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La vulnerabilità valorizzata (podcast e testo scritto)

Meccanismi di difesa e sistemi di negazione: di fronte alla sofferenza l'umanità è piccola e spaurita, ma la pedagogia del Maestro di Nazareth, accogliendo senza riserve la nostra piccolezza, ci insegna a fidarci di Lui e anche di noi stessi. Alla scuola della fede oscura. Nel post troviamo il testo scritto e il podcast dei Missionari comboniani che lo riprende; per ascoltare, cliccare sul triangolino bianco nel cerchietto giallo.

Dal Vangelo secondo Luca, capitolo 9, versetti da 43b a 45.

Mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.

Dall'ammirazione all'incomprensione: la parola ai bambini.

I discepoli passano dall’ammirazione per la guarigione di un giovane epilettico indemoniato al non capire le parole di Gesù, che appaiono oscuramente minacciose: un bel salto emotivo! Ho presentato tempo fa questo testo ai bambini del catechismo e ho terminato la lettura con una domanda: “Secondo voi, perché gli Apostoli non capivano?” 
Uno ha risposto: “Forse non capivano perché erano un po’ sordi come il mio nonno bis”. “Forse Gesù aveva la voce troppo bassa” ha detto un altro. “Forse c’era una musica alta e non si poteva sentire bene” dice un terzo. Allora ho invitato i bambini a ritornare sul versetto 45 del Vangelo: «Queste parole restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il significato». Ah ecco, allora non c’entrava niente l’udito, era questione di significato. “Forse Gesù parlava in modo confuso, come uno che fa gli indovinelli” ha detto una bambina. “Ma perché avevano paura di interrogarlo su questo argomento, cioè di sapere la verità?” ho incalzato. I bambini erano disorientati, non sapevano che cosa rispondere, così ho letto lentamente le parole di Gesù: «Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». “Il figlio dell’Uomo è Lui” ho aggiunto “è Gesù, che sta parlando della sua morte e di quelli che lo faranno morire”.
Allora i bambini hanno incominciato a capire, a partire da quelli che già avevano vissuto l’esperienza del dolore per la morte di un nonno o per la separazione dei genitori. “Perché… morire di Gesù era troppo brutto e allora loro non volevano capire” ha detto uno un po’ sgrammaticato, alla maniera dei bambini, e un altro ha aggiunto una frase bellissima: “Non volevano capire per difendere il cuore”.

I nostri meccanismi di difesa

Quante volte anche noi ci siamo trovati in questa situazione? “Guardi, mi dispiace, il signor Carlo ha avuto un arresto cardiaco” mi disse un cardiologo al pronto soccorso “E va be’” pensai “poi l’avrete rianimato”. Invece no, non era così: il mio amico se n’era andato, ma io non capivo.
“C’è… c’è un versamento nel polmone, non abbiamo più speranze, è questione di un giorno al massimo”. “Non ci credo, ha due figli piccoli, deve vivere per forza” ed entrai nella camera dell'ospedale sicura che ce l’avrebbe fatta.
Tante volte ho raccolto parole come queste. Tante volte abbiamo sentito in televisione dei genitori che negavano il coinvolgimento del proprio figlio in azioni delittuose, ad esempio, e troppe volte abbiamo visto segni di malesseri psicologici gravi, che potevano essere visibili, ma erano celati alla coscienza dei famigliari, che non volevano capire, e poi sfociati purtroppo in tragedie terribili.

La vulnerabilità degli Apostoli 

Siamo tutti poveri: di fronte al male ci spaventiamo e ci nascondiamo dietro sistemi di negazione momentaneamente rassicuranti. E mi consola pensare che anche gli Apostoli hanno passato momenti così duri da non riuscire a guardare in faccia la realtà. Anche loro sono stati vulnerabili come noi, anche loro sono stati sottomessi ai nostri stessi meccanismi psicologici di difesa. Eppure Gesù non ha avuto problemi a fidarsi di loro, a lasciare che passassero attraverso il crogiuolo del dolore, per portarli poi fuori, nella luce potente della risurrezione. Ha creduto in loro nonostante la loro fragilità. E credo che sia stata proprio questa esperienza di una sofferenza senza speranza, finita però nella luce, a dare a loro la forza per affrontare il martirio quando venne il loro momento. Perché ogni dolore avrà la sua luce e ogni morte la sua risurrezione.

E noi?

E noi non ci fideremo dunque di noi stessi? Ma soprattutto, non ci fideremo di Lui e del suo aiuto? Dobbiamo solo imparare ad attendere con coraggio nel buio della notte della fede e ad aprire gli occhi dell’anima, per vedere il male e combatterlo, invece di nasconderlo a noi stessi. 
Signore, dà chiarezza al nostro sguardo e coraggio al nostro cuore e aumenta la nostra fede. Grazie!

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti, 28 settembre 2024

Immagine di copertina tratta da Natura di William Santiago