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C'è un tempo per tacere (podcast e testo scritto)

Di chi è figlio il raccoglimento? Come si genera? E perché c'è un tempo per parlare e un tempo per tacere? Andiamo insieme alla scoperta di alcuni temi importanti per la nostra vita spirituale. Nel post si trovano un testo scritto e un podcast di Elikya (iniziativa dei missionari Comboniani). Per ascoltare dal podcast, cliccare sul cerchietto giallo con la freccina bianca al centro.

Ascolta "Elikya-la speranza del Vangelo senza confini, Mariarosa Tettamanti, formatrice diocesana, Milano, 10 Febbraio" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Marco, capitolo 7, versetti da 31 a 37.

Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Gli portarono un sordomuto

«Gli portarono un sordomuto»: questa volta non è la persona con disabilità a prendere l’iniziativa, a chiamare Gesù, a chiedere aiuto, ma qualcun altro; il sordo sembra essere passivo, però si fida di chi lo conduce. È bella questa fiducia, vuol dire che questa persona è amata. Molto probabilmente si tratta di un pagano, dato che il viaggio di Gesù avviene nel territorio della Decapoli e quindi in zona pagana. E abbiamo un corpo a corpo meraviglioso tra il figlio di Dio e un figlio d’uomo come tanti, nemmeno legato al Cristo dalla fede nello stesso Padre. Le dita dell’Uno nelle orecchie dell’altro, la saliva dell’Uno sulla lingua dell’altro, un contatto strettissimo che si alza poi verso il cielo nello sguardo di Gesù, nel suo sospiro, nella sua voce: “Effatà”, “Apriti”. E le orecchie chiuse si aprono e accolgono una parola ammaliante come musica e la lingua legnosa e annodata si scioglie, acquisisce elasticità e morbidezza, articola parole che vengono da molto lontano nel tempo, cioè da anni di silenzio. Ora, il non più sordo misura tutta l’entità del dono che ha ricevuto, capisce che cosa vuol dire udire, comunicare, parlare… e possiamo solo immaginare la sua gioia.

Le mani

Le mani di Gesù. Dio tocca i malati con le mani di Gesù. Dio tocca i sofferenti e con il suo tocco assume su di sé il loro dolore. Nel suo sospiro è forse celata questa assunzione, che diventerà tangibile tra gli ulivi e sul monte della croce.
E mentre dà la parola all’uno, Gesù la toglie agli altri, intimando di non dire nulla. "C’è un tempo per parlare e un tempo per tacere" sembra dire il Maestro.
E l’uomo affetto dalla sordità ora parla correttamente. Ma… perché questo avverbio? Perché correttamente? Che cosa vuol dire? Significa forse che la pronuncia del miracolato è perfetta? Niente rotacismo, niente s sibilante, niente pronuncia blesa, niente balbuzie? Mah… può darsi, ma per noi che non abbiamo problemi di fonazione, o se li abbiamo sappiamo come curarli, che cosa potrebbe voler dire questa cosa?

La santa Scolastica

Ce lo insegna la santa che festeggiamo oggi: santa Scolastica. Un po’ antica questa santa… ma del resto la storia della Chiesa è tutta un presente, lo sappiamo.
Una delle maggiori raccomandazioni di Scolastica alle sue suore era quella di osservare la regola del silenzio. Però poi… Però poi sentite questa. Scolastica era sorella di san Benedetto, al quale era molto legata. Una volta chiese a suo fratello, che era venuto in visita da lei, di protrarre il loro colloquio spirituale fino al mattino seguente, ma Benedetto si oppose per non infrangere la regola. Allora Scolastica implorò il Signore di non far partire il fratello e subito dopo si scatenò un improvviso e violento temporale che costrinse Benedetto a rimanere con lei conversando tutta la notte. Una coincidenza? Può darsi.
Ma come la mettiamo con il silenzio? Scolastica imponeva il silenzio alle sue monache e poi chiacchierava tutta la notte con suo fratello?

C'è un tempo per parlare e un tempo per tacere

È chiaro, amici: c’è un tempo per parlare e un tempo per tacere. È chiaro che la parola e il silenzio sono entrambi due grandi valori, che devono trovare il giusto equilibrio nella nostra vita.
Se non vuole essere vana, la parola deve nascere dal silenzio. È il silenzio che plasma le parole, le modella, le cesella, le scolpisce, le rende preziose. È il silenzio che ci avvicina a Gesù, ci permette di sentire il suo corpo vicino al nostro, di sentire il suo sospiro, il sapore della sua saliva. 
E dal silenzio le parole escono pensate, lucidate, ricche di senso, capaci di dare benessere e gioia. “Le chiacchierone non saranno mai contemplative” scrisse la serva di Dio Elena da Persico. Ha ragione: la chiacchiera è bella soltanto se s’inzuppa di ascolto, se si ripulisce dal pettegolezzo, se apre agli interlocutori tutta la bellezza della vita, se accoglie le confidenze come un dono da custodire con fedeltà... ma tutto questo richiede appunto il silenzio.

Generare raccoglimento

Solo il silenzio abilita a dimorare nell’interiorità e quindi genera il raccoglimento. Ma che cos’è il raccoglimento? E poi, chi è la persona raccolta?
La persona raccolta è colei che è capace di armonizzare sensazioni ed emozioni, ha un mondo interiore forte e quindi è in grado di reggere agli urti della dissipazione che viene dall’esterno. Sa stare sola con sé stessa e a lungo in chiesa davanti al tabernacolo, sa frequentare la Parola di Dio, sa “entrare e uscire dal proprio io interiore con equilibrio”, come dice il Guardini, ed essendo entrata in possesso del proprio io, ha acquisito l’indipendenza interiore. La persona raccolta è sempre a contatto con il luogo in cui dimora il Signore e dove impara a diventare come Lui.
E sia questa la nostra meta… con l’aiuto del Signore. Io chiederò questo dono per voi, voi chiedetelo per me, per favore. Grazie!

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Nature II di Carolina Bergamaschi.