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Sconfinare nell'infinito


L'apostolo Filippo vorrebbe  vedere Dio padre, ma non ci sarà altra teofania sulla terra se non Gesù stesso e la visione di una fede, a volte leggera ed evidente, a volte faticosa e dubbiosa, ma sempre capace di compiere miracoli, al di là delle nostre stesse aspettative e consapevolezze. Nel post trovate il testo scritto e il podcast dei missionari comboniani: per ascoltare, cliccare prima sul triangolino bianco al centro del cerchietto azzurro e su Riproduci.


Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 14, versetti 7-14.

«Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.

Che cosa vuole Filippo?

Ma che cosa vuole Filippo? Filippo vuole una teofania, cioè una  manifestazione visibile di Dio. Qualcosa di eclatante insomma. In fondo in Gesù lui ha davanti un uomo: certamente un taumaturgo, perché ha guarito tanta gente, certamente un grande profeta, uno che sa parlare bene, che dice cose molto belle, che trascina le folle, che moltiplica il pane… però è indiscutibilmente un uomo. Soffre come un uomo, mangia come un uomo, beve e dorme come un uomo… Dio, il Padre, dev’essere diverso dall'uomo, giusto? E Filippo vuole vederlo. Il Maestro invece continua a parlare di Lui, però non lo mostra mai.

Filippo come noi

Un po’ lo capiamo Filippo. Capita anche a noi di voler vedere “di più”, di volere dei segni, di scendere a patti con Dio: “Signore mostrati, mostra la tua potenza, strafulmina quel dittatore guerrafondaio, se lo merita, guarisci quella povera madre, i suoi figli hanno bisogno di lei… Signore, se mi guarisci crederò in Te. Fatti vedere, Maria, almeno tu, che sei la nostra mamma”.
E così, non appena qua e là spunta un sedicente veggente che dice di vedere la Madonna, o Gesù, o addirittura di aver moltiplicato delle focacce o di avere le stigmate… c’è la corsa dei bravi cristiani che hanno bisogno di segni. E a volte nemmeno l’intervento deciso e contrario della Chiesa li ferma.
A loro (a noi!) Gesù dice quello che ha detto a Filippo: “Da tanto tempo mi frequenti e ancora non mi conosci? Chi vede e riceve il Pane eucaristico vede e riceve me. Come puoi dirmi: -Mostrati-? Non credi che io mi manifesto a voi nel Pane consacrato? Le parole che voglio dirti sono tutte lì, scritte nel Vangelo, non hai bisogno d’altro. E quanto a mia madre, l’ultima parola veramente importante l’ha detta a Cana: «Fate quello che vi dirà mio figlio». Poi per tutto il Vangelo ha taciuto. E ciò che io voglio da voi ve lo dice la Chiesa. Così ho voluto io. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me e io e il Padre abitiamo in voi, proprio in virtù di quel Pane che i sacerdoti consacrano ogni giorno sui miei altari». 
Ho liberamente parafrasato le parole di Gesù a Filippo per renderle attuali, ma devo precisare che non sto dicendo che tutte le apparizioni siano false: sto dicendo che esistono tanti veggenti falsi, dei quali bisogna diffidare, e che per avere fede non c’è bisogno di credere nelle apparizioni, dato che ci bastano i sacramenti e il Vangelo.
Perché, secondo voi, quando i veggenti finivano nei conventi erano pochi, mentre ora che hanno case lussuose e conti correnti misteriosi e strepitosi in continuo aumento sono tanti, per non dire tantissimi? In realtà, ricordava mons. Magnoli, la fede viene prima dei segni, come succede nei miracoli di Gesù: «La tua fede ti ha salvato» dice Gesù, non “La guarigione ti darà la fede”. Non dobbiamo mendicare la fede correndo sui luoghi delle presunte apparizioni, ma pregare l’Unico che può aumentare la nostra fede e poi viverla nella quotidianità povera della nostra vita.

C'è chi compie opere più grandi del suo Maestro

E poi Gesù dice anche: «In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste». Ma può essere così? Com’è possibile che un essere umano compia opere più grandi di quelle che ha compiuto Gesù, il Figlio di Dio, il Dio incarnato? E i miracoli allora?
Eppure sì, questa cosa è vera. Ascoltiamo.
Si chiamava Daniele Comboni, era nato in un paese qualunque e divenne un prete comune. Andò in Africa, combatté contro lo schiavismo, fondò due congregazioni, e i missionari comboniani che hanno seguito le sue orme dalla seconda metà del 1800 ad oggi sono migliaia e migliaia: quante vite hanno salvato? Quanta pace hanno diffuso nel mondo? Quanti valori hanno seminato? Quanti poveri e ammalati hanno aiutato? Quanti schiavi hanno liberato? Quanto Vangelo hanno portato in giro? Chi come me è stato in Africa con loro ha visto e lo può testimoniare.
Ho fatto questo esempio perché san Daniele è un po’ il nostro padrone di casa, qui in Elikya, ma quanti altri esempi potrei fare? Alcuni sono molto conosciuti, altri meno, come Elena Da Persico, ad esempio: le sue consacrate, nel nascondimento e nella normalità della vita, cambiano ogni giorno pezzetti di mondo, rendendoli ogni volta più vivibili, più a misura d’uomo.
E i vivi? Conosco una guida spirituale che ha sofferto molto, mantenendo una fede forte, incrollabile, limpida… e conosco una moltitudine di persone che dichiarano di dovergli la vita: le ha salvate lui davvero, insieme a Gesù ovviamente, con il suo amore, la sua dedizione e la sua preghiera. E quanti ammalati mantengono la fede nonostante sofferenze inaudite e nessuno che li guarisca? E quanti cristiani, preti suore laici, compiono quotidianamente opere di cui nessuno sa nulla, ma che sono veri, autentici miracoli?

In nome dell'onestà intellettuale

Ci basterebbe ripassare la storia della Chiesa per vedere la realizzazione piena di questa frase di Gesù. Oh, poi certamente noi cristiani non siamo così creduloni o culturalmente disonesti o arretrati o ingenui da negare o assolvere le nefandezze e gli orrori compiuti nella storia (e anche nel presente purtroppo) da alcuni uomini di Chiesa. Proprio per onestà culturale, però, bisogna essere obiettivi e mettere sui piatti della bilancia il bene compiuto e il male commesso: è sicuramente molto molto di più il bene, nessuno può negarlo, a incominciare da quella gentilezza, da quella novità dell’uguaglianza tra gli esseri umani e dell’amore oblativo immesse nel mondo dal messaggio cristiano… 
Perché Gesù, l’uomo Dio, il Dio incarnato, ama essere superato dai suoi discepoli. E ama agire attraverso di noi e allora ogni piccola cosa che riusciamo a fare, con Lui assume i confini dell’infinito. Lavoriamo sconfinando nell’Infinito amici… e questo ci permette di guardare con fiducia a tutto ciò che facciamo e di fare pace persino con la nostra indegnità.
Sappiamo gioire di questo? E prima ancora: ci crediamo?

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti


Inverno di Carolina Bergamaschi