Passa ai contenuti principali

La moto e la ragazza (podcast e testo scritto)

Alla scuola di Damasco: i convertiti della quotidianità e le spaccature trasfiguranti che riplasmano l'umanità ferita. Testo scritto e podcast di Elikya (iniziativa dei missionari comboniani). Per ascoltare, cliccare sul cerchietto giallo con il triangolino bianco al centro.

Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini - Mariarosa Tettamanti, formatrice diocesana a Milano - 25 gennaio 2022" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Marco, capitolo 16, versetti da 15 a 18

E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Il centro del messaggio

Siamo alla fine del Vangelo di Marco. Ricordo brevemente, in apertura di commento, che, anche se l’appartenenza di questa finale al secondo Vangelo è messa in discussione, questo testo fa comunque parte della Scrittura ispirata ed è ritenuto canonico. E questo è ciò che ci importa.

Ci troviamo nel tempo che segue la risurrezione di Gesù, il quale è già apparso più volte ai discepoli. Rispetto al corrispondente racconto di Matteo, Marco accentua la dimensione universale della missione apostolica, alla quale deve corrispondere un solido atteggiamento di fede. Gli apostoli mandati in missione faranno cose grandi e nei pericoli saranno protetti da Dio. Questo è il centro del messaggio del brano di oggi, centro che fa di questo testo una delle Parole… come possiamo dire… più missionarie di tutta la buona novella: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura”.

Il primo missionario

Oggi poi si festeggia la conversione di san Paolo, che possiamo definire il più grande missionario di tutta la cristianità e di tutti i tempi. Mi sono chiesta perché questo Vangelo sia stato abbinato alla  conversione di Paolo, cioè a un episodio preciso della sua esistenza, e non a tutta la sua vita in generale. Ecco, io vedo in questo abbinamento una bella verità: per essere missionari, per essere mandati in missione, bisogna prima essere dei convertiti; la conversione è l’inizio della missione.
In effetti san Paolo non era presente mentre Gesù consegnava la missione agli apostoli. In quel momento lui era Saulo, un ragazzino fanatico della religione ebraica; era quello stesso ragazzo che poco tempo dopo tenne in custodia i mantelli dei boia che giustiziarono Stefano, il quale morì perdonando ai suoi uccisori.
E questa cosa non turbò minimamente Saulo, anzi dovette riempirlo di sacro furore, se continuò a fremere minacce e stragi contro i cristiani e se si diede da fare per ottenere dal sommo sacerdote le lettere per le sinagoghe di Damasco, in modo da essere autorizzato ad arrestare e portare a Gerusalemme i cristiani incatenati.
Era un feroce persecutore dei cristiani Saulo… Finché, come sappiamo, successe qualcosa di grande sulla strada verso Damasco e allora lui diventò un altro, un’altra persona, perché la conversione è una trasformazione, che cambia non solo la vita, ma la stessa profonda identità di una persona. 
La conversione è essere sbalzati con forza dalla propria cavalcatura di certezze, per essere immersi in un altro stato di vita, che non appartiene più soltanto a sé stessi. E da quel momento in effetti Paolo appartenne a Cristo senza mezze misure né esitazioni, senza compromessi, nonostante le sofferenze che patì. E proprio per questo divenne il più grande dei missionari.

I convertiti della quotidianità 

Allora bisogna convertirsi: e non è un modo di dire questo, è che bisogna convertirsi proprio alla maniera dei convertiti. Bisogna andare alla loro scuola, perché sono loro gli esperti dell’Essenziale. Sono i convertiti come Paolo di Tarso, ma anche Pascal, Claudel, Charles de Foucauld, la Delbrel… sono loro i nostri insegnanti. La loro vita è stata tutta attraversata dalla spaccatura trasfigurante dell’incontro con Dio, da una rottura con il passato che ha riplasmato la loro umanità ferita, e per questo possono disegnare, con la forza della “sperimentazione”, l’incredibile passaggio dal non senso alla fede, dalla disperazione alla felicità.
Però voi mi chiedete: ma chi come noi vive nella fede fin da bambino, dove troverà lo snodo per un salto qualitativo, che segni la conversione e immetta con impeto la missione nella vita? Ecco, noi normaloidi dobbiamo riscoprire una grande verità: ogni cristiano è un missionario, anche in questa nostra Europa secolarizzata e desacralizzata, ma prima ancora ogni cristiano è un convertito della quotidianità. Che cosa voglio dire?
Cerco di spiegarlo con un esempio che mi è stato raccontato tanto tempo fa. Un gruppo di ragazzi sta ammirando una bellissima moto, quando improvvisamente una macchina extra lusso (decidete voi la marca, io non m’intendo) con una sventola di ragazza alla guida accosta vicino a loro. Che cosa fanno secondo voi questi ragazzi? Lasciano la moto e si avvicinano all’auto, mi sembra chiaro.
Ecco questa è la conversione: lascio qualcosa che mi piace, ma per seguire ciò che di più bello ho nella vita e cioè la relazione con il Signore e la Grazia battesimale. E questo lo devo fare tutti i giorni. Tutti i giorni devo chiedermi chi e che cosa sto seguendo e tutti i giorni avrò qualche inversione di marcia da compiere, qualche spaccatura da accogliere, qualche piccola caduta dalla mia cavalcatura da accettare, perché il mio io è un vero intrufolatore ed entra dappertutto, anche dove non dovrebbe, e spesso si maschera di buone intenzioni. Solo così, solo in questo modo potremo essere missionari, perché altrimenti... non si può dare ciò che non si ha. Grazie.

N.B. Questo articolo è in realtà un commento, chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che commenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da When I miss you di Little oil.