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L'invidia e gli occhiali del finto sdegno (testo scritto e podcast)

 

Terza e ultima puntata dedicata all'invidia (le prime due in Mt 13,54-58), per scoprire che forse ci riguarda più di quanto crediamo. Leggiamo e/o ascoltiamo dal podcast registrato per i Missionari comboniani. Per sentire, cliccare sulla freccina bianca nel cerchietto giallo.

Dal Vangelo secondo Luca, capitolo 4, versetti da 16 a 30.

Venne a Nazaret, dove era cresciuto e, secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista,
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l'anno di grazia del Signore.

Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette.
Nella sinagoga gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: "Medico, cura te stesso". Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è ben accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn il Siro». All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Terza e ultima puntata

Terza e ultima puntata dedicata all’invidia, questa volta accompagnati dall’evangelista Luca. Davvero l'invidia  è un vizio da sconfiggere, perché è una delle più grandi nemiche della carità cristiana e oggi, in questo episodio della vita di Gesù, si mostra così distruttiva da arrivare a un tentato omicidio. Questo è il look più raccapricciante dell’invidia: nei nostri racconti l’abbiamo vista aggirarsi con il mantello della finta giustizia e la maschera del finto scandalo, ma ora, ora si mette apertamente gli occhiali del finto sdegno, capaci di giustificare perfino l’uso della violenza. È tale la rabbia contro Gesù, il quale, attraverso il racconto dei due profeti antichi, sta dicendo che i compaesani non meritano i suoi prodigi, che questi decidono di ucciderlo.

E ai nostri giorni?

Ma in quale modo gli invidiosi dei nostri giorni diventano violenti? Risponde il cardinale Ravasi:* secondo lui, l’invidioso mette in atto «una sottile erosione della dignità dell’altro» attraverso «l’uso ipocrita del giudizio, l’adozione colpevole della calunnia, il ricorso a oscuri maneggi, la coalizione con altri mediocri, la frenetica ricerca di ogni occasione per far cadere chi è superiore per intelligenza, umanità o capacità».
    Dal canto mio, mi sembra di poter dire che uno dei modi più subdoli nei nostri ambienti per danneggiare un invidiato sia il furto di idee: l’invidioso coglie nei discorsi di una collega un’idea che gli sembra vincente e se ne appropria, cambiando magari qualche particolare, in modo da poter dire “È una mia intuizione”, oppure “Non è più il tuo lavoro”. Alla fine il vero proprietario delle idee innovative, se non ha imparato l’arte della resilienza, non può che andarsene.
    E tuttavia noi possiamo salvarci dall’invidia se impariamo a riconoscerla. Ma attenzione: prima di tutto dobbiamo scorgerla nel nostro cuore. Sì, perché, in quanto emozione, l'invidia è universale e in quanto vizio «è latente in noi in ragione del peccato originale»**: nessuno ne è immune, credo... sebbene io conosca persone che miracolosamente l’hanno vinta. Definitivamente vinta. Li reputo dei santi, ne ho anche nella mia famiglia. Nelle persone “normali”, invece, l’invidia potrà non mostrarsi per lungo tempo, ma sarà pronta a uscire allo scoperto quando si verrà messi alla prova dalla vita, magari subendo (o pensando di subire) un'ingiustizia: come tutte le emozioni, anche l'invidia chiede una situazione attivante, vera o presunta che sia. Pertanto, se molti di noi l’hanno subita, altri l’hanno vissuta o la vivranno in prima persona, e la lotta per estirparla dovrà essere condotta più o meno per tutta la vita, vigilando su noi stessi «senza tante storie e giustificazioni», scrive ancora monsignor Ravasi.

Due tipi di invidia

Certo qui bisogna distinguere. Ci sono almeno due diversi tipi di invidia: quella innocua, che non danneggia l'invidiato, e quella di cui abbiamo parlato fin qui.
    La prima si configura come un semplice dispiacere, il quale però spinge a cercare le proprie potenzialità, per cui l’invidioso passa da un "Perché lui sì e io no?" a un "Ci provo anch'io". Più che "invidia buona", la chiamerei, con il filosofo Petrosino,*** "competizione", perché, se viene riconosciuta e superata, fa scattare e mette in moto delle energie positive. È un tipo di invidia che conserva la visione oggettiva della realtà, cioè che non si lascia ottenebrare dallo sdegno collerico, come invece succede ai contemporanei di Gesù, e quindi si mantiene lontana dalla violenza dannosa.

Impossibile da soli 

In ogni caso, credo che da soli non potremo mai smascherare l'invidia: ci vuole una guida spirituale che ci tolga mantelli, maschere e occhiali e ci aiuti a trovare il coraggio di chiamare le cose con il loro nome. "Senti don, io sto pensando questa cosa, ma siccome riguarda negativamente una persona, temo di dover stanare qualche colpo basso dell'invidia. Mi aiuti a trovarlo? Se è così, lasciamo cadere tutto, altrimenti decidiamo insieme che cosa fare". Ed è sempre la guida che ci deve aiutare a vincere gli invidiosi come fece Gesù che “passando in mezzo a loro, si mise in cammino”: va per la sua strada Gesù, non si lascia fermare dall’invidia altrui.
L’invidia del secondo tipo è un vizio pericoloso… come l’alcolismo direi, se dovessi fare un paragone, e come per gli alcolisti il primo passo verso la guarigione è la visione pulita di sé. “Io sono Tizio o Caio e sono un alcolista” dice il dipendente dall’alcool all’inizio della cura; “Io sono Tizio o Caio e sono un invidioso” dovrebbe dire a sé stesso e al confessore colui che invidia.

Ma come riconoscere le persone non invidiose?

 Ma infine come riconoscere le persone non invidiose? É facile: dal fatto che gioiscono dei successi altrui come se fossero i propri. 
    Qualche esempio. Due amiche preparano insieme un esame. Una prende 27, l’altra 30 e lode: la prima è contenta per la seconda. Un superiore svolge la stessa mansione di un suo sottoposto, ma il secondo raccoglie più gratificazioni di lui, più applausi: il superiore è contento, perché ciò che conta è la bontà del lavoro. Un parroco lascia un incarico, al quale terrebbe molto lui stesso, a una sua parrocchiana, perché si è accorto (e lo ammette!) che è più brava di lui. Se conosciamo persone così, teniamole strette: oltre che santi, sono dei veri amici.
    Chissà, forse in un prossimo futuro qualcuno fonderà l’AIA, l’Associazione Invidiosi Anonimi. Fino ad allora però, non dimentichiamo di chiedere aiuto all’Immacolata Concezione, la Donna che non ha dovuto combattere contro la propria invidia, perché intangibile al peccato originale.**** Grazie

Note
* Da G. Ravasi, Le parole e i giorni. Nuovo breviario laico. Mondadori.
** Parole tratte da monsignor Magnoli.
*** Vedi in you tube: S. Petrosino, Desiderio e alterità, sull'essenza dell'invidia.
**** Per approfondire l'argomento anche dal punto di vista teorico, vedere E. Campagnoli, Sempre a mani vuote. L'invidia, il più frustrante dei vizi, in "La rivista del clero italiano" n. 100, pp. 446 ss.

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti, 1 settembre 2025

Immagini di copertina tratte da Emotions di Artem Yastrebov (per il link) e da"Picture beck" di Yadeshi Mjoki (per i testi)