C'è una pecora fortunata nei racconti di Gesù, una pecora che deve la sua fortuna al "cuore divergente" del suo pastore, e annuncia anche per noi la sua stessa buona sorte. Nel post, insieme al testo scritto, c'è un podcast dei Missionari comboniani: per ascoltarlo, clicca sul triangolino bianco contenuto nel cerchietto giallo.
Dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 18, versetti da 12 a 14.
Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda.La scelta saggia di un vecchio parroco
Il mio vecchio parroco, che ci voleva un bene dell’anima, ma non aveva peli sulla lingua, spesso incominciava le sue omelie dicendo: “Oh… Voi adulti mi scuserete se oggi parlo ai bambini, ma è che, se capiscono i bambini, sicuramente capite anche voi”. Ecco, questa parabola sembra una storiella più adatta ai bambini che ai grandi e quindi nessuno si scandalizzerà se io sospetto che anche Gesù ogni tanto la pensasse proprio come il mio parroco. Allora io oggi vi propongo di entrare in questa narrazione con lo sguardo incantato e il cuore pulito dei bambini e poi se volete potrete far ascoltare questa storia proprio a loro, ai nostri piccoli. Proviamo a fingere di non avere mai sentito questo racconto, di non conoscerlo e l’affrontiamo come una storia nuova.
«Un uomo ha cento pecore» racconta infatti Gesù nel Vangelo». Cento. Non sono poche cento pecore, formano un bel gregge.
Questo pastore sicuramente porta le sue pecore di giorno a pascolare, per nutrirle, e le disseta ai ruscelli o ai pozzi, come fanno tutti i pastori. La sera le riporta nel recinto e mentre entrano le conta, altrimenti non potrebbe sapere se ci sono tutte o no.
Una sera come sempre le conta: “Una, due, tre, quattro, cinque... sei, sette… dieci, undici... venti, trenta, quaranta… novantanove! Come novantanove? Perché novantanove? Devono essere cento e sono novantanove?” Il pastore le riconta, ma le pecore sono sempre novantanove: il numero non cambia!
Una storia nuova, mai sentita
Immaginiamo di trovarci in una vallata bellissima, assolata, luminosa, sovrastata da uno stupendo cielo azzurro. Sull’erba verde non ancora alta avanza un pastore. È un bel pastore sapete e ha una faccia simpatica; tiene sulle spalle una pecorella e tutti e due sorridono. Non si sa perché, non si sa per che cosa, ma entrambi sorridono. Tutti e due. A sinistra, lontano lontano, si vede un gregge tutto raccolto dentro un recinto. Il pastore sta andando proprio verso quel gregge: si vede che è lui il padrone di quelle pecore. Ma quante saranno quelle pecore? Mah… così a occhio e croce potrebbero essere un centinaio.«Un uomo ha cento pecore» racconta infatti Gesù nel Vangelo». Cento. Non sono poche cento pecore, formano un bel gregge.
Questo pastore sicuramente porta le sue pecore di giorno a pascolare, per nutrirle, e le disseta ai ruscelli o ai pozzi, come fanno tutti i pastori. La sera le riporta nel recinto e mentre entrano le conta, altrimenti non potrebbe sapere se ci sono tutte o no.
Una sera come sempre le conta: “Una, due, tre, quattro, cinque... sei, sette… dieci, undici... venti, trenta, quaranta… novantanove! Come novantanove? Perché novantanove? Devono essere cento e sono novantanove?” Il pastore le riconta, ma le pecore sono sempre novantanove: il numero non cambia!
È chiaro, una si è persa. Non si sa come, non si sa perché, ma si è persa. Che cosa fa allora il pastore? Secondo me, potrebbe scegliere di fare quattro cose.
Prima scelta. Il pastore dice: “Peggio per lei. Avrebbe potuto stare attenta, rimanere con le sue compagne; avrebbe potuto obbedire e venire dietro a me e starmi vicina, ma se n’è andata. Si è persa, peggio per lei. Anzi, guarda, sono talmente arrabbiato che se il lupo la mangia mi fa anche un piacere”. E va a letto.
Seconda scelta. Il pastore dice: “Adesso andrei anche a cercarla, quella sventatella, ma è calata la notte, è sceso il buio, è arrivata l'umidità… Come faccio ad andare in giro adesso? Come faccio a vederla? Non posso rischiare di finire in un crepaccio o di prendermi una polmonite a causa sua! Allora, per adesso vado a dormire e mi riposo. Domani mattina, quando porto in giro le altre, la cerco e la chiamo: se la trovo, va bene, se invece l’ha mangiata il lupo, pazienza, dopo tutto ne ho altre novantanove!”
Terza scelta. Il pastore dice: “Oh sentite, io sono stanco, me ne vado a riposare e poi semmai ci penserò domani”.
Quarta scelta. Il pastore va subito a cercare la sua pecora.
Seconda scelta. Il pastore dice: “Adesso andrei anche a cercarla, quella sventatella, ma è calata la notte, è sceso il buio, è arrivata l'umidità… Come faccio ad andare in giro adesso? Come faccio a vederla? Non posso rischiare di finire in un crepaccio o di prendermi una polmonite a causa sua! Allora, per adesso vado a dormire e mi riposo. Domani mattina, quando porto in giro le altre, la cerco e la chiamo: se la trovo, va bene, se invece l’ha mangiata il lupo, pazienza, dopo tutto ne ho altre novantanove!”
Terza scelta. Il pastore dice: “Oh sentite, io sono stanco, me ne vado a riposare e poi semmai ci penserò domani”.
Quarta scelta. Il pastore va subito a cercare la sua pecora.
Guardate, io credo proprio che il pastore sceglierà la prima opzione. É stata la pecora ad allontanarsi, non l’ha mandata via lui. Peggio per lei, no? Questo pastore poi ha cento pecore: una in più o in meno, su cento, non è una grande perdita. Secondo me, farebbe bene a scegliere la prima ipotesi e dire: “Si arrangi quella pecora disubbidiente!”
Invece il pastore di questa parabola che cosa fa? Fa la cosa più sciocca, secondo me: va subito a cercare la pecora! Subito va a cercarla, subito. Non aspetta neanche che venga l'alba, che ci sia un po' di luce. No, no: va subito, nel bel mezzo della notte, nella notte umida, nella notte buia e spaventosa. Non ha paura di nulla: va a cercare la sua pecora e «se riesce a trovarla» dice Gesù nel Vangelo «si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite».
Invece il pastore di questa parabola che cosa fa? Fa la cosa più sciocca, secondo me: va subito a cercare la pecora! Subito va a cercarla, subito. Non aspetta neanche che venga l'alba, che ci sia un po' di luce. No, no: va subito, nel bel mezzo della notte, nella notte umida, nella notte buia e spaventosa. Non ha paura di nulla: va a cercare la sua pecora e «se riesce a trovarla» dice Gesù nel Vangelo «si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite».
Ma chi è questo pastore?
Oh ma è proprio un pastore strano questo! Chiudiamo di nuovo gli occhi e guardiamolo ancora. Ma a voi non sembra che… assomigli a qualcuno? Non vi sembra di conoscerlo, di averlo già visto? Ma certo, questo pastore assomiglia a Gesù! È Gesù questo pastore! Quindi non solo Gesù ha raccontato questa storia, ma ha parlato di sé stesso!
E se questo pastore è Lui, allora noi siamo le pecore e stiamo insieme in questo gregge che è la Chiesa, la nostra comunità. E quella pecora lì, proprio quella lì che si è persa e lui si è presa in braccio, siamo ancora noi quando ci allontaniamo da Lui e dalla nostra comunità, perché scegliamo il peccato e il male invece del bene.
E qual è la bella notizia che ci comunica Gesù a questo proposito? Ci dice che ci viene a cercare anche quando noi gli giriamo le spalle. Ma perché? Perché Gesù fa così?
Lo dice lui stesso: «Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda». Diciamocelo chiaro: non esistono nella realtà pastori che cercano l'unica pecora che si è persa e la cercano finché la trovano, in mezzo al buio e all’umidità della notte …
E qual è la bella notizia che ci comunica Gesù a questo proposito? Ci dice che ci viene a cercare anche quando noi gli giriamo le spalle. Ma perché? Perché Gesù fa così?
Lo dice lui stesso: «Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda». Diciamocelo chiaro: non esistono nella realtà pastori che cercano l'unica pecora che si è persa e la cercano finché la trovano, in mezzo al buio e all’umidità della notte …
Un comportamento divergente
Eh… questo comportamento viene dal pensiero divergente (cioè che si divide, diverge) di Gesù. Lui fa così proprio perché non la pensa come noi: il suo pensiero è diverso e molto più creativo e ampio del nostro, ma se noi lo seguiamo, anche il nostro pensare cambia e diventa come il suo, cioè capace di trovare soluzioni diverse e multiple ai problemi... e così noi diventiamo divergenti rispetto ai non cristiani. E questo è molto molto bello.Evidentemente iI pastore della parabola, cioè Gesù, pensa che, se mancasse anche una sola pecora, il gregge non sarebbe più quello di prima. Ma se il gregge è la Chiesa, vuol dire che se manca uno solo di noi, la Comunità cristiana non è più quella di prima.
E sì, perché il peccato non ferisce solo chi lo commette e magari le persone che vengono offese, ma anche la Chiesa, perché dentro la Chiesa siamo intimamente uniti, così legati che il male di uno diventa il male di tutti. Allora il perdono che fa crescere l'amicizia con Dio e l'amicizia tra noi diventa motivo di gioia, non solo per noi e per Gesù, ma per tutta la Chiesa, anche per la Chiesa che vive in Paradiso.
E allora, amiche e amici, prima di Natale ricordiamoci di confessarci, cioè di farci trovare da Gesù che ci viene a cercare. Non nascondiamoci, non imboschiamoci, non deludiamo il nostro pastore! Grazie!
N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.
Mariarosa Tettamanti, 10 dicembre 2024
Immagine di copertina di Koder