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Storia di una consulta (testo scritto)

Storia della Consulta diocesana milanese "Comunità cristiana e disabilità - O tutti o nessuno". Contributo tratto da un articolo pubblicato dal Periodico della Fondazione Pio Istituto dei Sordi. 

Albeggiava la Pentecoste del 2021 quando la Diocesi ambrosiana, istituendo la Consulta per la disabilità, scriveva una bella pagina di Vangelo, una pagina fitta di parole che nuove in realtà non erano, anzi contavano almeno 2000 anni di vita. Eppure si trattava di un linguaggio che disegnava un concetto dirompente, eversivo, un po’ straniero, non nei contenuti, ma purtroppo, spesso, nella prassi: o la Chiesa cerca, accoglie, valorizza tutti, si diceva, o non lo fa con nessuno, nonostante le sue opere, le caritative, gli oratori, i riti e le preghiere. Se non ci siamo tutti, non c’è nessuno: un pensiero chiaro, inequivocabile, che non può dare adito a fraintendimenti. Un pensiero non nostro, ma ricevuto in dono da Colui del quale la Chiesa è fedele prolungamento, un orientamento quindi non facoltativo né negoziabile.
O tutti o nessuno: si chiama proprio così la Consulta diocesana Comunità cristiana e disabilità, nata con gli apostoli nella festa della Chiesa nascente, dopo una gestazione lunga quasi sei anni, durante i quali le parole sono state masticate, tornite, scolpite nei cuori e nelle memorie. Da allora è passato poco più di un anno, un breve periodo di tempo durante il quale si è faticato e camminato, un po’ arrancando un po’ correndo, e ora ci si sente pronti a raccogliere le nuove sfide inclusive che bussano alle molte finestre delle nostre sensibilità.
Restano ovviamente, e prendono nuova forza, gli obiettivi che ci hanno guidati in questi anni e si sono poi tradotti in azioni: la diffusione dell’inclusione nelle realtà cristiane, attraverso una formazione capillare, che si avvale tra l’altro di due laboratori dedicati a tutti gli operatori pastorali delle nostre comunità; un’azione di rete, che favorisca i legami territoriali e progettuali, consentendo contagi benefici, capaci a loro volta di generare vicinanze nuove e nuove connessioni; la valorizzazione delle realtà inclusive già in atto in Diocesi, con i loro successi e insuccessi; la centralità da attribuire alle famiglie con disabilità, in quanto protagoniste di saperi esperienziali, che nel concreto sono in grado di smascherare assenze e atteggiamenti pseudo inclusivi, poiché assistenzialistici o paternalistici; la tensione a coinvolgere i cristiani non interessati al tema, attraverso la forza dell’esperienza, ma anche mediante la fecondità dello stupore e dell’accoglienza; una consulenza personalizzata, infine, senza soluzione di continuità, per gli operatori pastorali che la richiedono.
Desideriamo inoltre rispondere all’invito del nostro arcivescovo, il quale, nella lettera pastorale di quest’anno, scriveva: “Richiamo l’attenzione di ognuno a favorire che tutti, anche i portatori di disabilità, possano partecipare con frutto alle celebrazioni della comunità”. Mentre ringraziamo il nostro Pastore per la sensibilità senza sconti che mostra verso i temi della fragilità, ricordiamo che accoglienza e aiuti a questo proposito sono irrinunciabili, ma non bastano: è necessaria la volontà di promuovere concretamente l’impegno attivo delle persone con disabilità all’interno delle nostre comunità ed è necessaria l’umiltà di imparare da loro, titolari di una cattedra che insegna la serenità nel limite. I portatori di disabilità vogliono e hanno molto da dare: non si accontentano più di ricevere… e hanno ragione!
Per ciò che riguarda in particolare le persone sorde, anche quest’anno è stato steso per loro un progetto di celebrazioni e di iniziative, che prevedono l’utilizzo della lingua dei segni. Tale progetto è finalizzato ad alimentare un cammino di fede che li veda, sempre di più, figli amati e cercati dalla Chiesa, chiamati a una vita spirituale intensa, e tenuti a dare i frutti di una vita bella anche a chi ha la presunzione illegittima (e sciocca!) di essere “normale”.
Il nostro sogno? Vedere presto il giorno in cui non ci sarà più bisogno di usare la parola inclusione. Fino a quando lo si dovrà fare, infatti, vorrà dire che la morte dei preconcetti, dei pregiudizi e degli stereotipi è lontana e con essa la possibilità di una vita veramente cristiana. 

 Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Children, parents and nannie, childcare illustration, più proprietari su behance.