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Gli indovinelli di Gesù (podcast e testo scritto)

A volte Gesù parla in maniera un po' oscura... anzi sembra parlare per indovinelli. In realtà dietro questa scelta linguistica c'è una ragione ben precisa, che si traduce in un dono per i suoi ascoltatori, quindi anche per noi. Leggiamo o ascoltiamo dal podcast dei Missionari comboniani.

Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 16, versetti da 16 a 22.

«Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos'è questo che ci dice: "Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete", e: "Io me ne vado al Padre"?». Dicevano perciò: «Che cos'è questo "un poco", di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire".
Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: "State indagando tra voi perché ho detto: "Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete"? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia.

Fraintendimento giovanneo o strategia pedagogica dell'errore?

Ma che cos'è questo "prima no e poi sì"? «Un poco e non mi vedrete, un poco e mi vedrete»? A me sembra una specie di indovinello: mi pare che abbiano ragione gli apostoli a non capire, non capisco neanch’io, a dire la verità! Anzi, noi capiamo, è vero, ma solo perché ragioniamo con il senno di poi. 
Cioè noi sappiamo già che gli Apostoli dopo poco tempo da questo discorso non videro più il loro Maestro, del quale piansero la morte, e sappiamo anche che il loro dolore divenne gioia dopo la risurrezione. Quindi ci è chiaro che qui il Signore sta parlando delle apparizioni ai suoi, cioè di quegli incontri terminati nel giorno dell’Ascensione, che celebreremo domenica prossima*. In definitiva, Gesù non sta parlando della sua venuta finale nella parusia, ma sta annunciando, seppure in modo “velato”, la sua morte e il suo ritorno. É allora comprensibile l’incomprensione degli Apostoli… se mi permettete il poco originale gioco di parole.
Però io mi chiedo: “Ma Gesù si diverte a mettere in difficoltà i suoi amici, a vedere che non capiscono, questi poveretti?”. No no, non è così. Non è che Gesù goda a vedere i suoi discepoli che non capiscono, ci mancherebbe, però è vero che li mette in una iniziale situazione di fraintendimento, di errore potremmo dire, per portarli poi più in profondità, in modo che non si accontentino della superficie delle cose e arrivino all’essenza del reale.

Ricordate quando Gesù alla Samaritana parlò dell’acqua viva? Lei intese l’acqua del pozzo e disse: «Dammi quest’acqua rabbi, così che non abbia più sete», mentre Lui parlava di un’altra acqua e per farglielo capire la riportò nel grembo disordinato della sua vita («Vai a chiamare tuo marito» le disse, benché sapesse che un marito non l’aveva) finché fu lei a innaffiare il mondo con l’acqua della sua Parola. E vi ricordate quell’altra volta, con Pietro, quando per tre volte il Signore gli chiese se lo amava e lui non capiva, povero Pietro, e pensava che Gesù volesse rimproverarlo ancora per il suo triplo rinnegamento... fino a quando si sentì sollevare dal suo senso di colpa e condurre alle sorgenti del suo altrettanto triplice amore, in modo che fu riscattato e poté autoassolversi nella libertà?
Ecco, gli esegeti chiamano questo modo di procedere di Gesù «fraintendimento giovanneo», ma a me piace chiamarlo anche “strategia pedagogica dell’errore” e gli educatori e gli insegnanti capiscono di che cosa sto parlando: parlo della valorizzazione del disorientamento, o addirittura dell’errore, non per rimanerci, ma al contrario per farne il trampolino di lancio verso le profondità del capire e quindi del vero vivere.
Ma ritorniamo al nostro episodio. Gesù avrebbe potuto dire: “Fra un po’ io verrò ucciso e morirò, così voi non mi vedrete più; poi però io risorgerò, ritornerò vivo, e mi vedrete di nuovo”. Certo in questo modo il Maestro avrebbe detto tutto, tutto spiegato, tutto chiaro, gli apostoli avrebbero capito sicuramente, ma ci avrebbero creduto? Uno muore, poi risorge… boh… che cosa sta dicendo questo qui…
Invece Gesù in questa occasione dice: «Io me ne vado al Padre» e questo detto da Lui è molto più comprensibile e chiaro. E ancora: «Il mondo si rallegrerà e la vostra tristezza si cambierà in gioia» e questo, pur essendo meno comprensibile, è però molto più bello; è uno spargimento di gioia. E poi Gesù si lancia nell’esempio del parto, cioè nel racconto di un evento che ha in sé, intrinsecamente, la capacità potente di cambiare completamente il dolore in gioia: “Così succederà anche a voi” dice «Vi vedrò di nuovo e nessuno potrà togliervi la vostra gioia». Lo smarrimento degli apostoli diventa così lancio verso il Padre e profezia di felicità. E non di una piccola felicità, di una felicità insignificante, qualunque, ma di una grande gioia, capace di cancellare completamente il dolore e di far zampillare la vita.
È questo il regalo di Gesù ai suoi: il fraintendimento come via  verso gli spazi del trascendersi nel capire e nel gioire. L’errore come strumento di rinascita cognitiva e spirituale.
Allora non è così nuova la pedagogia dell’errore vero? Era già lì nel Vangelo, messa in atto dal più grande dei maestri e dei pedagoghi di tutti i tempi. E allora non lamentiamoci quando non capiamo qualcosa: capiremo, quando per Lui sarà venuto il momento giusto. Nel frattempo consiglierei di badare a una cosa soltanto: a rimanere perdutamente innamorati di Lui. Grazie.

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti, 29 maggio 2025

*Ricordo che i fedeli ambrosiani (o della Città del Vaticano, o svizzeri, o tedeschi… o di molti altri Paesi ancora) celebrano proprio oggi l’Ascensione e non domenica prossima.

Fotografia di copertina di Consuelo Brach del Prever

Fotografia di copertina di Consuelo Brach del Prever.