Che cos’è la resilienza? Significato del termine
Etimologicamente il termine resilienza deriva dal verbo latino resilio, che significa saltare indietro, rimbalzare, ma anche restringersi: evoca quindi delle azioni che si possono mettere in atto di fronte a un pericolo o a una disgrazia, per difendersi o resistere. La parola è mutuata dal linguaggio scientifico: in fisica si riferisce alla proprietà che hanno alcuni materiali di modificarsi senza rompersi, quando vengono sottoposti a pressione (ad esempio una palla di gomma rimbalzando si schiaccia, ma poi ritorna alla sua forma); in informatica la resilienza è la capacità di un sistema di adattarsi alle condizioni d’uso e di resistere all’usura; in ecologia e biologia indica la capacità di autoripararsi dopo un danno.In psicologia, infine, è l’insieme delle competenze necessarie per affrontare e superare le avversità della vita, cioè la capacità, posseduta da alcune persone che vivono esperienze traumatiche, di intravedere fiducia e speranza all’interno della ferita subita, di vivere e di svilupparsi positivamente nonostante il trauma; è insomma una facoltà di auto guarigione che offre una via d’uscita dal dolore e dalla rassegnazione. (Vedi "Cem mondialità" giugno/luglio 2009 e Atti del Convegno “La psicologia positiva”, Padova, 26 ottobre 2013).
La resilienza spiegata dagli esperti
Un incidente, un lutto, una condizione di malattia seria, una situazione di disabilità, una guerra, una catastrofe, un attentato, una separazione … una quarantena prolungata possono scatenare nelle persone delle crisi e delle invasioni di dolore che rischiano d’interrompere o bloccare lo sviluppo vitale: la riorganizzazione del percorso di vita e la possibilità di trasformare l’evento destabilizzante in un processo di apprendimento e di crescita incrociano il tema della resilienza, una prospettiva capace di promuovere una speranza realistica, che non nega la realtà dei problemi, ma tende a promuovere una specie di “rinascita”, favorendo l’avvio di un progetto esistenziale capace di integrare le luci con le ombre, la sofferenza con la forza, la vulnerabilità con la capacità. (Vedi B. Cirulnik, E. Malaguti, Costruire la resilienza. La riorganizzazione positiva della vita e la creazione di legami significativi, Edizioni Centro studi Erikson)I bambini nelle situazioni di crisi
Sappiamo che ogni bambino acquisisce un apprendimento informale, composto da abitudini, valori di riferimento e stili di vita, che gli danno identità e sicurezza: ebbene, quando un evento critico (come la separazione dei genitori o la morte di uno di loro, un incidente o la nascita di un fratellino disabile, una malattia o una pandemia con conseguente isolamento) irrompe nello scorrere dei suoi giorni, si genera una situazione di crisi che spesso provoca cambiamenti e fratture con il passato, incrinando il sistema delle consuetudini familiari e sociali. Lo scenario e lo sfondo della vita del bimbo si trasformano improvvisamente: possono verificarsi un parziale o prolungato allontanamento dalla scuola, l’incontro con nuove persone, la perdita o la difficoltà a mantenere i vecchi legami… È così che la condizione traumatica può provocare effetti fortemente destabilizzanti e rischia di paralizzare la crescita, relegando il piccolo nello stato della vittima, del malato o del traumatizzato, stato che può diventare permanente.
Tutti gli insegnanti (e tanti catechisti) hanno assistito a regressioni improvvise di bambini passati attraverso situazioni difficili. In questi casi, a scuola e in catechesi si possono verificare disturbi simili all’iperattività o all’apatia, con conseguente deficit dell’attenzione, difficoltà di concentrazione, mancanza di motivazione allo studio e all’agire, labilità emotiva, frequenti crisi di pianto, confusione e paure immotivate. I quaderni di questi bambini sono un po’ il loro specchio: diventano disordinati, mostrano esercizi non svolti o scorretti, mancano di colori.
In questi casi è necessario sviluppare delle strategie cognitive e relazionali, che permettano di mantenere annodati i fili tra il passato del bambino, il suo presente e il suo futuro, potenziando le risorse disponibili, favorendo lo sviluppo delle capacità latenti e aiutandolo a rimanere connesso con l’ambiente, soprattutto se è costretto ad abbandonarlo anche solo temporaneamente, come nel caso del covid: ad esempio, di solito sono importantissimi le visite, le mail e i video periodici dei compagni di scuola, i compiti a casa assegnati dalle maestre e svolti con l'aiuto di un'insegnante dedicata e così via. Tra queste persone emergerà il tutor di resilienza, cioè un individuo che più degli altri affiancherà il bambino in difficoltà e lo aiuterà ad emergere gradualmente dal trauma. Potrebbe essere uno dei genitori, ma anche un insegnante o un catechista: è sempre possibile intraprendere un cammino di ricerca e di scoperta lungo la via della resilienza se ci si può avvalere di un tutor.
Fattori di rischio e fattori di protezione
Quali sono le caratteristiche, i fattori protettivi, i percorsi che formano una personalità resiliente e permettono quindi di prevedere l’avvio di processi positivi, nel momento in cui s’incontreranno situazioni e condizioni di vita critiche, difficili, inaspettate? E quali sono invece i rischi? Pur non esistendo un’unica e sicura risposta a queste domande, come afferma Cyrulnik, la maggioranza degli studiosi è concorde nel dividere questi fattori in tre categorie: personali, familiari e sociali. A questo proposito, mi sembra interessante la tabella presentata dalla psicologa Daminato al convegno “La psicologia positiva” tenuto a Padova nell’ottobre del 2013, della quale riporto le voci più significative:
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FATTORI DI RISCHIO |
FATTORI DI PROTEZIONE |
PERSONALI |
Disabilità fisica e/o mentale; deficit cognitivi e/o fisici; qualità negativa dello attaccamento alle figure genitoriali; isolamento; insuccesso scolastico. |
Intelligenza; abilità sociali buone; buone competenze comunicative; empatia; autostima; capacità di auto controllo; senso dell’umorismo; capacità di problem solving. |
FAMILIARI |
Disturbi psichiatrici o fisici in famiglia; decesso di almeno uno dei genitori; separazione prolungata dalla persona che accudisce; litigi ricorrenti in famiglia; violenze familiari; dipendenza da alcool o droghe di qualche famigliare. |
Attaccamento sicuro genitore-figlio con interazione positiva; clima familiare affettuoso e accogliente; valori e credo familiari condivisi. |
SOCIALI |
Condizioni di povertà, mancanza di lavoro, migrazione, isolamento relazionale. |
Presenza di un ricco gruppo sociale di pari; presenza di un adulto significativo al di fuori della famiglia con il quale stabilire una relazione duratura nel tempo (tutor di resilienza); supporto ai genitori nell’educazione dei figli da parte della rete dei servizi; comunità collaborante; partecipazione a una struttura sociale positiva; ambiente scolastico e parrocchiale attento. |
Mete dell’educazione alla resilienza
Perché un bambino sviluppi una personalità resiliente, deve infatti disporre primariamente di una famiglia o di una comunità capace di offrirgli cure, nutrizione, sonno, salute e buone relazioni. In secondo luogo è bene che acquisisca alcune competenze fondamentali:
*accettazione e stima adeguata di sé;
*empatia, capacità di dialogo e di autocontrollo, per stabilire buone relazioni scolastiche e amicali;
*capacità di mantenere spazi di fantasia e d’immaginazione;
*attitudine a cercare di risolvere i problemi senza scoraggiarsi;
*capacità di attribuire un senso alle cose;
*apertura a nuove esperienze;
*senso dell’umorismo.
È verso queste mete che deve dirigersi l’educazione alla resilienza.
Suggerimenti per un'attenzione continua educativa e didattica alla resilienza
1) Cure, nutrizione, sonno, salute, buone relazioni familiari.
* Vigilare, attivare contatti frequenti con i genitori.
* Segnalare ai servizi sociali se necessario i casi di abuso, di maltrattamento, di incuria, discuria e ipercuria.
2) Accettazione e stima di sé
* Ideare esercizi e giochi per favorire la percezione di sé e della propria bellezza (sagoma corporea intera, profilo ombra, auto-ritratto allo specchio, stampa delle mani, impronta dei piedi , selfies e fotografie …).
* Curare il racconto autobiografico e accompagnare la ricostruzione della storia personale, sottolineando i punti di forza e non nascondendo debolezze e ferite, da accettare e integrare nella propria esperienza (Il racconto autobiografico, attraverso un attento ascoltatore e altri mediatori dell’educazione, aiuta il processo di riorganizzazione positiva proprio della resilienza afferma la Malaguti; dal canto loro le catechiste non dimentichino ciò che dice a questo proposito il nuovo Direttorio per la catechesi al n. 207).
* Organizzare con buona frequenza giochi tipo “il sacchettino della memoria” (per le istruzioni, vedi Servizio per la catechesi, Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi, Centro ambrosiano 2017, pp. 149 ss).
* Sottolineare e festeggiare i piccoli successi.
* Far scoprire a tutti i bambini la bellezza della diversità.
3) Autonomia
*Assicurare spazi di autogestione con e senza regole, mettendo a disposizione dei bambini giocattoli (ad esempio piccoli animali, personaggi diversi, costruzioni, tombole, tactil, memory, casa delle bambole, fattoria, mercatino, ecc …), schede con giochi ed esercizi piacevoli, libri illustrati e tablet.
* Lavorare con le storie (Vedi le storie dell’alfabeto in questo blog, in particolare quelle che riguardano i seguenti settori di sviluppo: identità, impegno, autorealizzazione, autonomia decisionale...).
4) Acquisizione e miglioramento delle competenze.
* Attivare laboratori di potenziamento delle capacità di problem solving.
* Organizzare e usare, giornalmente o quasi, al termine di ogni esperienza, il quadernino delle capacità, per scoprire e registrare la proprie qualità e ciò che si sa fare, ma anche per essere aiutati ad acquisire e aumentare le competenze, tra cui soprattutto la fiducia in se stessi e il coraggio di osare. A questo proposito, soprattutto con i bambini in difficoltà e diversamente abili, può servire la scaletta di Dessì (facilmente rinvenibile in Google immagini), da inserire nel quadernino: il bambino traccia un cerchio intorno al punto in cui è arrivato e poi ne parla con l’adulto di riferimento (insegnante di classe o di sostegno, educatore, aiuto catechista …), per trovare motivazioni e incoraggiamento.
* Attivare laboratori di alfabetizzazione emozionale (Vedi in questo stesso blog il percorso intitolato I colori del cuore).
Una terra al centro del cuore
La terra che amo non c’è.
dettagliatamente la crea
e aggiunge alberi e fili di fumo
che si perdono lentamente
nel cielo.
Rocce aspre e lanciate
e luce di sole impigliata in cascate
e chiacchiere di fontanelle
Sorge gloriosa la saponaria
in laghi aperti nel verde
come occhi viola tranquilli
e fiumi che cantano note
E nuraghe e castelli austeri
e trulli protesi e severi
Michelangelo e Caravaggio
Mirot e Bizet, Mozart e Bach
occhi negli occhi, coraggio.
Sfolgorio di angeli in volo
e il dolce incontrarmi con Lui
negli abbracci
Vieni.
Solo l’ustione del cuore
chiuso da catenacci
può fermare la gioia.