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Beatrice, Francesca... o Gemma?

Lettura femminile e semi psicanalitica delle donne del sommo poeta… e della nostra speciale individualità.

Siamo abituati a dire “Dante e Beatrice, Petrarca e Laura, Boccaccio e Fiammetta…” e questo è molto bello, perché si riconosce da subito che la poesia non può abitare la mente di un uomo (e di una donna) se non è frequentata anche dalle grazie e dalla forza vitale dell’altro sesso. Non a caso, con la concretezza propria della fede, si dice che le consacrate sono spose di Cristo e i consacrati lo sono della Chiesa. Così potremmo continuare per lungo tempo: Giacomo e Silvia Rimembriancora (questo il cognome di Silvia secondo un mio scolaretto) ad esempio… A volte l'altro "di genere" non c’è, ma allora la poesia irrompe dalla sua mancanza: Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. (Pavese)

L’universo femminile di Dante però non si esaurisce con Beatrice.

Sono almeno cinque le donne fondamentali nella sua vita e hanno tutte nomi bellissimi: Maria, Lucia, Beatrice, Gemma e Francesca. Le prime due alloggiano nella fede e s’incontrano nella preghiera: il rapporto con loro è reale, ma anche speciale, diverso. Tutte noi siamo grate alla Chiesa per averci aiutate a scoprire la bellezza di Maria e per averci regalato le sante, nostre compagne di viaggio, nostri modelli e nostre grandi amiche, anche se dimorano in sedi diverse da quelle che occupano la nostra psiche. Le mie sono soprattutto Maria Goretti, Rosa, Gianna e Caterina, ma questa è un’altra storia.

Beatrice 

Beatrice invece è figlia dell’emozione infantile e dell’ideale che su di essa si è innestato. Nove anni: Dante si innamora di Beatrice a nove anni. Non è nemmeno un preado, è solo un bambino di terza elementare. Gli è successo ciò che succede ai nostri bimbi quando lasciano sulla cattedra della maestra dei bigliettini come questi: “MAESTRA SEI BELLA QUANDO SONO GRANDE TI SPOSO”. Poi nell’età dell’adolescenza ridono di questi pensieri con l’oggetto del loro amore di un tempo e tutto si risolve con tanta tenerezza e un legame tenace, che corre sui binari robusti dell’affetto e della stima. Ma loro non sono né poeti né stilnovisti. L’amore per Beatrice è invece per Dante il frutto di un sogno incominciato nell’infanzia e portato ad altezze sublimi dalla poesia. È un fiore mai colto e proprio per questo conserva l’enigma attraente delle cose soltanto sognate e attese. E siccome ha acquisito i contorni sfocati del sogno è perfetto come ogni ideale.
Beatrice è il super-io, è colei che addita la via e mostra la salvezza. La bella Portinari è per noi la sintesi di ciò che vorremmo essere e spesso non siamo, è ciò a cui tendiamo, è la strada che vorremmo sempre percorrere e ogni tanto perdiamo, è un imperativo di perfezione che si è sedimentato in noi dai tempi dell’infanzia e non ci lascia; è la nostra impossibile guida.

Però Dante ha sposato Gemma Donati

e con Gemma ha concepito e modellato quattro figli: scusate se è poco. Con questa moglie legittima Dante ha condiviso il cibo e il letto, ha consumato giornate e notti, ha mangiato il proverbiale chilo di sale. Lui non ne parla perché Gemma fa parte della sua quotidianità, delle cose ovvie, così dense di presenza da non essere più viste. Il suo rapporto con lei sa di terra ferma e di terra fertile più che di cielo. Eppure soltanto in Giovanni, Jacopo, Pietro e Antonia, i figli plasmati con Gemma, Dante ha potuto vedere il suo DNA mescolato a un altro.
Gemma sono io, i miei affetti familiari e amicali, il mio lavoro; Gemma è le faccende di casa (perdonate la discordanza grammaticale) che calmano le donne più degli ansiolitici, è il quotidiano tranquillo che forma il tessuto solido della vita, è l’appoggio costante per le emozioni, è la direzione piccola, comune e più sicura di ogni giornata.

E poi c’è Francesca

e solo davanti a lei, solo condividendo la sua vicenda, Dante muore, anzi “cade come corpo morto cade”. Perché questa morte temporanea, Dante? È la compassione a farti morire? Davvero? O non si tratta piuttosto del subitaneo specchiarti in qualcosa che si celava in quella zona ben nascosta dell’anima che non dovrebbe mai aprirsi, che non dovrebbe mai mostrare ciò che rinserra?
Francesca non è forse l’inconscio, anzi il subconscio, la sede delle emozioni "troppe", degli impulsi che ogni tanto si fanno incontrollabili, fregandosene della ragione e del buonsenso? Hai un bel dire a una ragazza innamorata: “Piccola, quell’uomo lì non fa per te, non ha nulla da darti, ti farà soffrire…” la piccola lo sa benissimo, ma seguirà l’istinto. Dante cade perché Francesca è caduta. Il suo rapporto con lei è oscuro ma intenso, è irrinunciabile: che cosa sarebbe la Commedia (cioè la vita) senza la bellezza del verso “Galeotto fu il libro e chi lo scrisse”? Francesca è il peccato che nella natura umana accompagna sempre la santità.

Ma dentro tutto questo discorso 

c’è qualcosa che noi donne possiamo imparare? Certo che c’è. La via ce la insegna proprio Dante, che ha amato tutte le sue donne. Super io, io, inconscio: amiamo Beatrice, amiamo Gemma, amiamo Francesca… amiamo noi stesse così come siamo, accogliendo gli aspetti belli e meno belli della nostra vita, accogliendo la tensione alla perfezione di Beatrice, la terra di cui è impastata Gemma e anche gli errori di Francesca. 
Però non dimentichiamoci di andare a cercare aiuto in quel territorio che Freud ha collocato nel posto sbagliato, quando l’ha ridotto a mera proiezione di desideri sublimati. Sto parlando ovviamente della regione della fede, dove incontriamo la Madonna e i santi, che non abitano i tre regni della psicanalisi, eppure fanno parte di noi. Questa è la terra obbligata su cui camminare per arrivare ad essere la vera Beatrice: non quella del super io, ma quella che, con tutti i suoi limiti (che Dante non vide ma sicuramente ci furono), meritò di raggiungere il vero Paradiso. 

E sono sicura

che lì, in Paradiso, c'è anche Francesca, con Paolo e Gianciotto. E questi ultimi tre si amano, senza gelosie e senza possessività, perché sono ormai immersi nel vero Amore. E Dante? Dante sta con Gemma Donati Alighieri, perché è lei che ha sposato davanti a Dio. 

Mariarosa T.

Immagine di copertina tratta da "Happiness moments" di Dung Ho