Passa ai contenuti principali

Poveri preti, nostri malmenati dei



Avanti cattolici, è arrivato il momento di difendere e sostenere i nostri preti!

Tutti noi stiamo soffrendo moltissimo per ciò che sta accadendo nella Chiesa e spesso ci sentiamo costretti a chinare il capo nella vergogna: gli sbagli di tanti consacrati pesano sulle nostre anime e ci coinvolgono in maniera forte, direi insopportabile, scatenando una serie di perché, che restano per lo più senza risposta. Spesso evitiamo di parlarne e ci rifugiamo nella preghiera.

Se la sofferenza è giusta

e la preghiera sacrosanta, la vergogna non ha però ragioni, perché dimentica le migliaia di sacerdoti santi, che portano avanti il proprio ministero con tenacia e passione, soffrendo mancanze di tutti i tipi e accontentandosi della gioia aspra, sebbene profonda, che viene dal rapporto con Dio e con i fratelli.

In un tempo non molto lontano, 

i preti, e in particolare i parroci, erano considerati il centro affidabile, amato e venerato di ogni comunità. “L’ha detto il signor curato”: era questa la frase magica, che tagliava corto nelle discussioni. Il medico condotto, il sindaco, la maestra elementare, ma soprattutto il prete, vigilavano su di noi, rispondevano ai nostri bisogni fisici, sociali, culturali e spirituali e ci proteggevano. Erano le autorità indiscusse della comunità, gli dei tutelari che ci davano sicurezza. Ad un certo punto della vita però, il maestro e il sindaco sparivano, mentre il medico era costretto a ritirarsi dall’impotenza della medicina; rimaneva solo lui, il parroco, e rimaneva fino alla fine e oltre, aprendo per noi le porte del paradiso e garantendo a chi restava in vita, con la forza della fede più forte di ogni fatto concreto, che il vuoto è solo apparenza e le relazioni continuano, in modo diverso e più reale.

Oggi 

invece ci siamo messi nelle mani dei professionisti dei media, degli influencer, degli youtuber, degli opinionisti televisivi, che si incaricano di costruire i nostri pensieri, di formare i nostri pareri e di guidare le nostre decisioni. E su che cosa basano i loro consigli questi esimi personaggi? Non certo sulla sapienza del Vangelo. Si basano per lo più sul sentire comune e sono pronti a cambiare bandiera non appena il vento del favore popolare gira da un’altra parte. Le discussioni di virologi, infettivologi, epidemiologi e affini ci hanno insegnato in questo tempo strano che nemmeno la verità scientifica tiene, quando si tratta di conquistarsi visibilità e di riempire le tasche di denaro mal guadagnato. Psicologi, psichiatri, psicanalisti sembrano aver preso il posto degli astrologi di un tempo: ci svelano i misteri dei nostri nascondigli più intimi e rivelano sentimenti e impulsi sconosciuti o inesistenti, spesso in contrasto logico e dialettico tra loro. Anch’essi per lo più tendono ad assicurarsi il favore di un pubblico compiacente. I preti invece sono propagatori di un pensiero non loro, di un pensiero cioè che non può essere contraffatto e non può cambiare a piacimento, essendo nientemeno che il pensiero di Dio. 

E noi, 

che cosa lasciamo oggi ai nostri pastori, dopo aver tolto loro persino la credibilità di ciò che proclamano? Uno sparuto gruppo di cristiani legati alla parrocchia, spesso litigiosi e maldicenti, una diffidenza iniziale suscitata e fomentata dai media, golosamente rovesciati su tutto ciò che fa scandalo, e nemmeno una voce in loro difesa. Quando abbiamo bisogno di loro, ridiventano i numi tutelari di una volta, ma la cosa dura poco: sono sì i nostri dei, almeno in quanto tramite nei sacramenti tra Dio e noi, ma sono dei malmenati, inascoltati, diffidati. Persino le donne anziane non li stimano più come una volta, persino loro si lasciano condizionare dal chiasso indecente dei media.

In realtà, 

quanti dei preti che conosciamo si sono macchiati dei crimini orrendi di cui si parla continuamente nelle cronache? Personalmente, ne ho conosciuti due, sulle centinaia di sacerdoti con i quali ho avuto a che fare. Troppi comunque, certo, ma credo sia giusto e doveroso incominciare a introdurre dei distinguo nei nostri discorsi. Non si può fare di ogni erba un fascio: se è vero che la zizzania deve crescere con il buon grano, non potremo però mai dire che tutto il raccolto sarà composto da piante malvagie. È vero che ci sono peccati che impongono la macina al collo, ma si tratta di una macina che non si può mettere a tutti indistintamente. 

E' compito della Chiesa con i suoi vertici

prevenire e stroncare i frutti marci, ma credo che tocchi a noi cattolici laici aiutare la società a discernere il grano dal loglio, insegnando ai nostri figli il rispetto e la fiducia nei loro pastori, ridando amore e sostegno a chi per noi ha lasciato tutto e ha rinunciato alle cose più belle della vita... per rincorrere e mostrare al mondo quelle ancora più belle. Invece le indagini più recenti dicono che i nostri giovani non si fidano più dei preti: preferiscono rivolgersi ai genitori, agli amici, ai professori, agli psicologi, alle forze dell'ordine, ma non a loro. 

Un ragazzo che mi è molto caro

è entrato qualche anno fa in seminario. Avrebbe potuto laurearsi in ingegneria, materia per la quale è molto portato, ma ha avvertito una chiamata che non ammette repliche né indugi ed è partito. Per dove? O meglio, a fare che cosa? Guida un oratorio, in mezzo a problemi di tutti i tipi, occupandosi tra l'altro con successo di bambini disabili così problematici che  nessuno li accetterebbe in un campo estivo non specializzato. Ora andrà in vacanza con i giovani e porterà con sé un ragazzo con problemi psichici, del quale si occuperà come di un fratello. Chi, tra i figli della movida, sarebbe capace di assumersi impegni così gravosi? Eppure questo giovane, insieme ai suoi confratelli, viene talvolta (e senza nessuna ragione) preso a male parole, prima tra tutte quella innominabile di chi abusa dei piccoli, e c'è persino chi va a sconciare con i propri escrementi la porta della loro casa. Mi racconta queste cose con la mitezza che lo contraddistingue e con la levità di chi sa per Chi sta soffrendo, ma anche con un luccichio negli occhi che mi stringe il cuore. I nostri preti stanno vivendo momenti terribili, di vera e propria persecuzione, e noi nemmeno ce ne accorgiamo. Tutti osanniamo san Francesco, ma quando san Francesco cammina tra noi, non lo vediamo.

Se potessi parlare ai presbiteri

che si macchiano di peccati terribili, li supplicherei di lasciare il ministero al primo pensiero indegno rivolto “a questi piccoli”, come li chiama Gesù: andatevene subito, non lordate la missione sacra che avete scelto, non devastate il campo di Dio, scappate via, non perdete voi stessi e gli altri. Io non vi giudico, ma vi chiedo in ginocchio di fermarvi prima ancora di incominciare: il male che fareste è immenso, nemmeno immaginabile da mente umana. Gesù ha parlato di macina al collo solo per questo peccato: la sua scelta non vi dà un’idea dell’immensità di questo male ripugnante? Le vostre prime vittime sono i bambini, ma subito dopo dovrete chiedere perdono ai vostri confratelli, che scontano con la loro sofferenza e santità il vostro orrendo peccato, in una specie di espiazione vicaria che Dio non vuole.

Agli altri, però, 

ai tantissimi santi che camminano tra noi, assicuro tutta la mia ammirazione, la mia preghiera e il mio sostegno… e vorrei che lo facessimo tutti insieme, noi laici cattolici: dobbiamo a loro, ai nostri sacerdoti, la discesa di Dio sull’altare e il perdono dei nostri molti peccati. Non dimentichiamolo mai. Per piacere.

M. Tettamanti