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I cattolici non riescono più a dormire


Riflessione incompetente ma dolorosa su un problema che attende una soluzione uguale per tutti.

E come potrebbero dormire i cattolici al pensiero delle migliaia di fratelli che non possono ricevere il perdono sacramentale e la Comunione eucaristica e quindi non accedono alla fonte né arrivano al culmine della vita cristiana? A loro vengono sottratte le cose più belle e più grandi per un credente: i sacramenti, che hanno accolto da piccoli con desiderio e trepidazione, perché fossero per sempre. Sto parlando delle situazioni matrimoniali irregolari, come sicuramente si è capito.

Ecco, io vorrei essere sicura

che la decisione di togliere l’assoluzione (e quindi la confessione) e la Comunione eucaristica a questi fratelli sia giusta, ma nonostante la mia obbedienza alla Chiesa, che non verrà mai meno, non riesco a convincermi che questo sia davvero ciò che vuole il Signore. Se Dio prima di tutto è misericordia, come si concilia questa realtà con la sofferenza inflitta a chi ha già sofferto? E se la morte è il prezzo che il Figlio di Dio ha pagato per restare sempre con noi nell’Eucaristia, com’è possibile che Egli allontani qualcuno che non va volontariamente contro di Lui, anzi continua ad amarlo e a seguirlo fin dove può? E se la Chiesa è madre potrà continuare a mostrare il volto della matrigna ad alcuni dei suoi figli, escludendoli di fatto dal suo grembo, attraverso il rifiuto del perdono e della comprensione? Prima di rispondere a queste domande mettiamoci in ascolto…

Martina

si è sposata con l’idea ferma di compiere un passo senza ritorno, un “per sempre” colmo di gioia: ha avuto un figlio, una vita laboriosa e buona … finché il marito si è innamorato di un’altra e l’ha lasciata. La sofferenza che ha provato è inimmaginabile. Ha resistito per il suo figliolo, ma da quel giorno ogni passo nella vita le è pesato quintali di autostima distrutta e tonnellate di un dolore che le ha masticato l’anima. Un giorno ha conosciuto Valerio e si è innamorata. Lui è un giovane di chiesa e di oratorio, libero, e reduce da un’esperienza affettiva deludente. E poi si sa come vanno queste cose: ci si guarda con occhi improvvisamente diversi, si sente che il proprio cuore può adagiarsi e riposare nell’altro e che il proprio corpo si adatta perfettamente all’altro, si scopre che si può ancora gioire di poter amare e… si scopre anche che non si può convivere se non si vuole perdere la Grazia della confessione e della Comunione eucaristica. Ascoltiamo racconti analoghi tutti i giorni: c’è la signora Rita, che fa la parrucchiera in una casa di riposo, e al mercoledì mi aspetta per recitare un Padre nostro insieme, guardando con desiderio e dispiacere la piccola pisside che ho tra le mani. C’è la mia amica Loredana che a 40 anni si è vista illuminare la vita da Erminio, commesso viaggiatore, che però è divorziato: si sono sposati civilmente, ma lei non ha voluto il vestito bianco, perché “Quello si porta solo in chiesa” e non smette di raccontare quanto triste sia stata quella cerimonia senza la benedizione di Dio e senza la chiesa nella quale sognava di entrare. Ma il dispiacere più grosso è la mancanza dell’Eucaristia. Ci sono Oscar e Maria, che non perdono una Messa  nemmeno in settimana, ma non possono vivere la gioia del banchetto e quindi la maschera della tristezza non si stacca mai dai loro volti. C'è Mariella, che dopo un matrimonio sfortunato ha trovato l'uomo della sua vita, dal quale ha avuto due figli, e oggi non sa come spiegare al più piccolo il motivo per cui ai suoi genitori la particola consacrata è negata perfino nel giorno della sua prima Comunione. E c’è Andrea, ex prete, che in quanto tale è un uomo libero, ma non così la sua compagna, la quale, essendo divorziata, libera non sarà mai. Tutti noi potremmo raccontare decine di queste storie, intrise di sofferenza e scavate dalla percezione di un'ingiustizia che rischia di allontanare dalla Chiesa e dal Signore. Si tratta di persone che sanno, nel profondo del cuore, di non aver commesso del male contro nessuno.

Io non ho le competenze degli illustri

esegeti e teologi che si occupano da tantissimo tempo di questo tema, ma frequento Gesù nella preghiera, nell'Eucaristia e nell’intimità e davvero mi sembra impossibile che le cose debbano restare così. Sì, lo so, dall'inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. ... Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto.(Mt 19,3-6). Lo ha detto Lui, è un comandamento, perciò la Chiesa non potrà mai celebrare un secondo matrimonio: chi è sposato in Chiesa lo è per sempre, come un prete lo è per sempre, anche quando ottiene di potersi sposare e di non fare più il prete. Il primo marito sarà sempre l’unico. 
Capisco anche, anzi l'apprezzo moltissimo, la dottrina della Chiesa, che dà grande importanza al vincolo nuziale in quanto trasparenza del legame che unisce Cristo alla Chiesa, aspetto del quale l'Eucarestia è sacramento, e che  viene offuscato  da una nuova unione. E tuttavia mi chiedo se impedire l'accesso all'assoluzione e alla Comunione a persone che hanno subito un fallimento non per colpa propria e hanno ricominciato a vivere dando gloria al Signore, non sia offuscare la bontà di Dio, mostrandolo come un giudice inesorabile. E questa non è una bestemmia più grande?

All’adultera

Gesù ha detto: Non peccare più e infatti l’adulterio è un tradimento, una colpa che ripugna, perché intrisa di non rispetto, spesso di inganno e di menzogna. Perfino la morale annacquata e ballerina dei nostri tempi la pensa solitamente così, persino il nostro codice civile lo riconosce motivo di richiesta di risarcimento in caso di divorzio. Gesù disse loro: Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio (Lc 16,18-19). Dunque per esserci adulterio ci dev’essere un ripudio volontario e un successivo matrimonio. Ma questo vale anche per la ripudiata o il ripudiato senza colpa propria?

Ma alla samaritana,

a quella povera donna affettivamente sbalestrata, che ha collezionato sei relazioni una dopo l’altra, Gesù ha forse detto: "Se non lasci il tuo ultimo compagno non ti do l’acqua viva?" No, le ha detto: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice dammi da bere, tu chiederesti a lui ed egli ti darebbe acqua viva. Il che equivale a dire: "Chiedimi quest’acqua viva, dammi da bere il tuo desiderio di acqua viva!" E per convincerla le spiega: Chi berrà dell’acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente che zampilla per la vita eterna. Ebbene, conoscendo il mio Signore, posso dire con certezza che moriva dalla voglia di dargliela quell’acqua. Lui è morto dalla voglia di perdonarci e darsi a noi nell’Eucaristia. E mentre il cuore piccolo dei discepoli si meravigliava che il Maestro parlasse con una donna, Lui a questa poveretta malmaritata (un tempo si chiamavano così le donne separate: le malmaritate) rivelava il segreto della sua identità: “Sono io il Messia, io che parlo con te”. Grande Gesù, che sembra avere una predilezione per le donne di malaffare, ma ha scelto come madre la più pura del creato. Tra i due poli, le prostitute e la Vergine, ci siamo tutti, e a tutti Lui riconosce il diritto di amare e di essere amati, anche se ammira come noi coloro che, a fronte di un fallimento matrimoniale, sono capaci di continuare da soli nutrendosi esclusivamente del suo Amore. Questa cosa però non è per tutti, l’ha detto Lui: Gli dissero i discepoli: “Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, è meglio non sposarsi”. Egli rispose loro: “Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso.” (vedi Mt 19,1-12).

Mi piace 

ciò che leggo nell’Amoris laetitia a questo proposito:
La Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo incompiuto, riconoscendo che la grazia di Dio opera anche nelle loro vite dando loro il coraggio per compiere il bene, per prendersi cura con amore l’uno dell’altro ed essere a servizio della comunità nella quale vivono e lavorano. 
Anche il nuovo Direttorio per la catechesi riprende questo concetto, ma permettetemi di dire che la gran parte del popolo di Dio scorge in queste parole delle macroscopiche contraddizioni. Vediamole. 
1) Queste persone non scelgono di vivere in modo incompiuto nella Chiesa, anzi: a fronte di un matrimonio che loro malgrado è andato male e accogliendo come un dono di Dio il nuovo amore che si è affacciato nella loro vita, vorrebbero vivere compiutamente inseriti in questa Chiesa che continuano ad amare.
2) La Grazia di Dio opera anche nelle loro vite: ma di quale Grazia si tratta se non dà loro la possibilità di ricevere l’assoluzione e l’Eucaristia? 
3) Prendersi cura con amore l’uno dell’altro: ma allora questo amore è benedetto o maledetto? È un amore da coltivare, oppure, in quanto impedisce di ricevere l’Eucaristia, è da soffocare?

Parlavamo dell’adultera.

Gesù le ha detto di non peccare più, ma non ha posto condizioni nemmeno a lei, non le ha detto: “Però sia l’ultima volta, perché se lo fai ancora mi vedrai solo da lontano”. E prima aveva detto: Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Quanti cristiani, destinatari della tremenda responsabilità di rimettere o ritenere i peccati, stanno scagliando questa pietra e non se ne rendono nemmeno conto? Ci sono ormai tanti preti illuminati che, a partire dall'Amoris laetitia, accompagnano i separati a ricevere la Comunione eucaristica, ma il fatto che tanti altri si arrocchino ancora nel rifiuto non fa che aumentare la confusione e il senso di frustrazione degli esclusi.

Io continuo a dichiarare

tutta la mia incompetenza in materia, ma sono sicura che un modo c’è, per lasciare alle coscienze la libertà di decidere con il Signore se accostarsi o no a Lui nel Pane consacrato. Parlo a nome dei fratelli che vivono questa situazione difficile, a nome di tutti quelli come me che non capiscono dove si stia nascondendo in questi casi la Misericordia e soprattutto sento di parlare a nome suo, del Crocifisso per amore. Non chiediamo risposte, non vogliamo rettifiche né spiegazioni teologiche, aspettiamo decisioni concrete e fatti validi per tutti.

M. Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Be my ligth di Chaimaa Soby