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L'inferno c'è, ma solo per chi ci vuole andare (audio e testo scritto)


Da una storiella dello psicologo Piaget, alla consistenza del peccato grave, alla funzione dell'inferno: testo scritto e podcast di Elikya, la radio dei missionari comboniani. Per ascoltare, cliccare sul triangolino bianco contenuto nel cerchietto giallo.

Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini, Mariarosa Tettamanti, formatrice diocesana, Milano, 25 Ottobre" su Spreaker. 

Dal Vangelo secondo Luca, capitolo 12, versetti da 39 a 48

«Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l'amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: «Il mio padrone tarda a venire» e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l'aspetta e a un'ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

Un tema da brividi

La seconda parabola raccontata da Gesù sembra rivolta soprattutto agli Apostoli e ai loro successori… e per estensione anche a tutti coloro che, come genitori o educatori, hanno la responsabilità di guidare delle persone che sono state loro affidate.
Ma qual è il tema della parabola? E’ la fedeltà: la fedeltà dell’amministratore verso il padrone, cioè degli Apostoli, dei loro successori, dei genitori, dei catechisti e degli educatori cristiani verso Dio. Noi infatti siamo stati investiti di una grande responsabilità, maggiore rispetto a chi non ha compiti di guida.
E questa responsabilità ha le sue radici nella fiducia del padrone stesso, il quale affida all’amministratore i suoi beni e il personale della sua casa, ovviamente la Chiesa.
Ma… i genitori, i catechisti, i sacerdoti, i maestri cristiani… si sentono ogni tanto rabbrividire al pensiero della fiducia che Dio ha riposto in loro quando ha accolto il loro desiderio di vita e ha affidato proprio a loro quanto di più prezioso Lui stesso ha e cioè delle piccole vite umane che devono venire alla luce e poi crescere? Riusciamo ancora a rabbrividire pensando alla fiducia nelle nostre povere capacità del Dio onnipotente, del Dio onnisciente, del Dio immenso e totalmente amante?

La storiella di Piaget: vale solo per i bambini? 

Quanto alla punizione, sembra direttamente proporzionale alla conoscenza che l’amministratore ha di ciò che vuole il suo padrone. Non si tratta di una specie di legge del contrappasso, ma di un’interiorizzazione della legge stessa: qui infatti non sono le conseguenze degli atti ad essere tenute in conto, ma l’intenzionalità della persona.
Per spiegarmi meglio, vi racconto una storiella che il grande psicologo svizzero Piaget narrava ai bambini, per capire se erano in grado di comprendere l’intenzionalità del soggetto che compie un’azione. Chiedo scusa a chi la conosce già ovviamente. Ve la racconto un po’ a modo mio, così ci divertiamo di più.
-Ci sono un fratellino e una sorellina che sono a casa da soli, perché la mamma è uscita. Il maschietto, chiamiamolo Mariolino, che è un po’ birichino, vorrebbe la marmellata, che la mamma però ha nascosto dietro i piatti, perché non la deve prendere. Il bambino però disobbedisce e cerca di prendere il vasetto della marmellata, ma nel farlo fa cadere un piatto, che si rompe. La sorellina Mariolina invece vuole fare una bella sorpresa alla mamma e si mette a lavare i piatti nel lavandino (a quei tempi non c’erano le lavastoviglie). Purtroppo, mentre li sta riponendo, sei piatti cadono e si rompono. Chi è più colpevole, chi è stato più cattivo? 
Se il bambino è piccolo, di fronte a questa domanda, dirà: “La sorella, perché ha rotto più piatti”. Il bimbo cioè guarda le conseguenze di un fatto e non l’intenzione di chi lo compie: e infatti siamo nel regno della morale infantile, che è detta, appunto per questo, realistica. Solo quando il bambino arriverà a dire “Non l’ho fatto apposta” (o “Non l’ha fatto apposta”) sapremo che ha scoperto l’intenzionalità delle azioni.
Ma torniamo a noi adulti. Se io, pur conoscendo la volontà del mio padrone, non ne tengo conto, contravvengo intenzionalmente al mio dovere, mentre se sbaglio allo stesso modo, ma non conosco gli ordini del mio datore di lavoro, la mia intenzione non c’entra, c’entra solo la mia ignoranza. "Sì, va bene Mariarosa", mi dite, "ma dov’è la novità di questo discorso? Chi di noi non sa questa cosa?"
Eh… ma se le cose stanno così, perché Gesù, che pure parla a degli adulti, sente il bisogno di precisare questo aspetto della morale?  Perché… Perché ci sono ancora degli adulti , e sono tanti, la cui morale è fatta dipendere dalle conseguenze: non è male comportarsi male, è male essere scoperti. Non è male rubare, è male farsi beccare: se non ti beccano, hai fatto bene.

All'inferno ci va chi ci vuole andare 

Sul nostro versante, invece, questa precisazione di Gesù, che vale per tutti, ci dà una grande serenità: ci dice che pecca chi vuole peccare, chi sa di peccare, mentre l’ignoranza non crea colpa. Tu puoi anche rompere sei piatti, o dodici, o trentadue, ma se lo fai con retta intenzione non sei penalizzabile.
Non a caso la sapienza della Chiesa definisce il peccato mortale, non solo come materia grave, ma come materia grave accompagnata dalla piena avvertenza e dal deliberato consenso. Come dire che pecca chi sa di peccare e chi vuole peccare. E Dio che vede nel nostro cuore conosce bene le nostre intenzioni, il nostro sapere e il nostro volere.
E se pecca chi vuole peccare, l’inferno è aperto solo per chi ci vuole andare. Giusto? Sì, giusto. Quindi ci troveremo tutti in Paradiso, amici, e questa è la buona, anzi l’ottima, l’eccellente notizia di oggi: non bisogna aver paura dell'inferno, ma del peccato! A presto!

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti