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La morte non esiste (podcast e testo scritto)


Storia di Lorenzo e di una ragazza di 19 anni: per capire, tra fenomenologia e ontologia, che la morte non esiste. Testo scritto e podcast di Elikya, la radio dei missionari comboniani. 
Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini, Mariarosa Tettamanti, formatrice diocesana, Milano, 10 agosto" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 12, versetti da 24 a 26.

In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà.

Prima storia: il fagiolo 

Tre storie vi voglio raccontare oggi: la storia di un fagiolo, la storia di Lorenzo e la storia di una strana ragazza di 19 anni. La storia del fagiolo è semplicissima, si svolge a scuola e molti di voi sicuramente la conoscono.
Si mette sul fondo di un bicchiere un po’ di cotone idrofilo, lo si inzuppa con dell’acqua, sopra si mette un fagiolo (o due, se volete) e lo si copre con dell’altro cotone inzuppato; poi si ripetono le operazioni con un altro bicchiere, nel quale però si mette un sassolino. Tutte le mattine i bambini a turno bagnano leggermente l’ovatta e poi ne alzano delicatamente un lembo per vedere, disegnare, scrivere quello che succede.
E succede che, mentre il sasso rimane com’è, non si muove, al fagiolo accadono cose strane e forse anche non molto piacevoli. Prima gonfia e cambia colore, diventa proprio brutto, e i bambini dicono: “Maestra, il fagiolo è quasi marcio, è morto, bisogna buttarlo via!”. “Ma no, lasciamolo stare, diamogli un’altra possibilità” dice la maestra… finché al terzo o quarto giorno il fagiolo appare spaccato, rotto, e dalla frattura esce una puntina bianco verde, che diventerà una piccola radice. Poi appariranno le foglioline su uno stelo che si allungherà e così via.
E il fagiolo dov’è? Non c’è più, è sparito, è proprio morto, anzi si è trasformato: al suo posto c’è una nuova piantina. La metteremo in un vasetto con del terriccio e poi, con l’aiuto del nostro operatore scolastico, la trapianteremo in un’aiuola nel giardino dietro la scuola.
E il sasso? Il sasso è rimasto lì, non si è mosso, non ha dato vita a niente: “Buttiamolo via va’!”.

Seconda storia: la ragazza

E ora la ragazza. E’ figlia unica, di famiglia agiata e atea; ha finito il liceo, ha molti amici, ha il fidanzato, le piace ballare, le piace la filosofia… insomma ha tutto ciò che le serve per essere felice. Eppure un giorno questa ragazza scrive una lettera, che io purtroppo devo tagliare in molti punti, in cui dice che, siccome Dio non c’è, all’umanità rimane solo una certezza, che è anche una grande e indiscutibile infelicità: la morte.
«È davanti alla morte» scrive «che dobbiamo diventare realisti (… ) pratici (…) La gente per bene mi sbalordisce per la sicurezza (…) Sono sicuri di lavorare per la felicità degli altri. È perlomeno discutibile. Più la vita è buona, più è duro morire (…) Gli innamorati sono radicalmente illogici (…): “Ti amerò per sempre”. Non vogliono prendere coscienza del fatto che saranno necessariamente infedeli; e che questa infedeltà si avvicina ogni giorno di un giorno (…), senza contare la vecchiaia, questa morte a rate (…)  Ah, ma intanto non è stata liquidata la successione di Dio! Egli ha lasciato dappertutto ipoteche d’eternità, di potenza, di anima (…) E chi è stato l’erede? (…) La morte. (…) Egli poteva tutto: la morte viene a capo di tutto. (…) E’ dappertutto, invisibile, efficace; dà un piccolo colpo e l’amore cessa di amare, il pensiero di pensare, un bimbo di ridere (…). Siamo tutti vicini (…) al nulla assoluto. Abbiamo o non abbiamo il fegato di ammetterlo?». Piuttosto agghiacciante direi. E questa ragazza è così convinta che Dio non esiste che la questione fondamentale della sua vita diventa proprio la necessità di trovare delle conferme inoppugnabili alla sua inesistenza.  
Poi le succede d’incontrare… Ma lasciamo che ce lo dica lei stessa: le succede d’incontrare «parecchi cristiani né più vecchi, né più stupidi, né più idealisti o visionari» di lei, che vivono la sua stessa vita, discutono come lei, si divertono come lei. «Questi miei compagni» dice «si sentivano a loro pieno agio in tutta la mia realtà… ma portavano con sé “la loro realtà” (…) Parlavano di tutto, ma anche di Dio (…) e mescolavano in tutte le discussioni, nei progetti e nei ricordi, parole, “idee”, messe a punto di Gesù Cristo. Gesù avrebbero potuto invitarlo a sedersi e non sarebbe sembrato più vivo». A forza d’incontrarli, la ragazza capisce che deve togliere Dio dalle prigioni dell’assurdo in cui l’aveva relegato, per collocarlo nei territori del possibile, e quindi la sua domanda si modifica e diventa: “Potrebbe esistere Dio?”
Allora lei sceglie ciò che le sembra tradurre meglio il suo cambiamento di prospettiva: decide di pregare. «Dopo, leggendo e riflettendo» dice «ho trovato Dio; ma pregando ho creduto che Lui mi trovasse e che Lui è la realtà vivente, e che si può amarlo come si ama una persona». E allora la sua vita cambia.

La morte non esiste

Va bene, ok, ma che cos’hanno in comune la storia del fagiolo e la storia di questa ragazza? Hanno in comune il fatto di essere due narrazioni di realtà che parlano della stessa cosa, cioè dell’unico argomento veramente inaffrontabile: la morte
La prima è la storia di un seme che sembrava defunto, ma in realtà stava solo cambiando il modo di vivere e usciva dalla sua solitudine di monade per entrare nella gloria della fecondità; la seconda, la ragazza, scopre che la morte non è la fine e attraverso la fede entra in una vita diversa, una vita di felicità pura, una vita da estasi, come dirà lei stessa. E sì, perché questa ragazza è Madeleine Delbrel, una delle mistiche della gioia più significative dei nostri tempi. Ecco allora il punto in comune: entrambi i vissuti ci dicono che la morte… che la morte non esiste.
La morte apparente del fagiolo (o di qualsiasi altro seme, come quello di cui parla Gesù nel Vangelo), che si trasforma in vita e in relazione, e la morte conosciuta e indirettamente esperita da Madeleine esistono, sì, ma solo come esperienza, perché non hanno per chi crede consistenza di verità. Per dirla in filosofia un po' spicciola, la morte per un credente esiste sul piano fenomenologico, ma non a livello ontologico, perché se la morte di un uomo per definizione è la fine irreversibile della sua vita, allora non esiste, dato che in realtà (nella realtà della fede) la morte è solo un passaggio, una dormitio, che segna l’avvio della vita in forma piena.

Terza storia e conclusione

Quanto alla storia di Lorenzo la conoscete: Lorenzo è in realtà san Lorenzo, il santo che festeggiamo oggi, morto martire, bruciato su una graticola. La sua vicenda unisce le altre due storie: come il seme, il suo corpo si è dissolto aprendosi alla Vita e producendo frutti di santità,  come Madeleine ha scoperto che la morte in quanto indiscutibile infelicità non esiste, tant’è che lui l'ha affrontata perfino con umorismo, secondo la tradizione.

Ecco amici, sono contenta. Sono contenta perché ho potuto riflettere con voi su un argomento che sembra brutto e invece è bello, sembra pesante e invece è di una leggerezza incantevole, sembra inquietante e invece comunica una pace infinita. 
Buona fede, amici! A tutti noi.

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Sguardi di vita di Luca Petrucci.