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Toccaci Signore! (podcast e testo scritto)


Quando al principio il Creatore ebbe tratto il primo uomo dal fango, gli mostrò i suoi doni più belli. “Questi sono tuoi” gli disse...
Podcast di Elikya (iniziativa dei missionari  comboniani)  e commento scritto al Vangelo secondo Marco 10, 2 -16.

Dal Vangelo secondo Marco, capitolo 10, versetti da 2 a 16.
Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

Il grande disegno

Quando al principio il Creatore ebbe tratto il primo uomo dal fango, gli mostrò i suoi doni più belli. “Questi sono tuoi” gli disse “te li regalo. Tra loro ci sono quelli che ti saranno fedeli e ti faranno compagnia, quelli che ti daranno lana e carne, quelli che ti porteranno a correre nel vento… Non sei contento?”. No, l’uomo non era contento, dice la Bibbia, egli sentiva di avere bisogno d’altro, voleva “un aiuto che gli fosse simile”. 

Questo il Creatore lo sapeva da sempre e si era preparato bene. Fece una creatura bellissima: la modellò non con la creta, ma con la carne viva dell’uomo. E l’adàm, il “fatto di terra”, quando la vide la riconobbe subito: la riconobbe per l’esultanza che fece caprioleggiare il suo cuore, rimbalzando da un punto all’altro del suo essere. “Questa” gridò “è carne della mia carne e osso delle mie ossa! Si chiamerà come me, perché è uscita da me!”. Il Creatore sorrise: era contento di ciò che aveva fatto. Allora i primi due esseri umani si unirono e furono una sola carne. La donna uscita dall’uomo, nell’uomo rientrava e rimaneva. Dio aveva creato anche la felicità coniugale.
E poi… e poi sappiamo com’è andata. La donna e l’uomo decisero di fare a meno del Creatore e quando capirono di aver sbagliato incominciarono ad accusarsi a vicenda. Tipico delle coppie che entrano in conflitto. Allora Dio lesse con dolore il loro futuro: “Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà”. Un principe e una schiava: la carne che aveva trovato l’unità ora si divideva. Il quadro luminoso della felicità di coppia si ribaltava nell’oscurità del dissidio e della separazione. Il mito biblico racconta così, in modo rapido e lucido, le due facce del matrimonio: straordinariamente bella la prima, terribilmente dolorosa la seconda.
Poi venne Mosè e cercò di dare un ordine legale al caos delle separazioni, introducendo la possibilità del ripudio. Ma poi venne Gesù e disse che il ripudio andava cancellato: secondo Lui è possibile uscire dalla logica fattuale del principe e della schiava (o della tiranna e dello schiavo) e ritornare alla bellezza del primo progetto. Dal canto suo il magistero ecclesiastico dà un significato altissimo al vincolo nuziale, perché lo ritiene trasparenza del legame totalizzante che unisce Cristo alla Chiesa.

La dura realtà

Il discorso è chiaro e lo conoscono molto bene gli sposi che si uniscono nel sacramento, ma purtroppo noi lo vediamo spesso infrangersi contro lo scoglio di realtà difficili, che introducono fratture insanabili anche in rapporti iniziati sotto i migliori auspici. L’argomento è delicato e complesso e credo che noi laici a questo proposito possiamo soltanto porre domande, avanzare problemi, presentare le sofferenze a volte indicibili di tante sorelle e di tanti fratelli, chiedere a tutti i sacerdoti soluzioni univoche, che non contraddicano la misericordia. 
Certamente l’adulterio è una colpa che ripugna, perché è intrisa di non rispetto, spesso di inganno e di menzogna. Perfino la morale annacquata e ballerina dei nostri tempi la pensa di solito così, persino il nostro codice civile lo riconosce motivo di richiesta di addebito in caso di divorzio. A questo proposito Gesù dice: "Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio". Dunque per esserci adulterio ci dev’essere un ripudio volontario e un successivo matrimonio. Ma questo vale anche per la ripudiata o il ripudiato senza colpa?

Storie scavate nella sofferenza

Ascoltiamo. Martina si è sposata con l’idea ferma di compiere un passo senza ritorno, un “per sempre” colmo di gioia: ha avuto un figlio, una vita laboriosa e buona … finché il marito si è innamorato di un’altra e l’ha lasciata. La sofferenza che ha provato è inimmaginabile. Ha resistito per il suo figliolo, ma da quel giorno ogni passo nella vita le è costato quintali di autostima distrutta e un dolore che le ha masticato l’anima. Un giorno ha conosciuto Valerio e si è innamorata. Lui è un giovane di Chiesa e di oratorio, libero e reduce da un’esperienza affettiva deludente. E poi si sa come vanno queste cose: ci si guarda con occhi improvvisamente diversi, si sente che il proprio cuore può adagiarsi e riposare nell’altro e che il proprio corpo si adatta perfettamente all’altro, si scopre che si può ancora gioire di poter amare e… si scopre anche il dispiacere di vivere nella Chiesa una situazione irregolare, cioè di essere nel numero di coloro che partecipano alla sua vita in modo incompiuto, come si legge nell’Amoris Laetitia. Ascoltiamo racconti analoghi tutti i giorni: c’è la signora Enrica, tradita e abbandonata dal marito e ora convivente con un uomo buono, che la rispetta; fa la parrucchiera in una casa di riposo e al mercoledì mi aspetta per recitare un Padre nostro insieme, guardando con desiderio e dispiacere la piccola pisside che ho tra le mani; il suo parroco le ha spiegato che non può ricevere la Comunione eucaristica. Ma ci sono anche Valentino, Carmine, Achille… abbandonati dalle mogli e bloccati nella ricerca di un altro amore dalla paura di vivere nel peccato. Sono storie scavate nel dolore, sulle quali è proibito pontificare e giudicare.
"L'uomo non divida quello che Dio ha congiunto": lo ha detto Lui, è un comandamento… Però io insisto: e chi non ha mai diviso, ma ha solo subito una divisione? Lascio cadere questa domanda nel grembo materno della Chiesa, con la certezza che attraverso i servitori del suo Vangelo essa troverà le risposte giuste per tutti.

La scena cambia

Ma ora la scena cambia completamente: si spalanca su campi di ranuncoli smaltati dal sole, su corse, su risate allegre e chiassose. Che cosa sta succedendo? "Gli presentavano dei bambini". Ma chi presenta i bambini a Gesù? Sicuramente i genitori, anzi molto probabilmente le mamme. E perché glieli presentano? Beh… mi sembra ovvio: Gesù è un maestro, imparino qualcosa… qualcosa sulla vita, sui propri doveri… E no: "glieli presentavano perché li toccasse". Quanta vita, quanta poesia ci sono in questa richiesta: “Toccali Maestro, tocca i miei figli, abbracciali stretti, chiudi le loro piccole mani nelle tue, fa che ciò che è tuo passi dentro di loro, saziali di Te…”. E Lui li prendeva in braccio e li benediceva imponendo le mani.
Signore, anche noi siamo bambini davanti a Te, nel cuore e nella vita: prendici con gli abbracci Gesù, insegnaci toccandoci come si accoglie il regno di Dio e non lasciarci andar via, nonostante noi stessi e la nostra cattiva volontà. Amen.

NB. Questo articolo è un commento chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini". Si tratta di un'iniziativa bellissima, che commenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, intrise di fatica, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da A girl from the park di Emilia Dziubak.