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Le signorine smemorate e l'olio a tre ingredienti (testo scritto e podcast)

                                          

Cinque simpatiche signorine ci introducono in un profondo discorso sulla fede, che si scopre perfino trifasica. Venite con noi, leggendo il testo e ascoltandolo dal podcast dei Missionari comboniani; per sentire, cliccare sul triangolino bianco contenuto nel cerchietto giallo.

Dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 25, versetti da 1 a 13.

Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!” Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

Cinque signorine smemorate

Stolte, sciocche, imprudenti, incaute, imprevidenti… Oche! 
    Eppure io vi confesso che provo una certa simpatia per queste cinque signorine che dimenticano di comperare l’olio per le loro lampade: a chi di noi non è mai successo di dimenticare qualcosa? Ma poi di chi è la colpa? Di queste smemorate o dello sposo che tarda? Che cosa pesa di più nella realtà: una dimenticanza o un ritardo? E le cinque saputelle che si sono ricordate dell’olio di ricambio saranno previdenti e sagge, non discuto, ma non mi sembrano molto generose. Hanno paura di rimanere anche loro senza olio: un po’ egoiste direi. Insomma non fanno una gran bella figura nemmeno loro, dobbiamo ammetterlo.
    Sì, va bene, sì che lo so, so che questa parabola in realtà presenta il tema della fedeltà nell’attesa e so anche che, intorno alla festa del matrimonio, dobbiamo vedere lo scenario ben più ampio della nostra vita e dobbiamo lasciare che l’olio rappresenti la fede, quella fede da mantenere lungo il corso a volte agevole a volte accidentato della nostra esistenza. D’altra parte abbiamo già detto tutte queste cose in un precedente commento.

Allora riparliamo della fede

Va bene, allora riparliamo della fede e incominciamo… da dove questa volta? Incominciamo là dove si annidano la ragione e la scienza.
    Perché proprio da lì? Perché a un certo punto del conoscere e del ragionare, le corse della logica e della scienza si fermano, non sono più in grado di procedere, si scontrano e cozzano contro il muro invalicabile delle domande esistenziali: “Il mondo è stato fatto da qualcuno? Se sì, da chi?” E se qui forse la logica umana avrebbe qualcosa da dire, se non altro per una specie di esclusione (è più logico che un creatore / ordinatore ci sia che non il contrario) per altre domande nessun tipo di ragionamento ci soccorre: “E noi, da dove veniamo e perché viviamo? E quale sarà la nostra fine?”. La Bibbia risponde a queste domande, ma lo fa a partire non dalla ragione scientifica o speculativa, che pure non nega, ma dalla Rivelazione, cioè dall’Unico in grado di rispondere.
    Il primo regalo che la fede fa alla ragione è dunque la scoperta della verità di sé stessa in quanto limite, insieme all’invito ad affidarsi a un Oltre che essa non può includere. E noi, noi non abbiamo scelta: o viviamo nel baratro del non senso o ci affidiamo alla fede.
    «C’è qui una cosa estremamente profonda» scriveva il teologo Moioli: «il rapporto dell’uomo con la verità» e quindi con la libertà, la quale «non inventa la verità, ma aderisce ad essa», modellando così, secondo il cardinal Martini, i modi e i criteri con cui l’uomo individua il centro della propria esistenza. La verità infatti si propone come il senso autentico della vita, che possiamo rendere nostro soltanto scegliendolo, cioè procurandoci l’olio per la lampada della fede: la verità chiama la volontà dell’uomo e mette in gioco la sua decisione, permettendo «l’approdo a un’intelligenza sempre più viva e penetrante del mistero» scrive il liturgista Magnoli.
    E allora possiamo dire che l’intelligenza umana raggiunge la sua pienezza nell’intelligenza della fede. Lasciate che lo ripeta perché è strabello: l’intelligenza umana raggiunge la sua pienezza nell’intelligenza della fede.

Un sistema trifasico, un olio a tre ingredienti

    E guardate che il programma è seducente, ma non è ancora completo: la fede infatti ha altre possibilità da sondare, dato che l’olio della lampada è a tre ingredienti. Una delle domande esistenziali alle quali il ragionamento che prescinde dalla fede non sa rispondere è infatti questa: “La morte coincide davvero con la fine dell’uomo?” A questa domanda fondamentale è la speranza cristiana che risponde insieme alla fede e lo fa spalancando l’intelligenza umana sulla luce dell’eternità, recuperando così l’esistere nella sua pienezza. Attraendo nel mistero pasquale ogni momento della vita,  perfino la morte, la speranza cancella nei fatti il concetto di fine. Altamente rassicurante direi.
    E il Crocifisso, scrive il teologo comasco Bruno Maggioni, è «la gigantografia di tutte le congiure contro la speranza». Sì, perché Gesù ha sperimentato ogni ragione per perderla: l’ostilità, l’abbandono, l’insuccesso, una vita spezzata, una missione incompiuta, una morte violenta ed estremamente dolorosa... Eppure nulla è riuscito a scoraggiarlo e così ha potuto regalarci una speranza... "autonoma" direi, cioè portata via alle vicende brutte o belle della vita ed esclusivamente fondata sul disegno di Dio.
    La fede e la speranza infine, come sappiamo, non stanno né insieme né in piedi senza l'amore: non c'è fede senza speranza e non c'è speranza senza carità. Ecco il sistema trifasico della fede, che la rende veramente efficace, anzi potente, proprio come succede alla corrente elettrica di questo tipo*. Adottando una seconda metafora, che si adatta meglio al nostro discorso, potremmo dire che è proprio questo l'olio a tre ingredienti per la lampada che dobbiamo tenere accesa per tutta la vita. 
    “Signore, mentre viviamo nel centro della tua profonda tenerezza, colmaci di fiducia in Te e nel meraviglioso progetto di vita immortale che hai per ognuno di noi. Grazie Signore, e grazie a voi tutti che ascoltate”.

*In elettrotecnica, il termine trifase si riferisce a un sistema di distribuzione di energia che utilizza tre correnti alternate, le quali rendono più efficace la trasmissione e distribuzione di potenza elettrica, specialmente per carichi elevati». Dal web.

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.


Mariarosa Tettamanti, sabato 9 agosto 2025

Immagine di copertina: fiammelle ritagliate dai bambini della catechesi con la catechista Simona Fontanesi, consacrata della "Nostra famiglia", e usate come gesto di preghiera durante una microcelebrazione