Commento alla chiamata degli Apostoli pescatori, ispirato a un’esegesi del vescovo biblista mons. Pierantonio Tremolada. Partiamo con lui, alla ricerca delle nostre chiamate. Possiamo leggere il testo scritto e/o ascoltare il podcast dei missionari comboniani, cliccando sul triangolino bianco nel cerchietto giallo.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
I personaggi di questo episodio sono praticamente due, Gesù e Simone, e tutto ruota intorno a loro. Intanto, com’è evidente, Gesù è un maestro “diverso” dagli altri maestri del suo tempo e della sua terra, perché non opera solo nelle sinagoghe e non insegna solo di sabato. Gesù cammina invece lungo le rive del lago, percorre le strade delle città e s’intrattiene volentieri con le persone. È un comportamento originale per quel tempo. Simone invece fa il pescatore e ha una barca. Sappiamo che ha anche una suocera e quindi presumibilmente una moglie. Ha due soci Simone: sono i fratelli Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo e anch’essi proprietari di una barca. Ora stanno lavando le reti, come fanno di solito ogni mattina. Gesù non è uno sconosciuto per Simone: come si dice nel capitolo quarto di questo stesso Vangelo, infatti, il Maestro è già stato nella sua casa a Cafarnao, dove ha guarito la suocera dalla febbre. Possiamo quindi immaginare che il pescatore provi per Gesù riconoscenza e ammirazione. Questo è lo sfondo scenico, da guardare bene con gli occhi dell’immaginazione.
Contrariamente a ogni aspettativa logica, la pesca della seconda volta è esageratamente abbondante e davanti a questo spettacolo Simone, invece di gioire, s’impaurisce. Capisce che Gesù non è soltanto un maestro: c’è qualcosa di più in Lui, qualcosa che viene da Dio, e allora lo chiama «Signore» e lo prega di allontanarsi: «Io sono un peccatore» gli dice. Conosce bene sé stesso il nostro pescatore, avverte la sua indegnità.
Dal Vangelo secondo Luca, capitolo 5, versetti da 1 a 11
Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Genèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Lo sfondo scenico
Lo scenario nel quale ci troviamo è il lago di Galilea, che veniva chiamato anche, come in questo caso, lago di Gennesaret, forse a causa della sua forma, che ricorda quella di un’arpa antica. Chi l’ha visto dice che si tratta di uno specchio d’acqua bellissimo e pescoso.I personaggi di questo episodio sono praticamente due, Gesù e Simone, e tutto ruota intorno a loro. Intanto, com’è evidente, Gesù è un maestro “diverso” dagli altri maestri del suo tempo e della sua terra, perché non opera solo nelle sinagoghe e non insegna solo di sabato. Gesù cammina invece lungo le rive del lago, percorre le strade delle città e s’intrattiene volentieri con le persone. È un comportamento originale per quel tempo. Simone invece fa il pescatore e ha una barca. Sappiamo che ha anche una suocera e quindi presumibilmente una moglie. Ha due soci Simone: sono i fratelli Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo e anch’essi proprietari di una barca. Ora stanno lavando le reti, come fanno di solito ogni mattina. Gesù non è uno sconosciuto per Simone: come si dice nel capitolo quarto di questo stesso Vangelo, infatti, il Maestro è già stato nella sua casa a Cafarnao, dove ha guarito la suocera dalla febbre. Possiamo quindi immaginare che il pescatore provi per Gesù riconoscenza e ammirazione. Questo è lo sfondo scenico, da guardare bene con gli occhi dell’immaginazione.
La scena si anima
Ma ecco che il quadro si anima e le azioni incominciano a dipanarsi. Il primo a muoversi è Gesù, il quale chiede a Simone di salire sulla sua barca e da lì parla alle folle, che lo seguono perché hanno capito che le sue parole sono in realtà la Parola, cioè la rivelazione dei pensieri di Dio attraverso la predicazione profetica. Terminato il suo insegnamento, Gesù dice a Simone: «Prendi il largo e gettate la rete per la pesca». La richiesta è chiara, però è strana e inaspettata: si pesca di notte, non di giorno!
«Maestro, abbiamo pescato tutta la notte e non abbiamo preso nulla» protesta sorpreso Simone, ma subito aggiunge: «sulla tua parola io getterò le reti». È strano anche l’atteggiamento di Simone, guardate: lui è un lavoratore, è un capofamiglia, è un uomo abituato a non perdere tempo, non è uno sprovveduto o un visionario. Eppure… evidentemente si fida di Gesù.
Perché?
Ma perché il Maestro invita Simone a tornare al largo e gettare le reti? Prima di tutto perché ha visto le reti vuote e la frustrazione dei lavoratori e questo sicuramente gli dispiace, ma soprattutto vuole offrire un “segno” che rinforzi la fiducia dei pescatori in Lui. Ne ha bisogno, anzi ne hanno bisogno i pescatori, perché ciò che Gesù chiederà fra poco sarà il ribaltamento totale della loro vita. Simone dunque si fida, ma si fida «sulla sua parola», cioè su quella meravigliosa, rivoluzionaria Parola, che viene rivolta prima alle folle e poi a lui personalmente.Contrariamente a ogni aspettativa logica, la pesca della seconda volta è esageratamente abbondante e davanti a questo spettacolo Simone, invece di gioire, s’impaurisce. Capisce che Gesù non è soltanto un maestro: c’è qualcosa di più in Lui, qualcosa che viene da Dio, e allora lo chiama «Signore» e lo prega di allontanarsi: «Io sono un peccatore» gli dice. Conosce bene sé stesso il nostro pescatore, avverte la sua indegnità.
Parole difficili e intriganti
E a questo punto ecco esplodere le parole centrali di tutta la vicenda: «Non temere» dice Gesù (“Non temere se sei indegno” sta dicendo) «d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Ma che cosa vogliono dire concretamente queste parole? Secondo quanto riferisce il biblista mons. Tremolada, il verbo greco utilizzato dall’evangelista, a un'analisi attenta, andrebbe tradotto così: «Sarai uno che prende vivi gli uomini», uno cioè che prenderà come in una rete gli uomini, ma per farli vivere pienamente, non per farli morire, come invece succede con i pesci veri quando vengono pescati. Per questo la rete diventerà una delle prime immagini della Chiesa nascente, l’immagine di una comunità che riunisce i credenti perché sperimentino il gusto della vita vera. Lo hanno capito bene i bambini di una cittadina milanese, che hanno rappresentato sé stessi in un pesciolino personalizzato e l’hanno messo nella rete di Pietro, su una grande barca di legno.* Ma poi i piccoli pesci colorati sono usciti dalla rete e... dove sono andati? Sulle pareti della cappellina dell’oratorio, per volare incontro a Gesù: pescati sì, ma per stare con Gesù, che insegna a trovare la felicità.
Ma torniamo sul nostro lago insieme a Simone. Che cosa significhi questo “pescare gli uomini” e come succederà, lui non può nemmeno immaginarlo, non può vedere nel futuro: lo sappiamo noi, grazie ai racconti degli Atti degli Apostoli. Simone e i suoi amici, però, capiscono che Gesù li sta chiamando a cambiare vita e sta invitando proprio loro, la cui esistenza è già tutta strutturata e decisa. Non ci sono condizioni che limitino la convocazione di Dio, non ci sono età, non ci sono professioni. E allora «Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono».
Primo. Dio è continuamente alla ricerca di collaboratori e a ognuno di noi offre l’onore di aiutarlo. Cerca uomini giusti che siano suoi testimoni. Chiama e aspetta una risposta. Non importa se la nostra vita non è perfetta: l’esperienza del peccato e il senso di indegnità fanno parte del nostro vissuto quotidiano e proprio per questo l’incontro con Dio è prima di tutto esperienza di misericordia.
Secondo. La Parola di Dio accolta nella fede compie meraviglie, “rende capaci” nonostante la nostra inettitudine, come sperimenta Simone quando getta le reti per la seconda volta. E c’è sempre una seconda volta, c’è sempre un’altra possibilità.
Terzo... ascoltate. Alla fin fine credere è permettere a Dio di esprimersi per ciò che Lui è, nella nostra vita e attraverso la nostra vita. Permettere a Dio di esprimersi: questo è avere fede. Pazzesco, quasi chimerico, utopistico… eppure VERO. Grazie.
Chiamate per persone imperfette
Proviamo a penetrare un po’ più profondamente nel testo, per scoprire che cosa dice a noi questo episodio. É sempre mons. Tremolada che ci guida.Primo. Dio è continuamente alla ricerca di collaboratori e a ognuno di noi offre l’onore di aiutarlo. Cerca uomini giusti che siano suoi testimoni. Chiama e aspetta una risposta. Non importa se la nostra vita non è perfetta: l’esperienza del peccato e il senso di indegnità fanno parte del nostro vissuto quotidiano e proprio per questo l’incontro con Dio è prima di tutto esperienza di misericordia.
Secondo. La Parola di Dio accolta nella fede compie meraviglie, “rende capaci” nonostante la nostra inettitudine, come sperimenta Simone quando getta le reti per la seconda volta. E c’è sempre una seconda volta, c’è sempre un’altra possibilità.
Terzo... ascoltate. Alla fin fine credere è permettere a Dio di esprimersi per ciò che Lui è, nella nostra vita e attraverso la nostra vita. Permettere a Dio di esprimersi: questo è avere fede. Pazzesco, quasi chimerico, utopistico… eppure VERO. Grazie.
* L'esperienza con i pesciolini personalizzati è suggerita dai percorsi per la catechesi dell'Iniziazione cristiana della diocesi di Milano.
N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.
Mariarosa Tettamanti, 9 febbraio 2025
Mariarosa Tettamanti, 9 febbraio 2025
Immagine di copertina: la barca di Pietro, costruita dai bambini di Nova Milanese con i catechisti.