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Le persecuzioni fraterne (podcast e testo scritto)


Le persecuzioni fraterne: una specie di ossimoro che talvolta trova riscontro nella realtà. I due livelli della correzione fraterna e un po' di chiarezza su alcuni episodi inquietanti. Si tratta di un argomento delicato: ringrazio gli amici che mi hanno offerto consulenze preziose. Nel post troviamo il podcast di Elikya (radio dei Missionari comboniani) e il testo scritto. 

Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini, Mariarosa Tettamanti, formatrice diocesana, Milano, 10 Settembre" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 18, versetti da 15 a 20.

«Se il tuo fratello commetterà una colpa (contro di te: sembra da rigettare), va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. 
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Correzione fraterna o persecuzione fraterna?

Queste parole di Gesù ci conducono lungo due piste di riflessione: da una parte vogliono offrire un metodo ecclesiale per affrontare i contrasti tra i fratelli nella fede e quindi sono dedicate a tutti i cristiani, dall’altra sono rivolte soprattutto ai Vescovi, cioè a coloro che nella Chiesa hanno il compito di guidare le comunità.
Per ciò che riguarda il primo tipo di messaggio, siamo di fronte a un procedimento sicuramente capace di custodire il rispetto e la carità vicendevole, ma purtroppo, nella realtà, almeno per quel che vedo io, non è sempre questo ciò che succede: mi è capitato talvolta di incontrare sofferenze pesanti proprio a causa di correzioni fraterne diventate più o meno persecuzioni fraterne o addirittura sfumature di mobbing. La stessa Delbrel ricordava alle sue compagne di vita che la possibilità della correzione fraterna non doveva trasformarsi in un alibi per infliggere dolore alle sorelle.
In conclusione direi che, se proprio vogliamo correggere qualcuno, dobbiamo almeno avere con lui un rapporto veramente fraterno e di fiducia, che ci renda accettabili e credibili: quando il "materiale" con cui si lavora è umano, ci vogliono mani leggere e cuore grande, non dimentichiamolo. Per il resto, credo che sia meglio impugnare la pinzetta dell’umiltà, guardarci nello specchio della divina umanità di Gesù e cercare di vedere ed estirpare le nostre travi, prima di guardare le pagliuzze negli occhi dei fratelli.

Tra le pagine più dolorose della Chiesa

Il secondo livello del discorso è invece rivolto, come dicevo, ai vescovi. Soltanto loro infatti hanno il potere e il dovere di permettere o proibire nel nome di Gesù e ogni loro deliberazione viene ratificata in cielo: «Tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo».
Queste parole spingono il pensiero nelle pagine più dolorose e difficili della storia della Chiesa: gli scismi, le sette, le scomuniche… Le scomuniche: credo che una delle scelte più terribili che competono a un pastore sia proprio la decisione di scomunicare qualcuno. Sappiamo che la parola scomunica significa “fuori dalla comunione”,  fuori dalla comunità della Chiesa. Significa peccato mortale, inferno, tralcio tagliato via e destinato a seccare e ad essere bruciato.

Qualche chiarezza su un problema attuale

Anche oggi, lo sappiamo tutti molto bene purtroppo, ci sono tra noi persone scomunicate dal Papa e siccome molti mi chiedono delucidazioni su questi eventi inquietanti, proverei a fare un pochino di chiarezza. Ho molto ammirato Benedetto XVI, quando ha dato le dimissioni con umiltà e coraggio, reintroducendo una possibilità legittima nella vita della comunità cristiana e dimostrando così che prima del nostro bene personale per noi cristiani, per tutti noi cristiani, vengono la fedeltà a Dio e il benessere della sua Chiesa.
Purtroppo però questo suo gesto, di una nobiltà inusuale ma grandiosa, ha offerto l’occasione, ad alcune persone, di prendere la palla al balzo per attaccare il suo grandissimo successore (quel Francesco per il quale non ringrazieremo mai abbastanza il Signore) dichiarandolo un papa illegittimo e quindi andando ben al di là della semplice calunnia. Non tocca a noi entrare nel merito dei comportamenti che hanno provocato la scomunica: si tratta di argomenti complessi e quindi non affrontabili in questa sede. Ci basti sapere che quando qualcuno afferma pubblicamente che la Chiesa attuale è una falsa Chiesa e si pone dichiaratamente al di fuori di essa, la scomunica è soltanto la conseguenza, un atto dovuto potremmo dire, la ratifica di una volontà dichiarata.
Tante persone si chiedono (e mi chiedono) come sia possibile che della gente normale arrivi a questo punto. C’è chi parla di delirio di onnipotenza, chi mette in scena la follia, l’orgoglio smisurato, un bisogno spasmodico di visibilità, un desiderio di vendetta, una percezione distorta di sé e delle proprie doti, una vanità portata all’estremo, un odio altrimenti ingestibile e addirittura la possessione diabolica.
Io direi di non porci domande e di non giudicare. Non tocca a noi: chi doveva giudicare, perché chiamato a farlo, l’ha fatto e noi dobbiamo solo accettare. Una cosa è però importante anche per noi: dato che gli scomunicati sono nel peccato, e ci rimangono, a noi cristiani non possono non recare un grande dolore e anche un grande danno, nell’ottica della Chiesa come comunione dei santi.
E allora che cosa possiamo fare? La risposta è facile fratelli: possiamo pregare. Pregare per loro, perché si pentano e chiedano perdono, pregare per i vescovi e per il Papa, perché il Signore li sostenga e li conforti, soprattutto nei momenti più difficili e faticosi del loro ministero. E possiamo amare la verità e la Chiesa. Da poveri cristiani, certo, ma con fiducia.

Dove sta la concretezza della preghiera?

Ma ora, prima di salutarci e di entrare con il cuore nuovo nella luce di questa giornata, scaldiamoci alla bellezza delle ultime parole che Gesù ci dice oggi: «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». Ecco la concretezza della preghiera cristiana,  che non è qualcosa di evanescente, una specie di fuga romantica e illusoria dalla realtà, in un mondo immaginario e dorato, come alcuni pensano, ma un reale incontro con Dio e tra fratelli, alla presenza di Gesù. E’ un’esperienza vera, un’esperienza di relazione che porta con sé tutto il peso della nostra carne sofferente e delle nostre vite combattute, giorno per giorno, sul terreno duro della nostra piccola umanità. E’ un incontro vero: spesso è abbandono a Lui, forse ancora più frequentemente è lotta, sempre è Amore.
E se mi dite che questi ultimi versetti sono slegati dal resto del discorso, vi dico che non è così. Queste parole sono state messe qui, perché dichiarano che la vera preghiera passa obbligatoriamente attraverso la comunione con i fratelli nella Chiesa: ciò che rende autentica, e quindi ascoltata da Dio, la preghiera cristiana, anche quella individuale, anche quella contemplativa, è l’essere nella e della Chiesa. E questo ci riporta al discorso di prima.
Grazie. E a presto.

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Dream Heroes. Book illustrations design di Kseniya Urban.