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Ti comando di essere felice (podcast e testo scritto)

Dedicato ai cercatori di felicità, lungo le rotte dell'infinito. Nel post il testo scritto e il podcast di Elikya (iniziativa dei missionari comboniani). Per ascoltare cliccare sul cerchietto giallo con il triangolino bianco al centro.

Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini - Mariarosa Tettamanti, formatrice diocesana di Milano - 19 maggio 2022" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 15, versetti da 9 a 11.

Come il Padre ha amato me, così anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

La ricetta di Gesù per la nostra felicità

È evidente che per Gesù la nostra felicità è importante: “La mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. A Lui non basta che noi siamo un po’ felici, un pochino sereni: Lui vuole per noi la pienezza della gioia. E ma noi possiamo comandare a noi stessi di essere gioiosi?
Sì, se è Lui che ci indica la strada: per essere felici occorre rimanere nel suo amore, in modo che avvenga tra noi e Lui una specie di contagio di gioia, ma per rimanere nel suo amore bisogna osservare i comandamenti. Il discorso dal punto di vista esplicativo e logico è così semplice che non ha bisogno di commenti, ma purtroppo è sul piano dell’esperienza che spesso non tiene. “Mi sono sempre comportata bene, ho sempre osservato i comandamenti fino al limite delle mie possibilità, ma non sono mai stata veramente felice” e il mondo è pieno di bravi cristiani che vanno in giro con il muso lungo e l’aria di chi è stato imbrogliato.

Che cosa non funziona?

Che cosa non funziona, quale passaggio s’inceppa nel percorso che ci indica Gesù? Ecco, mi pare che sia proprio il punto di partenza che non vale più nell’esperienza dei cristiani d’oggi: cioè sembra proprio che osservare i comandamenti non sia più garanzia di una vita felice. 
Che cosa serve allora oggi per confezionare la felicità? E prima ancora, che cos’è la felicità per l’uomo d’oggi?
Ecco, dal punto di vista delle scienze umane, ma anche dell’esperienza comune, la felicità è un’emozione che viene scatenata da particolari esperienze, le quali vengono a loro volta percepite come fonte di benessere. Poi questa definizione viene completata con lo studio delle neuroscienze, ma non abbiamo il tempo di parlarne ora. La cosa importante è capire quali siano le esperienze che danno felicità.

Quattro categorie per la felicità

Semplifico, riassumo e le divido in quattro categorie. Prima di tutto le buone relazioni. Se io adesso vi chiedessi di pensare ai momenti più felici della vostra vita mi direste: "Penso alla nascita dei miei figli, a quando ho conosciuto mia moglie o mio marito...".
Secondo. Le attività interessanti, tipo un lavoro che piace. Anche in questo caso, se vi chiedessi: "Dopo le esperienze relazionali, che cosa vi ha reso più felici?" Mi direste “Quando ho trovato un lavoro... quando faccio sport, quando faccio giardinaggio perché è la mia passione..."
Terzo. La valorizzazione di sé attraverso le conferme degli altri: "Quando mi sono laureata o diplomata, ad esempio, e mi hanno dato un buon voto, hanno riconosciuto il mio valore, le mie capacità...", ma anche attraverso la possibilità di auto-realizzarsi nella libertà, di esercitare un moderato potere (perché no? Non dobbiamo negare che usare del potere fa sentire bene... parlando umanamente s'intende), e infine, quarto, l’appagamento dei desideri. Anche i bambini e i ragazzi dicono le stesse cose, l’ho potuto appurare io stessa con centinaia di bambini e ragazzi a scuola o in catechesi: “Sono felice quando sto con la mia famiglia e con i miei amici, quando gioco, quando vinco, quando prendo un bel voto…”

Ma c'è un ma

Purtroppo però, tutte le esperienze felicitanti sono sottoposte alla dura legge dell’assuefazione. Che cosa vuol dire? È una cosa che sperimentiamo tutti guardate. Vuol dire che ciò che rende felici oggi a lungo andare non darà più la stessa gioia. Perfino le situazioni più entusiasmanti sono destinate a finire. E se arriva un grosso dolore avremo delle ipoteche pesantissime sulla possibilità di essere ancora felici. Per non parlare dei desideri: se ne avvera uno e si ricomincia subito a desiderare dell’altro. Volevi una bella casa, l’hai avuta e dopo un po’ non ti basta più e vuoi dell’altro.

Le persone che si sottraggono alle leggi dell'esperienza

Eppure ci sono persone che si sottraggono a queste logiche, a queste certezze dell’esperienza, perché attingono alla libertà di percorsi lungo le rotte dell’infinito. Sono i santi, che testimoniano un’esistenza capace di assicurare l’approdo a una felicità che dura, anche in mezzo alle difficoltà, anche in mezzo al dolore.
Allora si tratta di scoprire, come hanno fatto loro, una felicità che non sia soltanto un’emozione, ma uno stato di vita. Eccolo qui il punto! Se la felicità è un’emozione soltanto, è destinata a finire: oggi c’è domani non c’è più.
E allora bisogna guardare a Gesù, proprio come fanno i santi. Guardiamo a Gesù per vedere come quegli indicatori di felicità, di cui stiamo parlando, si dispiegano e si potenziano. Perché Gesù ce li lascia tutti i nostri indicatori, non ce li toglie, ma li trasfigura nell’esperienza dell’intimità con Lui.

E allora vediamoli ad uno ad uno

Primo, le buone relazioni. Il Signore dilata i nostri rapporti fino alla misura disegnata dall’Eucaristia, dove noi viviamo un’esperienza che fa esplodere il divino nell’umano, e quindi ci porta nell’amore ben oltre l’intensità delle nostre relazioni familiari e amicali. Ben oltre.
Due, le attività interessanti. Che cosa interessa a un cristiano? Ecco, con un senso di esaltazione positiva, ma anche realistica, di quel realismo che è proprio della fede, noi possiamo dire: “Tutto”. Tutto. Perché se tu fai qualcosa, anche la cosa più piccola, anche la più insignificante tu la fai con il tuo Dio. E Dio imprime il sigillo dell’immensità, imprime il sigillo dell’infinito alle azioni umane.
E allora tu amerai i tuoi impegni e non t’importeranno i risultati, non t’importeranno, perché li lascerai a Lui. E cercherai di fare sempre meglio, non per ambizione, ma per passione, perché dentro le tue azioni sentirai circolare una forza che non viene soltanto da te. Questo me lo disse una volta il liturgista Magnoli.
Terzo. La valorizzazione di sé e l’auto-realizzazione. In realtà, noi siamo degli autorealizzati, dei perennemente valorizzati, perché guardiamo a noi stessi con gli occhi di Dio, che ci trova sempre belli e amabili (come faccia lo sa solo Lui ma ci trova così) ed è in questo Amore che noi possiamo costruire l’affetto per noi stessi, un affetto sano, lontanissimo dalle derive narcisistiche che oggi dilagano dovunque.
E da ultimo l’appagamento dei desideri. Ecco, spesso noi ci spezziamo in migliaia di desideri. Il dono della fede unifica e sottomette i desideri, non li nega, ma li sottomette al bisogno che il Regno di Dio venga, perché con la sua venuta ogni smania, ogni desiderio sarà calmato.

Allora vale la pena?

Allora, vale la pena sì o no di osservare i comandamenti per stare con Gesù? Per stare con Gesù, perché se fosse solo per osservare i comandamenti non avremmo nessuna gioia. 
E che cosa dobbiamo chiedere a Gesù? La relazione d’amore con Lui e con tutti; la passione per i nostri impegni; la capacità di guardarci con gli occhi di Dio; il desiderio che il Regno venga. E questa che cos’è se non felicità? E non dobbiamo avere paura di chiedere molto, di desiderare in maniera smisurata, diceva don Martinelli, perché è proprio questo che vuole darci il Signore: una gioia smisurata. La felicità è qui che ci aspetta!

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

M. Tettamanti

Immagine di copertina di Smile my sunshine.