Passa ai contenuti principali

Il tempo di Anna

Tempo libero: la libertà di essere migliori 
Una ragazza di 19 anni ci spiega che cos'è per lei il tempo libero. A partire da Montale 

Nel 1966, nel saggio Auto da fé, Eugenio Montale scrive un testo carico di una forza drammatica devastante. Dopo aver sorprendentemente dichiarato che i veri problemi dell’umanità non sono né le guerre né gli eccidi, afferma: Ammazzare il tempo è il problema sempre più preoccupante che si presenta all'uomo d'oggi e di domani.
Ecco chi è per il poeta il vero nemico dell’umanità, il fantasma odiato: è il tempo libero. Bisogna ucciderlo, perché altrimenti ci costringe a guardare in faccia alla realtà, cioè a noi stessi e alla nostra interiorità, in una parola sola: al vuoto. La vera “missione” dell’uomo allora, nei confronti di se stesso, è “s-vagarsi”, cioè vagare dal pericoloso mostro … allontanarsene. Scappare dal tempo togliendogli la libertà, stordirsi con le cose da fare: il lavoro, la partita, la televisione … in una parola alienarsi, cioè estraniarsi dal tempo che passa e dal vuoto che vorrebbe mostrare. E d’altra parte, che cosa vede l’uomo che ha il coraggio di fermarsi e guardare se stesso e la realtà? Forse un vuoto esistenziale insopportabile, o l’impermanenza delle cose, o forse la vacuità dell’essere, o la morte, unica vera realtà, che si avvicina travestita da tempo che passa? Ecco perché pochi sono gli uomini capaci di guardare con fermo ciglio in quel vuoto ed ecco perché avanza la necessità sociale di fare qualcosa … anche se questo qualcosa serve appena ad anestetizzare la vaga apprensione che quel vuoto si ripresenti in noi. [1] L’anestesia del divertimento e delle cose da fare è la vera risposta dell’uomo al suo star male: è raccapricciante, ma è così, e forse oggi, nel 2020, lo è ancor più che nel ’66 quando scriveva Montale.
E tuttavia, il narcotico dell’agire frenetico e del divertirsi può tenere a distanza il vuoto, ma non può eliminarlo: prima o poi il sonno finirà e il risveglio sarà duro. Prima o poi. Prima o poi saremo chiamati a fare i conti con il vuoto che ci fa orrore, ci circonda e ci opprime.
C’è molta ironia nelle parole del poeta, sia quando parla con leggerezza di scenari apocalittici tipo la bomba atomica o gli eccidi, sia quando finge di assumere il punto di vista dell’uomo d’oggi; soltanto alla fine egli si colloca tra i pochi uomini capaci di guardare con fermezza il vuoto dell’esistenza votata alla morte. E s’intuisce finalmente quale sia la vera medicina per l’uomo d’oggi: imparare a guardare il vuoto, accettarlo, farsene una ragione, addomesticarlo per sconfiggerlo, imparando una convivenza non facile ma, almeno per alcuni, possibile.

Per la verità, già decenni prima c’era nelle opere di Montale la consapevolezza di una condizione esistenziale imprigionata nello scorrere del tempo. Nella raccolta Le occasioni (1928 – 1939)[2], ad esempio, il tempo montaliano si attorciglia su se stesso, in una quotidianità grigia e frustrante, che ha come correlativo oggettivo “la città, la modernità, la massificazione della vita” [3]. E c’è il ricorso impossibile alla memoria, che sfuma nel passato rendendo miope il presente, perché lo scorrere del tempo è spugna che cancella i ricordi belli, lasciando in vita soltanto la memoria distruttiva degli errori commessi, che fa ammalare il cuore. Con la memoria il tempo è forbice e accetta, eppure senza l’appoggio mnemonico non ci si può orientare nel percorso aggrovigliato dell’esistenza, perché privo delle radici del passato il futuro è interdetto al cammino pieno della vita. È così che le vicende ripetitive e monotone dell’esistenza diventano carcere e immobilità, sembrano scorrere ma non avanzano. È evidente che dietro a questi concetti intrisi di pessimismo c’è una figura grafica di tempo che ha forma circolare e quindi si avvolge su se stesso. 

Siamo dunque tutti destinati all’angoscia esistenziale, oppure condannati a riempire il tempo libero per non vedere il vuoto in cui siamo immersi? No. E dico “no” con convinzione.
Dico “no” anche in base alla mia esperienza. C’è infatti dentro di me una zona mai sanata del mio vissuto, un rimpianto che non passerà mai, questo lo so bene, ma che non mi blocca e non mi scaglia nell’angoscia: anni fa ho perso la persona che mi ha dato la vita, la più cara, ma io so che nessuna malignità del tempo mi sottrarrà la sua presenza, non solo perché credo che sia viva, ma perché il ricordo non è fatto soltanto di immagini, di situazioni e di emozioni, è fatto di amore e l’amore porta con sé il sigillo dell’immortalità. Inoltre io credo in Dio e nella vita oltre la morte e chi come me crede ha a sua disposizione un potente mezzo per sconfiggere il vuoto, perché la fede apre gli scenari dell’eternità.
Questo però è un altro discorso, perché io oggi voglio parlare a tutti, anche agli agnostici, anche agli atei, se ancora ce ne fossero. Anche chi non vive il refrigerio del credere, infatti, può trovare un modo coraggioso per non essere sopraffatto dalla vita: non si tratta della fuga dal vuoto rilasciato dalla pseudo libertà del tempo, si tratta invece di accogliere il tempo libero come un dono, non da riempire ma da usare e da usare bene. Per questo però dobbiamo approdare ad un concetto e a un'immagine del tempo, e in particolare del tempo libero, non più circolare.

La contrapposizione tempo / libertà

Occorre allora fare un passo indietro e cominciare dall’inizio: che cos’è il tempo libero? Se poniamo questa domanda a un bambino, molto probabilmente dirà: “È quando non vado a scuola e perciò posso giocare e fare tutto quello che voglio”; il discorso parallelo di un adulto potrebbe essere il seguente: “Il tempo libero è fatto da quei momenti in cui non si va a lavorare e non si hanno impegni”. In realtà, l’espressione “tempo libero” lega tra loro due concetti molto diversi e afferenti a esperienze diverse: il tempo e la libertà. Potremmo definire il primo come il contenitore che, insieme allo spazio, contestualizza e circoscrive il reale, permettendoci di conoscerlo; la seconda è invece la possibilità di autodeterminarci, di sottrarci alle imposizioni, di scegliere, di costruire le nostre giornate e la nostra vita.
Dal punto di vista grafico vedo molto semplicemente (o banalmente) il tempo come un triangolo con tre lati: il passato, il presente e il futuro.

Noi ci muoviamo percorrendoli incessantemente, ma sempre in avanti, mai indietro, mai di lato … ed è pur vero che abitiamo soltanto il presente. Vediamo soltanto il presente: per il passato siamo miopi, perché ce ne stiamo sempre più allontanando (e in questo do in parte ragione a Montale) e quanto al futuro non lo conosciamo, è sempre invaso dal buio, avvolto dall’oscurità. Se il passato è nebbia, il futuro è notte fonda e noi siamo chiusi nello spazio angusto del presente. In questo senso, il triangolo non è molto dissimile dal cerchio.
La libertà dal canto suo è invece aria pulita, luogo aperto, possibilità di volare, di staccarsi dalle briglie della vita e da ogni obbligo. Dunque il tempo, per coniugarsi realmente con la libertà, dovrebbe almeno aprire i suoi tre lati e permetterci di passare liberamente dal presente al passato al futuro, in avanti e indietro, a nostro piacimento. Invece esso porta con sé, insieme a un’unica direzione, la crescita e la vecchiaia, realtà obbligatorie per tutti, che mal si accordano con la libertà. Il tempo che scorre e non si ferma, trascinando con sé le nostre forze e spegnendo lentamente ogni nostra possibilità, è schiavitù per antonomasia.
E allora? E allora incominciamo con il dire che un concetto assoluto di tempo libero non può esistere. Per definirlo e accettarlo bisogna circoscriverlo e relativizzarlo, mettendolo in parallelo con altre realtà: tempo libero da. Tempo libero dal lavoro, tempo libero dallo studio, tempo libero dagli obblighi, dagli impegni … Il tempo libero quindi si pone in relazione o in contrapposizione con un'altra sfera comportamentale o percettiva, di cui rappresenta la negazione o il contrario.
Sì, ma poi, ci ricorda Montale, una volta capito che il tempo libero è tempo sottratto agli impegni pressanti della quotidianità, e presentandosi quindi come tempo vuoto, bisognerà comunque riempirlo. Bisognerà colmarlo con il divertimento, il riposo, con tante attività piacevoli … Ed è qui che a mio modesto parere il grande poeta sbaglia: tempo libero non vuol dire tempo vuoto, le due cose non coincidono. È vero che il vuoto fa orrore all’uomo, ma è ancora libero un tempo riempito per paura del vuoto? Questa paura non è essa stessa una costrizione che elide la libertà? Se riempio il tempo libero per paura del vuoto strappo via la libertà dal tempo, creo tra le due realtà una ferita insanabile, e allora non posso più nemmeno parlare di tempo libero. Se vogliamo uscire dal tunnel, dobbiamo chiedere aiuto ad altri campi di indagine.

La questione linguistica e l’inconsapevole apertura dell’italiano

Dal punto di vista linguistico, per indicare il tempo libero si è affermato nel tempo l’uso di alcuni termini, come loisir in francese e leisure in inglese, oppure ocio in spagnolo. Nell'etimologia di questi termini è ben visibile la differenza concettuale: mentre infatti loisir e leisure hanno la stessa radice che viene dal latino licere (= essere lecito) e contengono quindi l'idea di qualcosa che viene permesso, cioè lasciato alla libera gestione personale, ocio risale direttamente ad otium, termine che significa sospensione degli affari (i negotia) e tempo dedicato al riposo, ma anche e soprattutto alla riflessione, allo studio e alla cura dello spirito.
Nell’italiano invece non esiste un vocabolo specifico, per cui l'espressione “tempo libero” viene comunemente intesa sia nell’accezione di tempo non occupato dal lavoro retribuito, sia nel significato di periodi temporali svincolati anche dai momenti destinati al sonno o al nutrimento e da quelli destinati agli spostamenti e alla cura (faccende domestiche, accudimento dei bambini, degli anziani e dei malati). Sembra che questa povertà terminologica tutta italiana si debba attribuire alla mancanza di veri e propri studi sul tempo libero: perfino in campo economico e commerciale, a differenza di quanto successo in altri paesi, la possibilità di definire i consumi del tempo libero, in particolare quelli relativi al turismo e alle vacanze, è stata lasciata in Italia alla spontaneità del mercato e alle imposizioni più o meno occulte della conseguente pubblicità.[4]
Io mi chiedo però se il fatto di non disporre a livello linguistico di un termine univoco per definire il tempo libero sia una carenza o un pregio: se adottassimo in maniera esclusiva i vocaboli loisir e leisure noi potremmo parlare soltanto di un tempo liberato dal lavoro, mentre, se assumessimo la parola ocio, dovremmo alludere a spazi temporali liberi da ogni incombenza materiale e dedicabili esclusivamente alla contemplazione e al perfezionamento di sé e della propria interiorità.
Ora, a me piacerebbe molto recuperare, all’interno del tempo libero, l’esperienza liberante dell’otium latino, mantenendo però il significato oggettivo di tempo non divorato dal lavoro. Mi sembra che così il nostro tempo libero uscirebbe arricchito, non solo a livello concettuale ma anche esperienziale: tutto il tempo non aspirato dall’attività professionale verrebbe riempito da attività, più o meno piacevoli e più o meno faticose o libere, ma tutte capaci di germinare il miglioramento di sé e del proprio mondo interiore, con una conseguente ricaduta positiva sulla società. In questo modo il concetto di otium si aprirebbe ai contenuti più vari (non tanto e non soltanto alla contemplazione e allo studio) finalizzandoli però tutti all’arricchimento di sé, gioioso proprio in quanto arricchimento. Questo eliminerebbe esperienze degradanti, come la violenza, l’alcolismo e la droga, e darebbe nuovo spessore e luminosità a un impiego del tempo libero per il piacere, il riposo, lo stare insieme, la lettura, la frequentazione dei social, l’aiuto reciproco … Si tratterebbe di un otium capace di convivere con incombenze anche pesanti, ma assunte liberamente e sempre slegate dal lavoro salariato e si tratterebbe d’innalzare occupazioni “normali”, oppure piacevoli, alla dignità di attività arricchite da nobili finalità e illuminate dalla libertà di scelta.
Per questo mi sembra che l’espressione “tempo libero”, mantenendo in tensione costante due realtà come abbiamo visto contraddittorie (tempo e libertà) e comprendendo sia la definizione oggettiva di “tempo senza lavoro” sia quella soggettiva di “tempo dedicato all’arricchimento personale”, dica molto di più che i termini univoci loisir o ocio, permettendo la stessa vicinanza / distanza tra la pesantezza temporale e la levità della libertà, tra l’assenza di lavoro retribuito e l’uso del tempo che rimane, per qualcosa che ricada beneficamente nel patrimonio esistenziale di ciascuno. È chiaro che, in questo modo di concepire e valutare il tempo libero, non contano tanto le attività scelte quanto l’intenzione con la quale vengono scelte e lo spirito con cui vengono vissute.
È evidente che questo concetto di tempo libero avrebbe qualcosa da dire anche alla concezione di felicità: c’è più gioia nella movida, nell’ascoltare musica, in una buona lettura o nel restare al capezzale di un ammalato condividendo il suo tempo e alleviando la sua sofferenza? Dipende dai gusti personali e dalle circostanze certo, ma forse qui alcuni miei coetanei potrebbero aprire una riflessione.

Conclusione: ai miei amici e... a me  

E così, al termine di questo lavoro, mi rivolgo idealmente ai giovani che hanno la mia età. La mia generazione non solo ha ereditato una concezione di tempo libero come uno dei diritti più importanti e totalmente finalizzato al piacere, ma si è anche trovata tra le mani mezzi tecnologici e sociali che hanno aperto a dismisura i confini del divertimento. Ad essi si sono purtroppo affiancate le droghe, l’alcool e le sale da gioco, che si presentano come strumenti di piacere adatti a dare contenuti al tempo libero, ma sono, come sappiamo, strumenti di morte. Spesso i giovani, soprattutto se appartengono a famiglie problematiche o disattente e frequentano scuole incapaci d’incidere veramente a livello educativo, si trovano disarmati di fronte a questo stato di cose e passano “di divertimento in divertimento” finché approdano e annegano in quelli più pericolosi. D’altra parte, la società dei consumi e la pubblicità promettono una felicità fasulla, allegata come un improbabile gadget all’uso di certi prodotti, e sono in grado di fabbricare falsi bisogni e visioni di autorealizzazione inconsistenti come chimere. È così che il tempo libero perde la consistenza della realtà e si attesta nell’illusione.
Per questo è necessario un cambiamento concettuale e culturale in grado di mostrare ciò che fa del tempo libero un tempo per se stessi, per la propria elevazione e il proprio “star bene dentro” nel senso più ampio e profondo del termine. Ritorno allora al concetto di cui ho già parlato e mi spiego meglio. Come ho già detto, non si tratta semplicemente di loisir e non soltanto di ocio: il tempo libero è piuttosto un tempo interamente posseduto e regolato dalla persona che ne dispone, ripulito dalle incrostazioni di un piacere effimero ed etero diretto, e capace di rispondere al desiderio di un benessere che è innanzitutto bisogno di essere donne e uomini completi.

A ben vedere, allora, prima di cambiare il concetto di tempo libero occorre modificare la concezione di piacere. Non può essere vero piacere ciò che fa star bene per un po’, creando momenti già avvelenati dalla consapevolezza che finiranno. Occorre invece un tempo colmato da qualcosa che duri. Bisogna cioè, e qui mi ripeto, acquisire l’abitudine non forzata di rivolgerci a ciò che ci migliora, perché questo si protrae davvero nel tempo: coltivare l’amicizia, arricchire il proprio pensiero, acquisire la capacità di confrontarsi, alimentare l’empatia, allargare le conoscenze, tendere a una cultura “altra” al di fuori di quella scolastica obbligata, imparare la dolcezza del silenzio e della contemplazione della natura … e sempre nel rispetto e nell’apprezzamento di se stessi.
Persino Montale può dirci qualcosa a questo proposito, a patto che usciamo dalla sua concezione di un tempo a forma circolare, che non permette d’individuare un punto su cui premere per aprirlo a una diversa modalità percettiva. Ritorniamo allora alla forma triangolare di cui parlavo poc’anzi: tre lati, le tre dimensioni del tempo. Immaginiamo di spezzare il triangolo nel punto in cui termina il futuro e di allineare i tre lati arrivando alla forma di una linea retta orientata, sempre divisa in tre parti:

Noi viviamo nel presente e ci siamo lasciati alle spalle il passato, ma nel momento in cui entriamo nel futuro, il presente si fa passato ed è così che andiamo avanti … e non si tratta di illusione, ma di realtà, perché il futuro diventato presente s’incontra con un altro futuro e non con un passato già vissuto. Questo è ciò che inconsapevolmente ha fatto Montale e con lui tutti i poeti e gli uomini grandi: hanno aperto il triangolo del tempo, hanno rotto il tempo e l’hanno vinto. Con la rara bellezza delle sue poesie, Montale è infatti entrato per sempre nel futuro fissandosi nel nostro presente e nel presente degli uomini che verranno dopo di noi.
Ed è questo ciò che volevo dire. Nella sabbia di ogni vita, in quella grande dei poeti come in quella piccola dei piccoli studenti come me, è nascosto il brillio che la rende “per sempre”: solo il bene che si compie, la bellezza che si sparge, l’amore che si dà incidono il tempo e bucano l’eternità. Abbiamo più o meno solo il tempo libero per questo e bisognerà viverlo senza affanni né durezze: l’altro tempo è nelle mani degli altri, questo è nostro. Tempo libero, dunque, cioè tempo dedicato alla libertà di essere migliori: ecco l’essenza del vero piacere. Basta guardare in questa direzione. 

Anna Tettamanti


[1] E. Montale, Ammazzare il tempo. Cronache in due tempi, in Auto da fé, Il Saggiatore, Milano 1966.
[2] AA, VV, Il piacere dei testi, Paravia, Varese 2017, pp. 325 – 336.
[3] Ibidem, p. 326.
[4] Questi dati e i seguenti sono desunti dalla voce Tempo libero di M. C. Belloni, Enciclopedia Treccani on line e da E. Clemente e R. Danieli, Sociologia, Paravia Pearson, Milano 2012, pp. 170 – 189.



immagine di copertina tratta da "Art Gallery" di Pearl Mendonza (Fibonacci)