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Basta per piacere, non è più tempo!

Il mandato educativo nei tempi del covid.

Leggo su “Avvenire” del 2 marzo, in un articolo intitolato Giovani incoscienti uno schiaffo al lutto di Alberto Caprotti, la seguente testimonianza: "Abbiamo il diritto di divertirci, il resto non mi interessa” diceva un giovane alle telecamere della tv emergendo smascherinato dalla discoteca a cielo aperto sabato sera sui Navigli di Milano, con gli occhi alcolici e il ghigno della sfida stampato sul volto. Una lettura che mette i brividi, che non può non interrogare con violenza chi come me ha dato grande parte della vita all’educazione e alla scuola: in che cosa abbiamo sbagliato? Poi leggo su un giornale locale del comasco la seguente notizia: Davide, otto anni, scrive a Draghi: “Aprite la scuola”  e subito dopo la chiosa della commossa maestra: “I nostri bambini hanno bisogno di esprimere il disagio che stanno affrontando”. Sacrosanto: ma una volta raccolto il disagio, come si può aiutare un bambino a misurarsi in modo positivo con questa privazione? Credo che le strade siano quattro: lo aiutiamo a piangersi addosso in modo che impari a sentirsi una vittima; gli diciamo che tutti i politici sono degli incapaci e dei delinquenti, in modo da aumentare la sua rabbia e la frustrazione; gli suggeriamo di scrivere ai potenti rivendicando il suo diritto di andare a scuola e poi restando in attesa di una risposta che probabilmente non arriverà (o comunque non sarà soddisfacente) e quindi non potrà che generare sfiducia nelle istituzioni e nell'umanità; lo aiutiamo a guardare oltre se stesso e i suoi bisogni, a trascendersi nel donarsi, a sperimentare la bellezza appagante del prendersi cura di chi è più debole, dandogli gambe e ali per procedere nelle relazioni sulle lunghe distanze. Personalmente scelgo questa quarta ipotesi, perché solo così eviterò che i bambini  si sentano soprattutto defraudati di un diritto e non trovino altra via d'uscita che strapparlo in qualche modo alla vita come è successo al ragazzo della movida. Cerco quindi di rispondere a Davide (la stessa lettera è stata pubblicata sul "Giornale di Olgiate" del 27 marzo 2021) e mi rivolgo poi a coloro che mi leggono, in particolare alle colleghe insegnanti. Preciso che non mi occupo qui dell'opportunità o meno di aprire o chiudere le scuole, ma di come muoverci come educatori nel circuito faticoso di questa crisi inaspettata e prolungata.

Carissimo Davide,

ho saputo dal giornale che hai scritto una lettera al presidente Draghi per chiedere la riapertura della scuola. Capisco profondamente il tuo disagio e il tuo dispiacere: andare a scuola è bello, stare con gli amici è necessario, insieme si impara più facilmente, quella che l'anno scorso all'inizio sembrava una vacanza è poi diventata una lontananza difficile da sopportare… Ti capisco, perché la scuola manca anche a me, forse più che a te: sono una maestra abbastanza vecchia, amo i bambini e mi resta ormai poco tempo da dedicare a loro; tu invece tornerai sicuramente a scuola e sarai nuovamente felice. Detto questo, voglio raccontarti una storia vera e antica, che riguarda gli inizi del mondo e dell’umanità. Da sempre nella natura avviene un fatto che gli scienziati definiscono "normale": gli esseri più forti vivono e si riproducono, i più deboli soccombono. Questo è successo e succede tra gli animali e anche tra le piante. Poi nel mondo è arrivato l’uomo e si è lanciato in un'avventura bellissima: si è preso cura dei più fragili e li ha aiutati in tutti i modi, cambiando così "la natura della natura" e rendendola più gentile. Proprio in questo sta la grandezza dell’uomo, Davide: egli è capace di sovvertire il corso naturale delle cose, perché ama, prova compassione per i suoi fratelli più fragili, è capace di compiere dei sacrifici per loro. È una cosa grande. Gli animali non sanno comportarsi in questo modo; gli uomini, le donne e anche i bambini e le bambine sì. La grandezza di una società, Davide, si misura proprio dalla cura che essa ha dei più bisognosi. Ma che cosa c’entra questo discorso con la lettera che hai scritto tu? C’entra caro Davide, c’entra perché ora tu e i tuoi compagni siete chiamati a proteggere con la vostra rinuncia alla scuola in presenza la vita delle persone fragili, che a contatto con il coronavirus muoiono. Con la scuola aperta, questa brutta malattia circola di più, contagia più persone, fa morire più gente e non si riesce nemmeno a curare tutti. E questo succede anche se voi avete seguito tutte le regole per evitare il contagio. Davide, ascolta, non ti sembra bello che anche a te, che hai solo 8 anni, sia chiesto di collaborare a difendere la vita di tanti nonni e di tanti bambini, che hanno delle malattie e delle disabilità e già lottano tutti i giorni per continuare a vivere? È così che si diventa uomini. Il grande poeta Dante, del quale in questi giorni si sta parlando tantissimo, rivolgendosi a tutti gli uomini scrisse: "Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza". Vuol dire: "Voi non siete stati fatti per  vivere come gli animali, ma per seguire il sapere e la virtù". Tu sai che cos'è il sapere, che cos'è la conoscenza, ma sai anche che cos'è la virtù? Ecco, ti do un consiglio: chiedi alla tua maestra che cosa significa questa parola e poi fa' una bella ricerca con i tuoi compagni. Scoprirai delle cose molto interessanti. Credimi, Davide, la vita è bella se è donata, non perché ci si diverte: ora forse non puoi capire bene questa frase, ma se la capirai poco per volta avrai una vita felice, pur nelle difficoltà, come l’ho avuta io. È questo ciò che auguro a te, ai tuoi famigliari, ai tuoi compagni e alla tua maestra. Ciao Davide, spero di incontrarti di persona qualche volta, così in quell’occasione ti ringrazierò per aver aiutato anche me a vivere ancora per un po’ di anni. Con tanta simpatia, maestra Mariarosa

E a voi, amici che mi seguite, dico basta. 

Basta, per piacere, basta con le lamentele e le recriminazioni, pur legittime, su questo tempo bloccato e poco produttivo. Guardiamo oltre e cerchiamo di essere riconoscenti, finché siamo ancora vivi e a casa nostra, invece che in una rianimazione. Non è più tempo di lamenti, è arrivato il momento del sacrificio e del coraggio: se non lo impariamo ora, in questo periodo così eloquente, non lo impareremo più.

E ai miei colleghi insegnanti vorrei dire

che dobbiamo allenare gli occhi a vedere il futuro: è meglio avere Davide oggi per perderlo di nuovo domani come è già successo, o  è meglio saper aspettare e continuare con l'odiata DAD fino a quando abbracceremo Davide insieme ai suoi compagni, senza più pericoli e in una ritrovata serenità? Inoltre, amatissimi colleghi, cerchiamo di non allevare dei ragazzi rammolliti, consapevoli soltanto del loro disagio e dei loro diritti; cerchiamo invece di crescere persone forti e liete, capaci di nuotare a bracciate larghe nel mare dell'esistenza, in grado di trovare e vivere la bellezza aspra della rinuncia per amore. A questo ci siamo consegnati, quando abbiamo deciso di abbracciare la sacra missione dell’educare. Educare non è solo comprendere: dopo averli compresi, aiutiamo i nostri ragazzi ad alzare lo sguardo, a ritrovare i valori che rendono sapida la vita, a viverli trovando proprio in essi la felicità. La DAD priva momentaneamente i nostri ragazzi di una vita sociale concreta? Educhiamoli allora  a una socialità più alta, che comprenda e integri l'oblatività. Altrimenti li votiamo alla movida, all’alcol e alla cocaina: in questo caso ci avvieremo a un tramonto triste, consapevoli che dietro di noi lasceremo il vuoto; in questo caso io avrei paura di pensare al futuro dell’umanità. Non so voi. Grazie per aver letto fin qui.

Mariarosa T.

Immagini di copertina tratta da QNB Finansbank "Small Hands Big Dreams"