarsi il sistema nervoso, slegarsi gli arti, spuntare i piedini e le manine… E in questa immaginaria ma reale ecografia il seme di Dio non si vede ma c’è e nel ventre della Donna arde ed esplode quella luce invisibile che non smetterà mai più di guidarci.

Assaporiamo la gioia

Contemplando la Santità di Dio, di questo Onnipotente che si è fatto impotente per raggiungerci e condividere la nostra stessa impotenza, il nostro Natale sarà buono: senza falsi romanticismi e senza dimenticare la marea del dolore che rumoreggia e si abbatte con violenza intorno a noi, ma integrando ed esaltando tutto ciò che è buono, vero, giusto e bello nella nostra povera, piccola, imperfetta santità. Allora potremo davvero assaporare la gioia. Allora potremo credere con il profeta che “ogni calzatura di soldato nella mischia e ogni mantello macchiato di sangue sarà bruciato”.
Nel profondo della grotta di Betlemme, amici, scambiamoci auguri materiati di preghiera, intrecciati tra loro come la trama e l'ordito dello stesso tessuto. E chiediamo insieme la pace. 

Mariarosa Tettamanti

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Immagine di copertina tratta da Make a dream. baby. Più proprietari.