Questa narrazione racconta un momento di grande paura vissuto dagli Apostoli, ma insieme parla anche dei nostri terrori e delle ansie che spadroneggiano in alcune delle nostre giornate. Ma qual è la risposta di Gesù? Dov'è Lui quando noi lo invochiamo? Ascoltiamo, dal podcast dei Missionari comboniani, cliccando sul triangolino bianco, oppure leggiamo nel testo scritto.
Sto cercando di descrivere la narrazione pittorica di Rembrandt, che in una sua opera molto nota rappresenta la barca degli Apostoli nella tempesta. La concitazione dei discepoli è visibilissima: alcuni non si rassegnano e tentano ancora, nonostante tutto, di sottomettere l’imbarcazione ormai ingovernabile, opponendosi alla forza dell’acqua che vorrebbe travolgerli, altri invece, gesticolando agitati, chiamano Gesù: uno di loro addirittura lo scuote con una mano. Lui si sta svegliando, ma rimane calmo, tranquillo; ascolta le grida dei suoi, ma mantiene un’espressione interrogativa, quasi stupita: “Che cosa vogliono questi qui? Di che cosa hanno paura?”.
Dal Vangelo secondo Marco, capitolo 4, versetti da 35 a 41.
In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse loro: «Passiamo all'altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che siamo perduti?» Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!» Il vento cessò e ci fu una grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» Ed essi furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?»La narrazione pittorica di Rembrandt
Un ammasso indistinto di nuvole nere copre il cielo verso est e lo sta invadendo completamente, mangiandosi la poca luce ormai livida, che ancora resiste, e un rimasuglio di azzurro sporcato dal grigio. Le onde si alzano con violenza e s’impadroniscono della barca, riempiendola d’acqua e tentando di rovesciarla. Le vele si piegano e i naviganti cercano inutilmente di trattenerle, contrastando la ferocia del vento: il momento è veramente tragico.Sto cercando di descrivere la narrazione pittorica di Rembrandt, che in una sua opera molto nota rappresenta la barca degli Apostoli nella tempesta. La concitazione dei discepoli è visibilissima: alcuni non si rassegnano e tentano ancora, nonostante tutto, di sottomettere l’imbarcazione ormai ingovernabile, opponendosi alla forza dell’acqua che vorrebbe travolgerli, altri invece, gesticolando agitati, chiamano Gesù: uno di loro addirittura lo scuote con una mano. Lui si sta svegliando, ma rimane calmo, tranquillo; ascolta le grida dei suoi, ma mantiene un’espressione interrogativa, quasi stupita: “Che cosa vogliono questi qui? Di che cosa hanno paura?”.
Ma facciamo un passo indietro e andiamo con ordine. L’ambiente geografico in cui si svolge l’episodio è il lago di Galilea, mentre il contesto relazionale, costituito essenzialmente dal rapporto tra il Maestro e i discepoli, è ancora in fase di chiarimento.
In questo episodio Gesù dorme e quindi è assente: il sonno infatti provoca una mancanza, una non presenza che sottrae, pur momentaneamente, al contatto con gli altri. Ma come può dormire Gesù nel mezzo di una tempesta? Il quadro di Rembrandt, con la sua forza evocativa, porta all’orecchio dei rumori assordanti: il fragore dell’acqua impazzita, che batte contro il legno della barca, il sibilo frastornante del vento, lo strepito delle vele, le grida terrorizzate degli uomini… e Gesù dorme!
Possiamo immaginare la meraviglia e la paura dei discepoli, i quali capiscono di non aver ancora scoperto tutto di questo imprevedibile maestro. A ciò che sanno già di Lui, devono aggiungere qualcosa di veramente incredibile: quest’uomo si fa obbedire dal vento e dal mare! «Ma chi è dunque costui?» si chiedono.
Passerà del tempo prima che arrivino a rispondere “Quest’uomo è Dio”. Passerà del tempo e passerà il dolore impossibile per la sua morte, quando il sonno del Maestro sembrerà definitivo; verrà poi il tempo benedetto e felice delle apparizioni e arriverà infine il dono dello Spirito Santo, in quel mattino di luce in cui tutto si chiarirà. Solo allora i discepoli riusciranno a leggere questo episodio nella sua giusta luce: sottomettendo il mare e il vento, Gesù aveva dato luogo a una creazione nuova, anzi all’altro aspetto della creazione, quello che si chiama redenzione. É proprio Lui il Figlio unigenito presente alla prima creazione, è Lui.
Ora però se non altro essi capiscono che possono fidarsi di Lui: il Maestro sembrava assente, ma in realtà era presente, non li ha mai abbandonati. Per la domanda «Chi è costui?» hanno sicuramente una risposta: “È uno che ci ama, uno che non ci abbandona”.
E se Lui non risponde? Vuole solo dire che risponderà più avanti. Sembra dormire, ma non ci sta abbandonando.
“Dai a me le tue paure” dice Gesù: “Lascia che ci pensi io”. Possiamo credergli, amici, possiamo continuare a fidarci di Lui. Grazie!
Mariarosa Tettamanti, 1 febbraio 2025
Il segreto di Gesù
E sì, Gesù riesce a dormire perché ha un segreto: è completamente affidato al Padre, alla sua cura, sa di essere al sicuro con Lui. Poi Gesù si sveglia e, come se si trattasse di una cosa di tutti i giorni, spegne il vento e zittisce l’acqua.Possiamo immaginare la meraviglia e la paura dei discepoli, i quali capiscono di non aver ancora scoperto tutto di questo imprevedibile maestro. A ciò che sanno già di Lui, devono aggiungere qualcosa di veramente incredibile: quest’uomo si fa obbedire dal vento e dal mare! «Ma chi è dunque costui?» si chiedono.
Passerà del tempo prima che arrivino a rispondere “Quest’uomo è Dio”. Passerà del tempo e passerà il dolore impossibile per la sua morte, quando il sonno del Maestro sembrerà definitivo; verrà poi il tempo benedetto e felice delle apparizioni e arriverà infine il dono dello Spirito Santo, in quel mattino di luce in cui tutto si chiarirà. Solo allora i discepoli riusciranno a leggere questo episodio nella sua giusta luce: sottomettendo il mare e il vento, Gesù aveva dato luogo a una creazione nuova, anzi all’altro aspetto della creazione, quello che si chiama redenzione. É proprio Lui il Figlio unigenito presente alla prima creazione, è Lui.
Ora però se non altro essi capiscono che possono fidarsi di Lui: il Maestro sembrava assente, ma in realtà era presente, non li ha mai abbandonati. Per la domanda «Chi è costui?» hanno sicuramente una risposta: “È uno che ci ama, uno che non ci abbandona”.
E noi?
E noi? E sì, questo testo parla anche di noi, eccome se parla di noi: parla dei nostri terrori e delle nostre disperazioni, parla dei nostri momenti peggiori, quando la vita entra nell’ansia della tempesta. Può essere il vento della malattia e della morte a sconvolgere le nostre giornate, oppure le onde impazzite del male e del tradimento che si riversano sulla nostra povera barchetta, che sembra non reggere più, o, peggio ancora, il buio di una fede che perde di significato. Allora urliamo con forza a Dio: “Dove sei Signore? Dormi? Non t’importa come stiamo? Non vedi che non ce la facciamo più?”.E se Lui non risponde? Vuole solo dire che risponderà più avanti. Sembra dormire, ma non ci sta abbandonando.
“Dai a me le tue paure” dice Gesù: “Lascia che ci pensi io”. Possiamo credergli, amici, possiamo continuare a fidarci di Lui. Grazie!
N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.
Immagine di copertina dalla tempesta sedata di Rembrandt