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Tra pilastri e dimensioni, la bella vita di chi crede (slide e relazione)


«[I credenti]  erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere»: la citatissima frase di At2,42 disegna attraverso quattro esperienze fondamentali, tradizionalmente chiamate «pilastri», la vita della prima Chiesa, cioè, come sappiamo, la vita della Chiesa di tutti i tempi. Poiché la catechesi è introduzione alla vita cristiana, non può non situarsi all'interno di queste quattro colonne, alle quali chiede di suggerire e ordinare le esperienze: nascono così le dimensioni della catechesi, consegnate dalla CEI alla Chiesa italiana nel 1991 e riportate ancora oggi con qualche modifica nei vari progetti catechistici diocesani.* Il rapporto tra dimensioni e pilastri è affascinante e tutto da scoprire e approfondire: le slide allegate lo analizzano e presentano. Le parole in rosso si riferiscono alla disabilità. In calce al presente post si trova la relazione verbale.



Il vissuto, dimensione trasversale della catechesi, a partire dalla Chiesa primitiva

Il libro degli Atti degli Apostoli, al capitolo 2, illustra in poche parole la vita dei primi cristiani: Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Come si vede, sono quattro le esperienze vissute da chi decideva di seguire l’insegnamento del maestro di Nazareth, quattro cioè i pilastri che sostenevano la Chiesa primitiva: 1. ascoltare con continuità la Parola di Gesù dagli Apostoli; 2. vivere l’unità e la fraternità, atteggiamenti che disegnavano dal punto di vista relazionale la vita nuova della Chiesa; 3. spezzare il Pane ripetendo i gesti di Gesù nell’ultima cena e cibandosi del suo corpo e del suo sangue; 4. pregare. E tutto questo avveniva all’interno di una vita quotidiana che apparentemente non cambiava, perché, a parte gli Apostoli, chi aveva una famiglia continuava ad averla e chi lavorava continuava a svolgere il proprio lavoro. 
Però questa vita che non cambiava finiva sotto la luce della Parola di Dio insegnata dagli Apostoli, la quale suscitava la fede, spargendo significati esistenziali nuovi, aprendo scenari esperienziali impensabili e dichiarando l’esigenza di essere pregata e celebrata nell’Eucaristia. Dal canto suo, l’esperienza della celebrazione eucaristica non poteva non far emergere nei primi cristiani la consapevolezza di non essere più gli stessi: era inevitabilmente nato in loro un amore prima sconosciuto, che si traduceva concretamente nel bisogno vitale di aiutarsi, di vivere come fratelli, addirittura di mettere in comune ciò che avevano... e così facendo vivevano la Chiesa. 
La loro quotidianità si muoveva insomma nella concretezza circolare della vita cristiana: dal vissuto alla Parola, dalla Parola alla celebrazione, dalla celebrazione alla vita comunitaria della Chiesa, dalla vita comunitaria e fraterna di nuovo al vissuto quotidiano… ma questa volta completamente rinnovato, finché tutta la vita diventava vita di Chiesa. In altri termini, la Parola di Dio, la celebrazione e la preghiera, entrando nella vita, suscitavano la fraternità, dotando tutto il quotidiano dello spessore della carità. 

Il vissuto era quindi un elemento trasversale rispetto alle altre esperienze, il terreno da innaffiare e rendere fecondo attraverso l’incontro con la Scrittura, con la liturgia e la preghiera, con la comunione tra fratelli. In questo modo la vita dei cristiani cambiava fin dalle più intime radici, perché la fede che li abitava ribaltava radicalmente molti valori e dava a tutta l’esistenza scopi e contenuti diversi, ma anche emozioni, sapori spirituali, colori e luci provenienti da un infinito vivibile nel presente attraverso la celebrazione liturgica. Si passava così da un vissuto all’altro, all’interno di un’economia di Grazia in crescendo continuo. 
Queste colonne non sostenevano soltanto la Chiesa primitiva, ma sorreggono la Chiesa di tutti i tempi, quindi anche la Chiesa del terzo millennio. Questo è pertanto il tipo di vita nel quale anche noi siamo immersi dai tempi del nostro Battesimo. 

Ora, se la catechesi dell’Iniziazione è introduzione alla vita cristiana, attraverso l’incontro con Gesù e l’innesto profondo nella comunità, essa non può non giocarsi all’interno di queste quattro colonne, che la circoscrivono, prendendo nel suo contesto il nome di linee o dimensioni. Si tratta delle quattro dimensioni della catechesi (vita dei fanciulli, Bibbia, liturgia e preghiera, educazione morale) consegnate dalla CEI alla Chiesa italiana nel ‘91 e riprese, con qualche modifica, da varie diocesi. Mentre Roma, ad esempio, chiama le dimensioni "esperienze" e le declina con dei predicati all'infinito (ascoltare la Parola, celebrare, pregare, vivere la comunità) Milano le chiama vissuto, Parola di Dio, liturgia e preghiera, Chiesa. Precisiamo subito che la catechesi non assorbe e non risolve in sé gli aspetti presentati da queste dimensioni, ma ad essi si riferisce e con essi interloquisce, per mutuare contenuti e attività e per orientare i propri obiettivi. Come si vede, la corrispondenza tra i pilastri della Chiesa e le dimensioni della catechesi è perfetta, se, come ha fatto la CEI, uniamo la celebrazione eucaristica alla preghiera e se manteniamo il vissuto come linea trasversale alle altre dimensioni. 

Ma che cosa intendiamo concretamente parlando di vissuto? Intendiamo innanzitutto l’esperienza della vita quotidiana dei bambini, che si svolge principalmente nelle loro case e nelle famiglie, ma anche a scuola, all’oratorio, sul campo da calcio o da pallavolo e in palestra; intendiamo insomma tutti i contesti sociali nei quali vivono i ragazzi, compresi i luoghi della sofferenza, come gli ospedali per le lunghe degenze o gli istituti riabilitativi per i bimbi con disabilità. 
La catechesi è chiamata a irrigare questi ambienti, come anche a conoscere e interpellare i luoghi della cultura infantile, ad esempio i libri per ragazzi, i giochi collettivi, i media. È importante altresì avere sempre sott’occhio e tenere conto della situazione personale di ogni bambino, della sua salute e delle sue emozioni, che vanno dalla gioia all’entusiasmo alla sofferenza, la quale chiede aiuto e dedizione. 
Il motivo principale di questa presa in carico è che in tutti questi spazi, reali virtuali affettivi ed emotivi, è possibile un personale incontro con Dio, al quale affidare desideri, attese, ricerche: il bambino è capace di Dio, è aperto a Dio… anzi il bambino ha bisogno di Dio. Ce lo dice Maslow, con la sua gerarchizzazione dei bisogni innati nell’uomo, i quali vanno dalle esigenze fisiologiche a quelle della sicurezza, dall’appartenenza alla stima all’autorealizzazione e finalmente alla trascendenza. A loro volta i bisogni vengono dalle caratteristiche dell’essere umano: la corporeità detta i bisogni fisiologici; la fragilità produce il bisogno di sicurezza; la relazionalità conduce al bisogno di appartenenza; la socialità esprime l’esigenza del riconoscimento sociale; la capacità di pensare, di conoscere e di fare esige l’autorealizzazione, mentre l’intelligenza spirituale, teorizzata da Gardner e chiamata religiosità da Buber e da tanti altri autori, manifesta il bisogno della trascendenza: l’uomo è capace di sentire, immaginare, pensare, desiderare e conoscere andando al di là dei fatti e quindi del pensiero fattuale. Per la fenomenologia e la storia delle religioni questo sentimento si chiama numinoso e si configura come un’intuizione di Dio in quanto forza altra da sé, che incombe e attrae, propria di tutti i popoli preistorici e antichi. Secondo il mito biblico delle origini, potrebbe infine essere quel senso d’incompiutezza che faceva desiderare ai progenitori di essere come Dio.  

Anche per ciò che riguarda la catechesi tutte le dimensioni si rapportano al vissuto: la Scrittura sacra, attraverso diverse strategie esperienziali e didattiche, è calata nel vissuto; la preghiera, risposta umana alla Parola, è sperimentata in catechesi ed esportata nelle famiglie fino a punteggiare sistematicamente il vissuto, creando spazi di relazione con Dio; la celebrazione dei sacramenti, alla quale i bambini sono preparati e avviati, li toglie momentaneamente dal vissuto dell’ordinarietà, per immergerli in un’esperienza “altra” e poi rilanciarli in una normalità da costruire come nuova, e sarà nel conoscere e vivere la Comunità ecclesiale, accompagnati dalla catechista e dal gruppo dei pari, che si concretizzerà vitalmente la loro esistenza rinnovata. In pratica, nell’esperienza catechistica, noi partiamo dalla Parola di Dio, annodandola da subito alla vita dei bambini e delle loro famiglie, perché dal Vangelo essa sia interpretata e orientata; conduciamo i bimbi alla preghiera e a celebrare nel vissuto liturgico ciò che la Scrittura dice al quotidiano e li aiutiamo a tradurre il dono dei sacramenti ricevuti, che sono fonti di vita nuova, in un’esistenza moralmente buona e permeata dalla carità, all’interno della Chiesa. La trasversalità del vissuto chiede quindi di essere considerata in ognuna delle altre dimensioni della catechesi: 
Come inserire questa Parola di Dio nel vissuto e il vissuto nella Parola? 
Quali sono le caratteristiche del vissuto celebrativo? Come si passa dall’ordinarietà del quotidiano al vissuto liturgico e viceversa? Come costruire con i bambini un tessuto di esperienza celebrativa continua? Come inserire la preghiera nel vissuto quotidiano?
Quali sono le caratteristiche irrinunciabili del vissuto nella Chiesa? Come vivremo la carità e l’etica cristiana all’interno del vissuto ecclesiale?
Si tratta di domande ovviamente soltanto esemplificative, che trovano risposte nei percorsi della catechesi.

L’unitarietà voluta dalle dimensioni si manifesta nell’esperienza ed è garantita dalla corrispondenza non biunivoca tracciata dal loro rincorrersi e rimandarsi a vicenda. Tale dinamica è facilmente evidente nei loro movimenti all’interno delle Tappe dei sussidi Con Te! della Diocesi milanese. E non dobbiamo nemmeno dimenticare che a livello didattico queste dimensioni, cioè queste linee portanti della catechesi, a causa della pluralità dei linguaggi e delle proposte che richiedono per la loro attuazione, interpellano ed educano l’intelligenza multipla dei ragazzi (soprattutto, insieme all’intelligenza verbale e logica, musicale e artistica, cinestetica e pratica, le capacità spirituali, etiche, relazionali e intrapsichiche) aprendo i percorsi in modo particolare all’inclusione dei bambini con disabilità. 

Sperimentando le dimensioni in maniera unitaria e in relazione circolare atemporale (cioè non in ordine cronologico), noi abilitiamo i fanciulli a stare nell’ordito della vita intrecciandolo in maniera feconda con la trama della fede (la quale, come abbiamo capito, è suscitata dalla Parola, alimentata dalla celebrazione e dalla preghiera e capace, agganciandosi alla carità, di traghettare il vissuto quotidiano nella vita della Chiesa): questa è l’iniziazione cristiana, stoffa pregiata e utile per un’esistenza carica di letizia… Perché non basta essere al mondo, bisogna anche essere felici: «Noi esistiamo per lanciare e rilanciare un Annuncio che entri in ogni esistenza, rendendola feconda e carica di gioia» diceva un saggio e santo padre spirituale milanese, don Romano Martinelli.
Già, perché Dio ci crea e poi per tutta la nostra vita cerca d’insegnarci come essere felici attraverso la fede, felici persino quando si vive l’esperienza distruttiva del dolore. É questo ciò che noi siamo chiamate a fare, è questa la nostra fortuna e la bellezza della nostra vocazione: auguri catechiste!

Mariarosa Tettamanti, 14 novembre 2024

*Alcune parti del presente lavoro sono tratte dal laboratorio "Parola e vissuto", del progetto Con Te! della Diocesi di Milano.

Immagine di copertina tratta dal ciclo di Emmaus di Arcabas.