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A vele spiegate! (podcast e testo scritto)


“Egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato”: dal giovane triste a Daniele Comboni, santo dei nostri giorni, passando attraverso George Gray di Lee Masters. Un breve percorso alla ricerca della felicità.
Podcast di Elikya (iniziativa dei missionari comboniani, vedi spiegazione in calce), commento scritto al Vangelo secondo Marco (10,17-30) e illustrazione di Virna Paghini. Per ascoltare dal podcast, cliccare sul cerchietto giallo con una freccia bianca al centro.

Dal Vangelo secondo Marco, capitolo 10, versetti da 17 a 30.

Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?» Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre"». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!» I discepoli erano sconcertati dalle sue parole, ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?» Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

Una storia senza lieto fine

“Egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato”. A questo punto ci aspetteremmo che quest’uomo, un giovane, come racconta l’evangelista Matteo, torni indietro, si avvicini a Gesù e gli dica: “Maestro, perdonami … Ho capito che se voglio essere felice devo seguire Te: ora vendo tutto e ti seguo”. Oppure, potrebbe essere Gesù stesso a richiamarlo: “Vieni qui ragazzo mio, dove credi di andare lontano da me? Non vedi come sei triste? Vuoi che questa tristezza prenda domicilio dentro di te e ti segua per tutta la vita? Pensaci!”. E invece no: il giovane se ne va, addentrandosi nei vicoli di un’esistenza senza gioia, e Gesù non fa nessuna catechesi vocazionale.
La libertà che nel giardino dell’Eden il Creatore diede all’uomo e alla donna non fu mai più ritirata e ancora oggi ognuno di noi è artefice della propria vita, e quindi della propria felicità o infelicità. Questa storia non ha un lieto fine e questo giovane, come George Gray dell’antologia di Spoon River, rimane nel porto con le vele ammainate, anelando al mare eppure temendolo. Il suo desiderio non prenderà mai il largo, ma resterà ancorato all’attaccamento ai beni, e nel cuore profondo nessun divertimento potrà arrivare a calmare “la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio”, per dirla con Masters, cioè il rimorso per quel salto mancato, per quelle vele mai alzate, per quell’invito disatteso.
Ogni vita è un mistero e in ogni vita si gioca il mistero della libertà… Ogni esistenza pone delle domande a chi cerca di capire…

Una storia vincente

Ascoltiamo. Un uomo muore a 50 anni e non lascia dietro di sé né moglie né figli. Non ha nulla in tasca, nemmeno un soldo che sia veramente suo. Durante la sua vita ha affrontato pesanti separazioni, ha spiegato le vele per viaggi disagevoli e lunghissimi, ha combattuto contro la fatica, le malattie, un clima invivibile… Ha sperimentato abbandoni e solitudini, ha sopportato siccità e carestie, ha patito accuse ingiuste e ingiuste calunnie, è vissuto in mezzo a difficoltà e incomprensioni, non ha conosciuto il sapore della ricchezza e del potere… Insomma, il sipario della fine cala su una vicenda che oggi nessuno definirebbe vincente. 
Eppure quest’uomo era felice, lo era nel profondo del cuore, era felice di quella felicità che resiste senza sforzi anche quando l’esistenza è immersa nel dolore e nella tribolazione. E le difficoltà, invece di spegnerlo, lo spinsero ad andare avanti con determinazione, a non ammainare le vele, a non perdere l’entusiasmo, e mai la tristezza e la paura ebbero la meglio su di lui. Il suo segreto era tutto dentro un invito accettato e vissuto. Lo scrisse lui stesso ai genitori: «Dovremo faticare, sudare, morire, ma il pensiero che si suda e si muore per amore di Gesù Cristo e della salute delle anime più abbandonate del mondo è troppo dolce per farci desistere dalla grande impresa». Era la tenerezza di Dio a ispirare questa dolcezza, era questo il “cento volte tanto” colto nello scorrere di giorni impegnativi e gioiosi.

Si chiamava Daniele

Quest’uomo si chiamava Daniele ed era l’apostolo dell’Africa. Divenne anche vescovo, ma rimase umile per fare spazio alla potenza di Dio, fiducioso per fare spazio alla salvezza, povero per fare spazio alla divina ricchezza. I suoi figli sono oggi tantissimi, uomini e donne, sparsi su tutta la faccia della terra, impegnati a portare l’essenza del Vangelo al mondo intero, ma soprattutto ai più poveri e agli ultimi, sull’esempio del loro fondatore.
Abbiamo dunque, da una parte, il giovane ricco, che sceglie la tristezza, e dall’altra Daniele Comboni, che costruisce con Gesù capolavori di beatitudine, per lui e per tantissimi altri: è proprio vero che ognuno di noi ha in mano il segreto della propria felicità e ne è l’autore. Basta uscire da noi stessi e andare verso i fratelli nel bisogno, per spiegare le vele della vita e lanciarla nel mare aperto della gioia piena.

Grazie!

Grazie Daniele Comboni, grazie suore, padri e fratelli comboniani. Continuate a insegnarci che il segreto per essere felici non consiste tanto nell’evitare sofferenze e difficoltà, quanto nel vivere tutto con oblatività. 

NB. Questo articolo è in realtà un commento, chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che commenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Piccoli sguardi altrove - little gances di erika farioli.