Gli abitanti di Nazareth non accettano la diversità di Gesù: Egli è uno di loro, cresciuto con loro, non può essere migliore. Si dicono scandalizzati, ma in realtà sono invischiati nel sentimento distruttivo dell'invidia. Apprendiamo a conoscere questo impulso negativo, per imparare a difenderci, leggendo il testo o ascoltando dal podcast, registrato per i Missionari comboniani. Per sentire, cliccare sul triangolino bianco nel cerchietto giallo.
Dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 13, versetti da 54 a 58.
Venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.L'invidia e l'olfatto relazionale
Ma perché? Perché questo atteggiamento da parte dei compaesani di Gesù? Non dovrebbero essere orgogliosi di Lui, invece di scandalizzarsi e parlottare tra loro come pettegoli invidiosi e come se il fatto di conoscere i suoi famigliari fosse per sé stesso una ragione per screditare questo profeta di cui tutti parlano… fino al punto da trovare in Lui motivo di scandalo?“Come pettegoli invidiosi” ho detto? Sì, sì, ho detto proprio così: dietro questo atteggiamento non possiamo non vedere, insieme ad altre motivazioni di origine culturale, il vizio capitale dell’invidia.
Parliamone allora, dell’invidia e dei suoi alleati: è necessario, se vogliamo imparare a difenderci. Il mio sarà un racconto di tipo esperienziale, ma non riusciremo a concluderlo oggi, vi avviso, dovremo riprenderlo più avanti, quando ci capiterà di commentare nuovamente questo episodio del Vangelo.
Primo esempio. Può succedere che tu abbia un’amica della quale ti fidi, ma un giorno ti capita di trovarla cambiata: ti guarda in modo obliquo e sfuggente, è visibilmente agitata e ha il respiro un po’ affannato, come se venisse lentamente strozzata. Se il tuo olfatto relazionale è buono, immediatamente senti l'odore dell’invidia. Cerchi allora di parlare con questa amica, ma vedi solo irritazione e se insisti ecco facilmente arrivare l’occhiata inconfondibile dell’odio.
Ma che cosa è successo? Oh è bastato poco: è bastato un tuo articolo che ha raccolto consensi, un complimento o un applauso rivolto a te e non a lei, un tuo parere ripreso con favore dai presenti, un compito che ti è stato affidato… Basta davvero poco.
Avete presente il dipinto del figlio prodigo di Koder, dove all’abbraccio avvolgente del padre, che assume la stessa forma del figlio pentito, per accoglierlo e farlo sentire a casa nel suo stesso corpo, fa riscontro la figura tragicamente sola del fratello maggiore, quello bravo, quello giusto... quello geloso, quello invidioso.
Se le mani dei due personaggi principali si uniscono nell'abbraccio, quelle dell'invidioso si attorcigliano e si chiudono spasmodiche l’una sull’altra; se gli occhi del padre e del figlio minore si serrano quasi a voler trattenere l'immagine dell'altro finalmente ritrovato, lo sguardo del maggiore è ridotto a una fessura ed esprime una sofferenza cattiva, in grado di graffiare e mordere, una sofferenza che non vorrebbe vedere ciò che sta succedendo, ma non può fare a meno di guardare, facendo del male a sé stesso. In questo caso l’invidia si sta alleando con la gelosia e quindi diventa ancora più mordace e pericolosa. Il fratello minore, piangente e grato per il perdono inaspettato, non sa che il maggiore lo ha ormai inserito in una competizione inesorabile: non lo sa, ma lo dovrà sapere, perché l’invidia non rimane chiusa nei sentimenti, ma esige di uscire e di colpire.
Se l’altro, che non vale più di lui, anzi vale meno secondo lui (perché questo si è specializzato a pensare l’invidioso, che ama particolarmente le inutili graduatorie: che gli altri possano valere al massimo quanto lui, ma mai di più), "Se l’altro", dicevo, "ha più di me o è amato più di me è perché ha barato, è un furbo, si è aggiudicato i favori altrui con l’imbroglio, con la tendenza a ingraziarsi i potenti, e quindi qualcuno dovrà fargliela pagare".
Viene in mente a questo proposito il discorso dell’anno scorso, a febbraio, di Papa Francesco, proprio sull’invidia. Vi invito a risentirlo, se potete, e per ora mi fermo qui, però incominciamo a pensarci e chiediamo al Signore che ci tenga lontani da questo cattivo sentimento e domandiamogli che ci guarisca da ogni residua particella di egoismo che possa ancora resistere dentro di noi, per renderci sempre più simili a Lui, sempre più specchio della perfezione del Padre. Grazie!
Mariarosa Tettamanti, giovedì 1 maggio 2025
L'invidia e il mantello della giustizia
Questo vizio infatti fa soffrire chi lo vive a volte in maniera talmente insopportabile che lo costringe spesso a infierire su colui (o colei) che ne è ritenuto la causa: “Io soffro, la colpa è tua, devi soffrire anche tu”. E allora eccolo inventare colpe in realtà inesistenti.Se l’altro, che non vale più di lui, anzi vale meno secondo lui (perché questo si è specializzato a pensare l’invidioso, che ama particolarmente le inutili graduatorie: che gli altri possano valere al massimo quanto lui, ma mai di più), "Se l’altro", dicevo, "ha più di me o è amato più di me è perché ha barato, è un furbo, si è aggiudicato i favori altrui con l’imbroglio, con la tendenza a ingraziarsi i potenti, e quindi qualcuno dovrà fargliela pagare".
E allora l’invidia, soprattutto se sposata alla gelosia, indossa il mantello della giustizia e incomincia a darsi da fare. Eh… L’invidia sa abbigliarsi e mascherarsi molto bene amiche e amici.
E quella donna gentile ed educata che credevi tua amica aspetta con aria furtiva il tuo datore di lavoro per dirgli che tu non sei quella che sembri: le sue preferenze non sono ben riposte, perché i tuoi lavori in realtà non sono fatti bene; dice che tu hai parlato male di lui, che sei falsa, che non dovrebbe fidarsi… e così via. E mentre lo fa, mentre sparla di te, racconta a sé stessa (questo sì è interessante!) che lo sta facendo per amore del lavoro, perché è suo dovere, e cerca persino di crederci, sebbene nel fondo del suo cuore si sedimenti qualcosa di fastidioso, come una voce che sta dicendo sommessamente un’altra verità: “In realtà, tu stai tentando di rovinare una persona, soltanto perché la ritieni più apprezzata di te”. E magari questo maggiore apprezzamento non è nemmeno reale, perché l’invidia si nutre di percezioni soggettive, spesso distorte.
E quella donna gentile ed educata che credevi tua amica aspetta con aria furtiva il tuo datore di lavoro per dirgli che tu non sei quella che sembri: le sue preferenze non sono ben riposte, perché i tuoi lavori in realtà non sono fatti bene; dice che tu hai parlato male di lui, che sei falsa, che non dovrebbe fidarsi… e così via. E mentre lo fa, mentre sparla di te, racconta a sé stessa (questo sì è interessante!) che lo sta facendo per amore del lavoro, perché è suo dovere, e cerca persino di crederci, sebbene nel fondo del suo cuore si sedimenti qualcosa di fastidioso, come una voce che sta dicendo sommessamente un’altra verità: “In realtà, tu stai tentando di rovinare una persona, soltanto perché la ritieni più apprezzata di te”. E magari questo maggiore apprezzamento non è nemmeno reale, perché l’invidia si nutre di percezioni soggettive, spesso distorte.
Il terreno su cui prospera l'invidia
C’è da dire anche che l’invidia prospera sul terreno del narcisismo e dell’egoismo, ai quali però lei dà altri nomi: li chiama giustizia, ad esempio, come abbiamo visto, ma poi entrambi, invidia e narcisismo, se ne vanno in giro a braccetto, imbronciati e seri, spargendo cattiverie e semi di sofferenza…Viene in mente a questo proposito il discorso dell’anno scorso, a febbraio, di Papa Francesco, proprio sull’invidia. Vi invito a risentirlo, se potete, e per ora mi fermo qui, però incominciamo a pensarci e chiediamo al Signore che ci tenga lontani da questo cattivo sentimento e domandiamogli che ci guarisca da ogni residua particella di egoismo che possa ancora resistere dentro di noi, per renderci sempre più simili a Lui, sempre più specchio della perfezione del Padre. Grazie!
N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.
Mariarosa Tettamanti, giovedì 1 maggio 2025
Foto di copertina di Ambrogio Braghetto.