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Il quadro magico


Una storia per ogni lettera dell'alfabeto: la lettera Q 

Quando la mamma morì, Quirina aveva 7 anni e il suo fratellino Quintiliano ne aveva appena 5. Il giorno dopo il funerale, il papà prese un piccolo ritratto della mamma, che aveva disegnato lui all’epoca in cui si erano conosciuti, lo inserì in una cornice ovale e, dopo averci lavorato a lungo, vi aggiunse un misterioso bottoncino in basso a destra. 

Poi chiamò Quirina e abbracciandola le disse:

“Bambina mia, dobbiamo essere forti. La mamma in carne ed ossa non tornerà più, però io ora ti do un quadretto magico. Vedi questo bottoncino? Quando avrai bisogno ti basterà spingerlo verso l’interno del ritratto, raccontare i tuoi guai e, se lo metterai all’orecchio, sentirai la voce della mamma che ti dirà che cosa fare. Non utilizzarlo troppo però, usalo soltanto quando ne sentirai veramente la necessità, ma soprattutto non svelare mai mai mai a nessuno, per nessuna ragione al mondo, il segreto di questo quadro, altrimenti tutto sparirà. Tienilo sempre con te e stai molto attenta a non perderlo”. 

Quirina sapeva che il suo papà era capace di fare delle magie,

perciò non si meravigliò molto e accettò il regalo con riconoscenza, sentendosi un po’ sollevata dal suo grandissimo dolore. Soprattutto nei primi tempi però fu un po’ disubbidiente: più volte al giorno schiacciò il famoso bottoncino e mise il quadro all’orecchio per sentire la voce della mamma, che in effetti le diceva frasi affettuose; lei invece piangeva e non riusciva nemmeno a parlare perché il suo dispiacere era troppo grande. Al massimo diceva tra i singhiozzi: “Ti voglio mamma”. 

Poi un giorno anche il papà sparì

Non tornò più dal lavoro e i due fratellini furono mandati in una casa famiglia per bambini soli. Per fortuna Quirina aveva il suo quadretto, così raccontava tutto ciò che le succedeva, e la mamma, o meglio la voce della mamma, le dava ogni volta preziosi consigli. 
“Mamma, oggi è martedì, ci daranno il risotto: a Quintiliano non piace, farà i capricci e lo puniranno!” 
“A te il risotto piace Quirina: mangialo tu e dai la tua carne e le patatine a lui, così nessuno si accorgerà e Quintiliano non verrà punito”. 
“Mamma, dov’è papà? Perché non torna?” 
“Non lo so Quirina, ma sono sicura che tornerà, vedrai. E sono anche sicura che vi vuole molto bene e non vi ha abbandonati”. 
Quirina avrebbe voluto crederci, ma sentiva crescere dentro di lei delusione e rabbia contro il papà: perché li aveva abbandonati senza dire niente? Sapeva che avevano già perso la mamma! 

Passarono così i giorni e i mesi, 

passarono 7 anni e finalmente, al quindicesimo compleanno di Quirina, il papà tornò.
Disse che era stato mandato dal governo al Polo Nord, in una base segreta, per compiere una missione segreta: lui era un militare dell’esercito e non aveva potuto sottrarsi all’ordine dei suoi superiori. “Per fortuna ho sempre avuto con me il quadretto con la mamma dentro, così ho potuto sentire la sua voce ogni volta in cui ne ho avuto bisogno!” esclamò Quirina.

Allora lui si sedette vicino a lei,

l’abbracciò e con voce molto seria le disse che aveva qualcosa di molto importante da dirle. Incuriosita la ragazzina ascoltò. 
“Quirina” esclamò il papà “questo non è un quadretto magico; in realtà questo è un piccolo computer molto sofisticato, che, senza che nessuno lo sapesse, ti ha tenuta costantemente collegata a me. Dentro c’è anche una telecamera sempre in funzione, così ho potuto vedervi in ogni momento in questi interminabili anni”. 
“E la mamma?” chiese Quirina con un filo di voce: “La mamma mi parlava! Era la sua voce!” Il papà sospirò e poi esitando rispose: “Ora ti arrabbierai Quirina, forse non mi vorrai più parlare, ma è necessario che ti dica tutta la verità. Ormai sei abbastanza grande, hai dimostrato di essere forte e puoi capire. In realtà non era la mamma che ti rispondeva, ma io. Tu sentivi la sua voce grazie a un programma che trasformava la mia …”.

Non aveva ancora finito di parlare

e già Quirina era balzata in piedi urlando: 
Perché mi hai imbrogliata? Perché non mi hai detto che eri tu a parlare con me?
“Vieni qui Quirina, lascia che ti spieghi e poi se non vorrai più parlarmi ti capirò. Se i miei superiori avessero saputo che ti lasciavo questo strumento in mano, te l’avrebbero subito portato via e io sarei finito in prigione. Per questo ho dovuto pensare ad ogni possibile complicazione: se qualcuno l’avesse trovato, ti avrebbero interrogata e se tu avessi detto che parlavi con me, sarebbe successa una catastrofe; se invece tu, in tutta sincerità e credendoci fino in fondo, avessi detto che parlavi con la tua mamma defunta, tutti avrebbero pensato a una forma di compensazione inventata da una bambina troppo sola e triste e nessuno ti avrebbe più dato fastidio. Figlia mia, io ho sicuramente sbagliato nei confronti dei miei superiori e per questo ho rischiato la prigione, ma prima di ogni altra cosa sono il vostro papà e così ho pensato prima di tutto a voi”. 
Poi quell’uomo forte fece una cosa che la sua bambina non avrebbe mai pensato di vedere: si prese il volto tra le mani e scoppiò in singhiozzi. Quirina lo abbracciò e si mise anche lei a piangere: le sembrava che la mamma fosse morta per la seconda volta, ma ora aveva ritrovato tutto l’amore del papà e sentiva che le lacrime, mescolando il dolore e la gioia, alleggerivano finalmente il suo cuore.
IL QUADRO DI QUIRINA SEMBRA PROPRIO LA LETTERA ...

Mariarosa Tettamanti 

immagine tratta da "ABC Lettering" di Dangerdust