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Cronache ariose (testi scritti)

Raccolgo in questo post alcuni articoli che trattano le attività della Consulta "Comunità cristiana e disabilità - O tutti o nessuno" di Milano. 

Tempi e luoghi nuovi

Incominciamo con un articolo risalente al tempo del loockdown, quando eravamo costretti a restarcene chiusi in casa. Lo ricordate? Si è trattato di un momento difficile, durante il quale tuttavia non ci siamo arresi e abbiamo rotto l'isolamento attraverso la rete. Forse ci farà bene ritornare un po' a quel periodo per rivisitarci in un momento difficile e godere fino in fondo della ritrovata libertà. L'articolo è stato pubblicato sul quotidiano "Avvenire" nel 2021.

Questo nostro tempo bloccato ci riserva ogni tanto dei guadi provvidenziali, che ci permettono di passare dalla riva dei giorni difficili a quella delle giornate amabili e feconde. Si tratta di spazi pensati dagli uomini, ma dei quali Dio si appropria per creare incontri inediti con i suoi figli. Succede così che anche questi periodi percorsi da notizie allarmanti e contraddittorie, che inquietano e sembrano sgretolare la speranza, possono diventare oasi di gioia e di testimonianza di un futuro possibile e migliore.
Sto parlando del quarto convegno della Diocesi di Milano, promosso dal tavolo di coordinamento per la disabilità O tutti o nessuno. Il titolo è trasparente di contenuti e di scopi: Una comunità cristiana a misura di ogni persona. È una frase che suona bene all’orecchio di Dio, che non fa differenze tra i suoi figli e se ha qualche preferenza è sicuramente per chi è più fragile. Egli si è intenerito di fronte ai bisogni dell’uomo fino a scegliere l’incarnazione e la croce per essergli vicino nella debolezza: la strada che Lui ha tracciato è per noi a senso unico e su questa via la comunità cristiana è tenuta a formulare i suoi progetti.
Per questo, giovedì 11 marzo 2021, dalle ore 20.45 alle ore 22.45, tutti i cristiani di buona volontà saranno accolti dall’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, che nell’ultimo anno non ha mai smesso di farsi nostro compagno e sostegno, in un cammino diventato aspro e spaventoso. Con lui ci saranno, realmente o idealmente, tutte le persone che si sono occupate dell’organizzazione del convegno: da don Mauro Santoro, responsabile del tavolo di coordinamento, a mons. Antonio Costabile del servizio per la catechesi, ai rappresentanti della FOM, della Caritas ambrosiana e di altre associazioni che si occupano di disabilità.
Occhieggiando al di là del sipario, insieme ad esperti LIS e al servizio di sottotitolazione, vediamo un’alternanza di relatori, di testimoni e di esperienze raccontate in video, tutte attività che vogliono essere scintille per diffondere benefici incendi nelle nostre comunità. Il Papa e i documenti della Chiesa, come il nuovo Direttorio per la catechesi, stanno in effetti creando un clima di vigilia per un grande cambiamento che ormai preme alla nostra sensibilità e non è più dilazionabile: le persone disabili non solo devono essere accolte, ma devono essere inserite a pieno titolo nella Chiesa, in quanto chiamate come tutti alla santità e a dare il proprio, responsabile contributo alla comunità cristiana. Questo chiede un ribaltamento di schemi e di mentalità, ma d’altra parte il cammino di conversione al pensiero di Cristo non è mai concluso.
E ora… ho raccontato il quando, il che cosa, il chi, il come: mancherebbe il dove. L’ho lasciato per ultimo, perché qui tornano sul nostro campo da gioco questi tempi tristi, che l’anno scorso hanno sancito il divieto di ritrovarci in presenza, spegnendo i nostri sorrisi sul nascere e impedendo ai saluti di creare il tempo gioioso del ritrovo e della festa. Quest’anno però c’incontreremo su un territorio diverso e vastissimo. Verremo a casa vostra amici, in collegamento webinar. Vi chiediamo di aprirci la porta come Gesù lo chiese a Zaccheo: “Voglio venire nella tua dimora”. Non ci direte di no, perché proprio la possibilità di entrare nelle vostre case fa dei giorni della clausura forzata il tempo della benedizione e della creatività. Non aspettate dunque: iscrivetevi al sito www.chiesadimilano.it, servizio per la catechesi, sezione disabili. Pochi giorni prima dell’evento riceverete il link che vi permetterà di partecipare. Il convegno è aperto a tutti e a tutte le diocesi: vi aspettiamo!

Mariarosa Tettamanti

Come il lievito nella pasta

Cronaca della "Giornata di lancio per la formazione permanente di accompagnatori pastorali delle persone con disabilità". L'articolo è stato pubblicato nel sito della diocesi di Milano.

Speravamo in una giornata di sole, abbiamo avuto una giornata di luce. Il 12 novembre scorso, all’incontro di lancio della formazione permanente per accompagnatori pastorali delle persone con disabilità, mentre il cielo ostinato non rinunciava all’addobbo delle nuvole, la luce raggiungeva comunque tutti i partecipanti, portata innanzitutto dall’accoglienza calda degli organizzatori, cioè dei membri della Consulta diocesana Comunità cristiana e disabilità. All’inizio però si mostrava solo a sprazzi, in bagliori promettenti più che reali, veicolata da nomi leggeri come Chiara, Giorgia, Jessica, Stefano e altri ancora.
Dopo la preghiera iniziale, che ha da subito orientato la giornata verso la Sorgente luminosa della sua vera motivazione, il presidente don Mauro Santoro ha salutato i presenti e li ha portati nel cuore della proposta, attraverso la sottolineatura di tre imprescindibili parole chiave: formazione, permanente, accompagnatori. “Non vi stiamo chiedendo” ha detto “di frequentare una scuola che vi darà un attestato, rendendovi referenti di qualche progetto, vi stiamo proponendo invece d’immergervi in un’avventura destinata a innescare una crescita formativa che v’insegnerà ad accompagnare gli operatori pastorali che hanno a che fare con la disabilità, con lo stile del lievito nella pasta, dal titolo del nostro incontro”.
Subito dopo la parola è stata data al biblista laico Luca Moscatelli… ma sarebbe meglio dire che la parola è stata data al Verbo, attraverso la mediazione illuminata di Moscatelli, che ha accostato il lievito al sale e alla luce, risolvendone l’ambiguità biblica. “Si tratta di tre realtà” ha detto “che si disperdono nelle cose che illuminano, nei cibi che insaporiscono, nella pasta che fanno lievitare. Non si affermano per sé stessi, sono immagini della gratuità… Il lievito, il sale, la luce di Dio” ha continuato “si attingono là dove c’è chi per gratitudine si affida alla bontà della vita, anche se non avrebbe nessuna ragione per farlo, dove c’è qualcuno che non si ferma mai e ovunque vada porta guarigione e liberazione dalle molte forme del male… E sono queste le realtà che disegnano il Regno di Dio, il luogo in cui non si lascia indietro nessuno, perché questa è la volontà del Padre. Noi siamo i testimoni di questo Regno che vediamo in atto nella speranza degli ultimi. Lo vediamo e lo raccontiamo alla nostra comunità e al mondo. Stare vicini alla disabilità ci abilita a questo”.
A questo punto ci si è resi conto di quanto la luce serpeggiasse fin negli angoli più nascosti del cuore, mentre la mente si apriva a un progetto forse diverso da come lo si era pensato, ma sicuramente più bello, più affascinante. Il coffee break ha permesso poi alle parole di fluire in libertà e a ciascuno di illuminare le proprie idee alla luce di ciò che pensavano gli improvvisati ma già cari compagni di viaggio.
Le risonanze di tutti sono poi confluite nei gruppi, dove nel confronto le idee hanno preso forma e si sono fatte lampade accese gli uni per gli altri. La plenaria che ne è seguita ha visto l’intreccio vivace di domande, richieste, interventi, contributi interessanti, i quali sono poi continuati durante il pranzo: ormai tutte le scintille erano accese, aspettavano solo di unirsi e incendiarsi.
Al fuoco ci ha pensato il laboratorio seguente, costruito attraverso la formazione di strani labirinti, nei quali i partecipanti si sono mossi in momenti ora intensi ora vivaci, mentre la comunicazione fluiva con impensata facilità e tutti si “sguardavano”, si conoscevano, si apprezzavano. Fiorivano così sorprese che generavano sorrisi, emozioni che sbocciavano in pensieri e riflessioni, meraviglie che evocavano ricordi e racconti, scoperte di esperienze comuni. Sono i miracoli della comunicazione profonda, quella vera, pensosa, nutrita di rispetto e di un’affidabilità che permette di mettere i propri sentimenti a dimorare nel nido affettivo e sicuro dell’altro. Banditi il riserbo e la vergogna.
Troppo bello per essere vero? Ma perché non venite a vedere? Perché non provate? Vi aspettiamo.

Mariarosa Tettamanti

Un sogno comune

Presentazione del secondo incontro "Come lievito nella pasta", per la formazione permanente di accompagnatori pastorali delle persone con disabilità. L'articolo è stato pubblicato nel sito della diocesi di Milano.

Ci sono giornate che si aprono su albe diverse, più promettenti e luminose del solito. È stato così il giorno in cui i membri della consulta diocesana e alcuni operatori pastorali particolarmente sensibili ai temi della fragilità si sono incontrati per conoscersi e riflettere insieme sul comune desiderio di un’inclusione a 360 gradi, l’unica che possa dirsi veramente cristiana. Tra i partecipanti è da subito circolato un vento di novità e di collaborazione fattiva, che ha scoperto affinità e portato alla luce repentini legami, nati da uno sguardarsi negli occhi che ci ha svelati a noi stessi come persone abitate da un sogno comune… e si sa che non c’è vincolo più bello di quello creato dai sogni.
L’avventura continuerà con l’esplorazione delle nostre comunità alle prese con la fragilità. Orienterà la riflessione una relazione di don Mattia Colombo, teologo pastoralista: “La comunità cristiana alla prova della fragilità: comunità provata o comunità salvata?!” Il titolo apre scenari splendenti e nel contempo inquietanti: è la prova della fragilità ciò che salverà le nostre comunità? Dovremo fare i conti con la debolezza per passare nel numero dei salvati? Dopo tutto, siamo figli di un Dio che ha lasciato il suo cielo ottavo e lucente per ricavarsi un nido di carne mortale nel dna di un’umanità fragile e infelice.
Dopo che le nostre attese avranno avuto qualche risposta nell’intervento del relatore, saremo chiamati nel pomeriggio a lavorare nei gruppi, per imparare a fotografare la comunità reale, superando la tentazione di una deriva verso quell’immagine che tanto ci è cara della comunità ideale. Ci chiediamo infatti se uno dei malintesi che uccidono una comunità non sia proprio l’idealismo, che suggerisce la pretesa di una Chiesa sempre bella, pacifica, affiatata, gratificante, formata da santi, insomma, ma non da peccatori. Ci domandiamo se non usiamo a sproposito il cosiddetto “condizionale idealistico”, secondo il quale la comunità dovrebbe essere più accogliente, più attenta, più capace di perdono e così via: tutti valori importantissimi, certo, ma che non lasciano spazio alle dimensioni del limite, della fallibilità, addirittura dello scandalo, le quali fanno inevitabilmente parte della vita di un gruppo di persone reale e non soltanto immaginato.
Andando più a fondo negli interrogativi, ci chiediamo se, in questo cambiamento di epoca, e dopo la tragica esperienza della pandemia, che nel giro di poche ore ha azzerato un certo modo di vivere insieme, esista ancora una dimensione di comunità, o almeno se abbia ancora senso declinare delle differenze tra comunità diverse. Se così fosse, quale sarebbe lo specifico della comunità cristiana? E non sarebbe più corretto parlare di una comunità più ampia e “dislocata”, composta cioè da diverse forme e occasioni di aggregazione?
Echeggia con forza nella Chiesa il lessico vivo di Papa Francesco: “La pandemia ha messo in risalto quanto siamo tutti vulnerabili e interconnessi. Se non ci prendiamo cura l’uno dell’altro, a partire dagli ultimi, da coloro che sono maggiormente colpiti, incluso il creato, non possiamo guarire il mondo”. Queste parole trascinano con sé altre domande: la dimensione della vulnerabilità, della fragilità ha veramente diritto di cittadinanza nelle nostre comunità cristiane, forse spesso preoccupate di essere prestanti e “vive”, cioè in ultima analisi in grado più che altro di progettare e organizzare una grande molteplicità di attività e di iniziative? Le nostre comunità sono capaci di superare, nei confronti delle persone più fragili e delle loro famiglie, quell’atteggiamento pietistico, spesso erroneamente chiamato “carità”, per prendersi realmente e degnamente cura di loro, promuovendone le capacità e le risorse, all’interno di un clima di reale parità? Di più: le nostre Chiese locali sanno comprendere la fragilità come il luogo in cui si rivela la potenza di Dio, secondo ciò che ha scritto San Paolo nella Prima lettera ai Corinzi? Rileggiamo insieme queste Parole tuttora viventi pur se scritte più di 2000 anni fa, rileggiamolo insieme e lasciamo che entrino profondamente nell’intimità dei nostri pensieri profondi:
Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono… (1 Cor 1, 27-28)”.

Mariarosa Tettamanti

Presentazione del lavoro di mappatura

La Consulta presenta la proposta di un questionario per tutte le comunità  della diocesi, il quale permetta di trasformare i sogni e i desideri in progetti ed azioni.

Si potrebbe descrivere la Consulta diocesana “Comunità cristiana e disabilità” come un intreccio dinamico di sogni e di desideri che s’incontrano, a volte collidendo a volte abbracciandosi, si chiariscono a vicenda, oppure si elidono, ma soprattutto ne richiamano altri e altri ancora. Spesso volano, ma quando atterrano hanno bisogno di un terreno solido. E noto.
Perché un’azione sia efficace, infatti, occorre conoscere bene la situazione della realtà sulla quale si vuole incidere. Per questo noi, membri di questa Consulta, abbiamo l’esigenza di costruire una mappa il più possibile precisa e dettagliata di tutte le attività e progettualità inclusive presenti sul nostro territorio diocesano. Sappiamo che sono tante e che sono belle, alcune sbocciate nella fatica, altre fiorite sui rami di un entusiasmo contagioso e fecondo, ma non ci nascondiamo che esistono anche contesti problematici e complessi, dai quali le persone con disabilità sono al momento escluse. Conoscere concretamente le varie realtà permette di costruire una rete tra situazioni diverse, il che può significare a sua volta attivare aiuti e alimentare alleanze, colmare vuoti e creare solidarietà proficue, intersecare e mettere in circolo conoscenze e competenze differenti, attuando percorsi di formazione mirati ed efficaci.
Per questo motivo stiamo sottoponendo a tutte le parrocchie o comunità pastorali un semplice e breve questionario, la cui compilazione richiede non più di 10 minuti, nel quale chiediamo di riportare ciò che effettivamente viene attuato e anche che cosa non viene svolto in una determinata realtà. Si tratta di uno strumento importantissimo per noi, perché ci aiuterà a capire meglio come metterci al servizio delle nostre Chiese locali, per aiutarle a diventare sempre più luoghi in cui davvero tutti possano sentirsi a casa.
Contemporaneamente, mandiamo una lettera agli operatori del Servizio per la catechesi, del CSI, della Caritas, del Servizio per la famiglia, mettendoli a conoscenza dell’iniziativa e chiedendo la loro collaborazione perché il questionario venga effettivamente compilato in modo completo e corretto, anche con il loro contributo. Ogni parrocchia o comunità pastorale eviterà che vengano inviate più risposte relative alla stessa realtà.
Confidiamo così di radicare i nostri sogni e i nostri desideri nel terreno della conoscenza oggettiva, in modo che possano diventare progetti e aprirsi in azioni. Grazie per questo a tutti coloro che collaboreranno con noi.

Mariarosa Tettamanti

Roma chiama Milano

Presentazione del Convegno nazionale "La strada e il villaggio, crocevia per camminare insieme". L'articolo è stato pubblicato dal sito della diocesi di Milano.

L’11 marzo 2022 la città di Milano indosserà abiti festosi e offrirà uno dei suoi templi culturali più significativi, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, al Servizio Nazionale per le persone con disabilità, perché vi tenga un seminario dal titolo fortemente evocativo: La strada e il villaggio, crocevia per camminare insieme. Come si vede, ogni parola, pensata e pesata, richiama alla mente immagini di realtà vitali, calde di esperienze umane significative: la strada, per dire il dinamismo della vita, ma anche il villaggio, cioè lo stare insieme, il riconoscersi parte dello stesso popolo, l’appartenenza. Strada e villaggio che uniti formano il crocevia, cioè il luogo dei punti d’incontro necessari per rilanciare un cammino comune. Il sottotitolo, “Disabilità e appartenenza”, indica la necessità di potenziare la stessa inclusione, mandandola “oltre” e additando un “Tu sei mio, noi ci apparteniamo”, carico di promesse per tutti. È questo ciò che si udrà nell’aula magna dell’Università e sotto le arcate dei suoi portici, all’interno di una cornice antica e rassicurante, intrisa di storia e di cultura: una parola nuova, una parola di speranza destinata a diventare realtà.
Moderatore sarà don Mauro Santoro, presidente della consulta “Comunità cristiana e disabilità” della diocesi di Milano; le danze gioiose del seminario saranno aperte dai saluti di mons. Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico dell’Ateneo, subito seguito dal Dott. Luigi D’Alonzo, delegato del Rettore per l’integrazione degli studenti con disabilità e DSA di tutte le sedi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Alle 10.15 la Prof.ssa Moira Sannipoli, docente di Pedagogia dell’Infanzia e Pedagogia Speciale dell’Università degli Studi di Perugia, presenterà una prima relazione, illuminando gli astanti sulla diversità e le differenze, definite ricchezze-risorse e poste in dialogo con il cammino sinodale della Chiesa. Seguirà una raccolta di domande, che darà il via a un dibattito sicuramente ricco e coinvolgente. Si sarà così arrivati alle ore 12.15, quando arriverà mons. Mario Delpini, l’arcivescovo di Milano, il quale offrirà la lettura di alcune prospettive per il futuro: chi più del pastore della metropoli lombarda può tracciare linee e svelare il possibile disegno di una progettualità ricca di promesse e di sviluppi?
Come si vede, i nomi dei relatori sono importanti, sono nomi “di peso” nel panorama culturale ed ecclesiale nazionale, ma soprattutto si tratta di nominativi di persone che portano con sé una sensibilità non comune nei confronti della fragilità: è questo ciò che li rende cari a coloro che si riconoscono fratelli del Figlio di Dio, incarnato per condividere l’umana debolezza.
Il pranzo, presso la mensa dell’Università Cattolica, sarà occasione di liberi scambi di idee e di conoscenze, che si prevedono feconde, per un avvenire non più lineare e fisso, ma continuamente intrecciato e dinamico, in cui i doni degli uni diventino patrimonio vivente degli altri. Nel pomeriggio, dalle 14.30 si apriranno i “Cantieri di Betania”, i quali, assumendo l’evangelico titolo “Dille dunque che mi aiuti”, attueranno dei laboratori con una ricchezza straordinaria di proposte, disposte lungo due piste: si andrà dalle problematiche di adolescenti e giovani (colti nell’ambiente dell’oratorio, nello sport, nel gioco, nella scuola, nei loro progetti di vita e perfino nel turismo e nella Bellezza) alla comunicazione, che intende mostrare come sia possibile togliere la Chiesa e i cristiani dalle paludi paralizzanti del linguaggio ecclesialese per deporli nelle acque libere della lingua For All, navigando attraverso l’uso dei cinque sensi e una pluralità di linguaggi ariosa e ricca. Alle ore 16.30 la conclusione dei lavori, con la promessa di ulteriori incontri e di altre danze della mente e del cuore. Unica dote richiesta per partecipare è la sensibilità verso la fragilità propria e altrui, cioè, in ultima analisi, essere donne e uomini veri.

Mariarosa Tettamanti

La casa sul palcoscenico

Cronaca del Convegno diocesano "Famiglia di famiglie. Un incontro che profuma di noi". L'articolo è stato pubblicato nel "Periodico della Fondazione Pio Istituto dei Sordi".

Le cose sono segni. Metti su un palcoscenico un divanetto, un tavolino, una libreria, qualche sedia… ed è subito casa. Aggiungi un giocattolo qua e là ed ecco che l’improvvisata dimora si riempie di risate e di pianti immediatamente calmati da baci impetuosi. Metti ora un corsetto su una sedia, appoggia alla libreria un bastone per chi ha occhi che faticano, e immediatamente evidenzi il fatto che in quello scrigno di casa abita una disabilità che disegna relazioni addensate in amore. Gli oggetti esprimono vocaboli. E concetti.
Ora riempi lo spazio circostante con persone allegre, alterna la lingua delle parole a quella dei segni, che portano novità e bellezza, mescola gambe che zampettano, o si appoggiano a stampelle, a ruote che girano… ed è subito profumo di famiglia. Da ultimo, abbi cura di far incontrare gente di Roma e gente di Milano, gente di città e gente di paese, e poi fa’ circolare accenti diversi, da quelli fermi e seri del nord a quelli musicalmente cantilenanti del centro e del sud… e questa volta davanti a te si disegna la Chiesa, famiglia di famiglie, luogo in cui le relazioni si plasmano nella parità e nella reciproca appartenenza.
Casa, famiglia, Chiesa: ecco i tre vertici del triangolo che ha circoscritto il clima di festa profonda nel quale si è da subito immerso il Convegno diocesano Famiglia di famiglie, promosso dalla Consulta diocesana Comunità cristiana e disabilità e dal Servizio per la famiglia, in collaborazione con i paralleli servizi nazionali e con la partecipazione della Fondazione CondiVidere e CO.N.FA.D. Una bella confluenza di esperienze diverse, unite però dallo stesso credo e dalla tensione verso gli stessi obiettivi. 
Se la casa è spazio e protezione e la famiglia è relazione e calore, la Chiesa è tutto questo e in più è Vangelo e Presenza di Lui. Ecco allora ciò che il convegno ha saputo edificare: una bella narrazione del “Quinto Vangelo”, cioè di quella “Lieta notizia” che viene scritta giorno dopo giorno dai cristiani di tutti i tempi e di tutto il mondo. Si è scelta per questo la pagina del profumo di nardo versato sui piedi di Gesù dalla sua amica Maria di Betania, profumo che è subito diventato il buon odore di famiglie cristiane unite fino a formarne una sola.
In concreto, l’incontro è partito dagli oggetti, vocabolari di parole comprese da tutti, e si è allargato come acqua che scorre nei discorsi belli di organizzatori, relatori e testimoni. La regia è stata tenuta da don Mauro Santoro, presidente della Consulta ambrosiana, coadiuvato dai coniugi Brasca, membri della stessa consulta e per l’occasione eleganti padroni di casa. 
Primo ospite (ma bisognerebbe dire primo ospitante) è stato don Mario Antonelli, Vicario episcopale della diocesi milanese per l’educazione e la celebrazione della fede. C’erano grandi aspettative nei suoi confronti, dato che non c’è chi non ne conosca il pensiero acuto e coraggioso, e dobbiamo dire che lui non ha deluso: sotto i nostri occhi ha aperto la porta della casa di Betania, lasciando che il profumo del nome di Dio si spandesse, dopo aver cancellato il cattivo odore del corpo in decomposizione di Lazzaro… e delle solitudini in cui qualche volta nella Chiesa vengono emarginate le persone con disabilità. 
Subito dopo sono arrivati i saluti di suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per le persone con disabilità, la cui presenza ha sottolineato il legame con Roma e quindi con tutta la Chiesa, e di Alessandro Chiarini, presidente di CO.N.FA.D, che ha presentato lo scopo dell'Associazione, nata per promuovere i diritti delle persone con disabilità e di chi le accudisce, spesso annullandosi e persino vergognandosi. È stata poi la volta di alcune testimonianze di persone che non hanno esitato a permetterci di lanciare occhiate commosse all’interno delle loro case, lasciando che scorgessimo emozioni, dispiaceri, problemi, strategie di soluzione, fallimenti e vittorie, ed è stato proprio qui, nel racconto della loro costosa dedizione, che si è avvertito fortissimo il profumo altrettanto costoso di Betania. 
Lo psicologo e psicoterapeuta Giovanni Miselli ci ha parlato di una qualità di vita resa buona dai valori, dalla possibilità di autodeterminazione e dal benessere materiale, fisico, emozionale, relazionale, sociale, ma soprattutto familiare, secondo il modello di una flessibilità psicologica rispettosa di ogni persona. È stata poi la volta dell’ecclesiologo torinese don Michele Roselli, il quale, attraverso la parabola del buon samaritano, ha descritto per noi una fede ferita e bisognosa di speranza e una Chiesa che, per essere capace di curare, deve annullare distanze e indifferenze, esclusivismi e assistenzialismi.
Dopo un pasto consumato in letizia, ci siamo divisi nei gruppi. Il lavoro era strutturato in modo tale da creare spazi di autoconoscenza e di ascolto, nei quali sono confluite con naturalezza confidenze che ci hanno rivelati gli uni agli altri nelle verità disarmate delle nostre personali fragilità. Il metodo, esportabile e ripetibile, è diventato un momento di aiuto reciproco e ci ha insegnato a prendere momentanee distanze dai nostri limiti, per oggettivarli, ordinarli e comprenderli, in vista di possibili passi avanti. 
Hanno infine concluso la giornata Marco Vianelli, responsabile della pastorale familiare nazionale, e Massimiliano Sabbadini con Maria e Paolo Zambon del servizio per la famiglia della diocesi di Milano. 
A distanza di giorni, coloro che hanno partecipato dicono di continuare ad avvertire l’intenso profumo di un sentire comune che ha fatto  realmente dimora, famiglia e Chiesa.
Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina di Anastasiia AsiOsi.












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