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Il segreto del Figlio

Andiamo sul monte Tabor con Pietro, Giacomo e Giovanni, per scoprire il vero segreto di Gesù. Ci guida il vescovo biblista mons. Tremolada. Nel post, insieme al testo scritto, troviamo un podcast di Elikya, radio dei Missionari comboniani. Per ascoltare, cliccare sul triangolino bianco nel cerchietto giallo.
Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini, Mariarosa Tettamanti, formatrice diocesana, Milano, 25 Febbraio" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Marco, capitolo 9, versetti da 2 a 10.

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

In gita con Gesù

Ciao, volete venire con me in gita? Nella luce e nella bellezza? Sìì?
Allora saliamo su un monte, un’altura della Galilea che la Tradizione identifica con il Monte Tabor. In verità non si tratta di una montagna vera e propria, come la intendiamo noi: è un colle alto circa 600 metri, ma in quanto luogo che sta in alto rimanda al cielo e all’incontro con Dio. Siamo in compagnia di Gesù, di tre discepoli e del biblista mons. Tremolada che ci aiuta a entrare nel testo.
Il ministero di Gesù è ormai in corso da tempo, probabilmente da due anni. Pietro e gli altri discepoli hanno avuto modo di vederlo  all’opera in diverse occasioni: l’hanno ascoltato mentre insegnava alle folle, mentre discuteva con le persone colte… hanno visto i grandi miracoli che ha compiuto. E tutto finora si è svolto per lo più in Galilea. 
Ora però Gesù ha deciso di raggiungere Gerusalemme. È maturato in lui il convincimento che l’opposizione nei suoi confronti si sia radicalizzata e che l’unica strada rimasta aperta alla salvezza sia quella del sacrificio. Gesù va quindi verso la morte e poco prima ha annunciato ai suoi apostoli proprio questa realtà terribile. Con Lui ci sono tre discepoli, abbiamo detto: sono Pietro, Giovanni e Giacomo. Ma perché Gesù ha scelto proprio loro? Non lo sappiamo, è una decisione personale di Gesù. “Affari suoi” verrebbe da dire. In realtà, Gesù ha qualcosa da dare e da chiedere a tutti noi personalmente ed è sufficiente che  le motivazioni le conosca Lui.
Li prende «in disparte, loro soli»: queste parole comunicano la sensazione che stia per succedere qualcosa e infatti... Ecco, guardiamo anche noi ciò che accade. E ci mettiamo lì, insieme agli apostoli, e dal posto in cui si trovano vediamo svolgersi tre episodi.

Primo episodio

«Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime». Si tratta di un potente effetto di irradiamento, come se improvvisamente si manifestasse nel Signore qualcosa che era rimasto fino ad allora nascosto, sconosciuto, qualcosa che non era possibile percepire prima e che ora si svela come un segreto che rimanda alla vera identità del Maestro. Insomma Gesù è più di ciò che finora gli Apostoli hanno visto.
E’ quello che succede nella preghiera contemplativa, amici, dove l’anima, istruita da Gesù, penetra nei suoi segreti e lo conosce sempre più profondamente. A questo proposito, il biblista ricorda che la luce di Dio è amabile, si diffonde con dolcezza, senza violentare, abbraccia ogni cosa, consente a ogni realtà di essere sé stessa e di farsi riconoscere, riscatta dalla paura, dà spettacolo di bellezza. In questo caso inoltre la luce rende evidente l’appartenenza di Gesù al mondo di Dio.

Secondo episodio

«E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù». Perché Mosè ed Elia?
La risposta è duplice: primo, Mosè ed Elia sono considerati dalla tradizione biblica i rappresentanti rispettivamente della legge e dei profeti, che sono i due capisaldi della rivelazione di Dio nell’Antico Testamento; secondo, sono anche quelli che hanno vissuto personalmente l’esperienza dell’incontro con Dio su un monte (cf. Es 34,5-11; 1Re 19,1-8), ricordate.... Rappresentano quindi la prima Alleanza. La loro apparizione rende allora visibile il filo che unisce l’unico disegno di Grazia che percorre tutta la storia della salvezza.

Intermezzo prima del terzo episodio

Prima che accada il terzo fatto, Pietro dice a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». E l’evangelista Marco commenta: «Pietro non sapeva che cosa dire, perché erano spaventati».
Pietro non cambia, amici, non si smentisce. Reagisce d’istinto, come fa altre volte: quando si getta nell’acqua per raggiungere Gesù, ad esempio, quando dice al Maestro “Tu non mi laverai mai i piedi”, oppure quando taglia l’orecchio a un servo nel giardino degli ulivi, o quando rinnega il Maestro. E’ un impetuoso Pietro e vorrebbe fermare il tempo.
Eh… però noi lo capiamo: quante volte anche a noi è capitato di voler fermare il tempo, in momenti particolarmente intensi e piacevoli? E’ molto bella questa normale umanità di Pietro.

Terzo episodio

«Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: "Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!"». Perché una nube e perché queste parole? Nell’Antico Testamento la nube era il segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo: dunque i discepoli sono avvolti dalla presenza misteriosa di Dio.
Dalla nube, cioè dal profondo del mistero di Dio, arriva una voce che ci dà la chiave di lettura del testo, una voce che è il cuore dell’episodio: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!». Abbiamo qui una dichiarazione e un invito.
La dichiarazione riguarda un’apposizione e un attributo di Gesù: Figlio e amato. Riguarda quindi il rapporto tra il Padre e Gesù. E in effetti, la trasfigurazione è essenzialmente lo svelamento di questo segreto: la vera identità di Gesù, la sua essenza più vera, sta nell’essere Figlio generato dal Padre e quindi Dio Lui stesso.
«Ascoltatelo!» Questo non è un invito generico. Non dobbiamo dimenticare infatti che Gesù poco prima ha annunciato la sua morte agli Apostoli: quindi qui c’è la raccomandazione a non perdersi di fronte a ciò che li aspetta. “Continuate a seguirlo, abbiate fiducia!” sta dicendo il Padre. Lo scopo di questa rivelazione è pertanto (com’è dolce questa cosa!) offrire un sostegno alla fede degli amici di Gesù.
«E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro». Tutto è finito, si rientra nella normalità della vita e insieme si va a Gerusalemme.

E noi?

Sì, ma che cosa dice a noi questo episodio? Ci dice soprattutto che la presenza e il sostegno del Signore nella nostra vita non verranno mai meno. La sua provvidenza troverà sempre le modalità più creative e magari impensate per sostenerci nel nostro cammino di fede, anche e soprattutto nei momenti più difficili e dolorosi, proprio come ha fatto con i suoi tre amici dopo l’annuncio tremendo della sua passione e della sua morte. Possiamo rallegrarci allora, perché non saremo mai soli!

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Inverno di Carolina Bergamaschi.