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L'aspirante agricoltore (podcast e testo scritto)


Il piccolo Gigino, due grandi cardinali, un noto liturgista e una mamma: tutti insieme ci spiegano la bellezza dell'Eucaristia, attraverso la parabola della vite e dei tralci. Nel post si trovano il testo scritto, il podcast di Elikya (radio comboniana) e due illustrazioni di Virna Paghini, di cui una da colorare.

Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini, Mariasarosa Tettamanti, Formatrice diocesana, Milano, 10 Maggio" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 15, versetti da 1 a 8.

"Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Storia di Gigino, l'aspirante agricoltore

Cari amici, qui ci vorrebbe un vignaiolo, o almeno un agricoltore che s’intenda della coltivazione della vite e ci racconti quanta dedizione richiede la crescita di questa bellissima e utilissima pianta, dal momento in cui viene interrata alla vendemmia. E ci racconterebbe anche, l’agricoltore, dell’importanza della potatura per la vite...
Ma voi sapete la storia di Gigino, cioè quella storia vera che alcune catechiste raccontano ai bambini prima di entrare con loro nei sentieri aperti da questa parabola? Ma sì, ridiventiamo un po’ bambini anche noi, ogni tanto fa bene. Ascoltiamo.
Allora… C’era questo Gigino, che da grande voleva fare il coltivatore diretto e così seguiva il nonno nei campi e nel vigneto. 
Un giorno Gigino scorge, appeso al tralcio di una vite, un grappolo d’uva non ancora maturo, ma già bello da vedere e allora pensa: “Ora io stacco questo ramo dalla pianta, lo porto di nascosto nella mia cameretta, aspetto che l’uva maturi e poi la regalo alla mamma”. Fa proprio così Gigino, ma è costretto ad accorgersi ben presto di aver sbagliato: le foglie della vite si afflosciano, il ramo si fa sempre più secco e il grappolo d’uva non matura per niente. 
Allora va dal nonno con i lucciconi negli occhi e gli mostra il tralcio. Il nonno asciuga le lacrime del nipotino, lo prende tra le braccia e gli spiega che, staccando il tralcio dalla vite, lui ha tolto il nutrimento al povero ramo, perché la vite con le sue radici succhia l’acqua e i sali minerali e poi li manda, trasformati in linfa, a tutte le parti della pianta. “Ora” dice il nonno “questo ramo lo bruciamo, perché è secco, non serve più, ma per il futuro ricorda: i tralci staccati dalla vite muoiono!”.

Entriamo nei simboli 

Ecco, a tanti di noi oggi capita di comportarsi proprio come il tralcio strappato da Gigino: magari siamo grappoli belli da vedere e promettenti, ma se lasciamo che, non la manina tenera di un bambino, ma la durezza del peccato ci strappi da questa vite che è Gesù ci autodestiniamo alla morte, quella vera, quella dell’anima. La vite è Gesù e quindi per noi è soprattutto l’Eucaristia. E infatti questa è una parabola eucaristica. Vediamo di capirla meglio, entrando nei simboli.
Che cosa significa portare molto frutto? Ce lo lasciamo dire dal cardinal Martini: «Nell’Eucaristia tutto ciò che è umano (capacità, entusiasmo, genialità …) viene assunto e insieme purificato, rigenerato, valorizzato e dotato del suo vero fondamento». È questo il grappolo d’uva che matura. «In questo senso l’Eucaristia» dice ancora il cardinale «diventa la forma vera dell’esistenza. Essa giudica la vita, perché è principio di esigenze comportamentali ma, più che rivolgerci un discorso morale, c’insegna a superare la legge con la Grazia, facendo di noi delle donne e degli uomini spirituali» e «donandoci un’intelligenza sempre più viva e penetrante del mistero celebrato» aggiunge il liturgista mons. Claudio Magnoli. Il grappolo d’uva maturo è dunque l’uomo spirituale.
E il cardinale Ugo Poletti, durante il Convegno eucaristico che si tenne a Milano un bel po’ di anni fa, disse che l’Eucaristia allontana dall’uomo l’effimero e l’autosufficienza presuntuosa e lo aiuta a ritrovare un equilibrio che è giustizia, pace, perdono, riconciliazione e serenità. Ecco i frutti di cui parla Gesù. Li ripeto piano: giustizia, pace, perdono, riconciliazione, serenità, in rapporto a Gesù e tra di noi.

Concludiamo con Laura

Per questo senza l’Eucaristia si vive «a braccio: non perché il Signore sia meno vicino, ma perché si è meno capaci di renderci conto della sua presenza»: lo scrive Laura, una di noi, una di Elikya, ma lo dicevano con altre parole anche le nostre nonne (come lei stessa ricorda), mosse dalla sapienza antica della loro età: «Noi siamo ciò che mangiamo». Noi siamo ciò che mangiamo, amici: mangiamo Gesù, siamo Gesù, ci conformiamo a Lui… pur con tutte le nostre manchevolezze, che resteranno, state tranquilli, resteranno eccome, ma saranno contenute in un cuore di carne, un cuore che pulsa, un cuore che freme, non in un cuore di pietra. Grazie a voi amici, e grazie a Carlo Maria, a Ugo, a Claudio, a Laura… e anche a Gigino… grazie davvero!

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Magic Apprentice di Spring Nguyen.