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Il fico e la torre

Da Caino in poi c'è stata sempre un'altra possibilità per i peccatori nel cuore di Dio. Lo dice la parabola del fico sterile secondo Luca.

Dal Vangelo secondo Luca, capitolo 13, versetti da 1 a 9.

In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: «Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?». Ma quello gli rispose: «Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai»»

Da Caino al fico

Dopo l’omicidio di Abele, disse Caino al Signore: “Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere”, ma il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato. Dunque fin dalle prime pagine del mito biblico del Genesi, la volontà di Dio è chiara: nemmeno il peccato più grave, nemmeno il fratricidio, merita la morte; tutti hanno diritto a continuare a vivere, per tutti dev’esserci la possibilità di convertirsi e di cambiare. La pena di morte non è contemplata dal disegno di Dio, il quale è sempre pronto a scommettere sull’uomo.
Fatte le debite modifiche, questo potrebbe essere uno dei significati della parabola del fico che non dà frutti, ma invece di essere maledetto e seccato, come succede negli altri sinottici, qui, nel Vangelo di Luca, viene ancora curato e concimato, perché gli venga data un’altra possibilità. Alla maledizione, Luca preferisce la parabola della pazienza, più consona alla mitezza di Gesù.

La torre e il coronavirus

Oggi però vorrei fermarmi più a lungo sulla prima parte di questo testo. L’episodio non molto chiaro riportato all’inizio, infatti, e soprattutto il commento di Gesù al crollo della torre di Siloe insegnano che non c’è una relazione di causa/effetto tra colpa e calamità, ma che anche le calamità possono diventare inviti provvidenziali alla conversione. Si tratta di leggere in ciò che accade i messaggi di Dio, alla luce del Vangelo ovviamente.

Facciamo due esempi riferiti all'altro ieri della nostra storia personale e collettiva: il coronavirus naturalmente. E immaginiamo per incominciare di dover aiutare un bambino a misurarsi in modo positivo con le privazioni imposte dal virus. Credo che le strade siano tre. Prima strada: lasciamo che si pianga addosso in modo che impari a sentirsi una vittima; seconda: gli diciamo che tutti i politici sono degli incapaci e dei delinquenti, in modo da aumentare la sua rabbia e il senso di frustrazione; terza: gli diciamo che i sacrifici (si tratti di stare in casa, di tenere la mascherina o di lasciarsi vaccinare) proteggono la vita dei più fragili, così lo aiutiamo a guardare oltre se stesso e i suoi bisogni, a trascendersi nel donarsi, a sperimentare la bellezza appagante del prendersi cura di chi è più debole, e gli diamo gambe e ali per procedere nelle relazioni sulle lunghe distanze. Credo che non ci sia bisogno di dire quale sia la strada giusta.
Secondo esempio. Ho visto durante il lockdown molte persone lamentarsi delle proprie case divenute prigioni, finché a qualcuno è venuta un’idea: perché non trasformare le prigioni in catacombe? Non più carceri, ma cimiteri divenuti luoghi di vita, regni dell’oscurità inondati dalla luce della fede e della preghiera, nascondigli diventati terreni di semina per un futuro più bello. Il televisore è diventato allora un altare virtuale intorno al quale stringerci per vivere l’Eucaristia e abbiamo offerto piangendo la sofferenza per la mancanza concreta del Pane di vita, sapendo però che il Signore non avrebbe mai smesso di nutrirci con la sua Parola. Allora è stato bello rivivere l'alba della Chiesa, lontani e insieme.
Ancora un esempio. La prossimità con il dolore, la paura, l’esperienza del limite hanno costretto molti ad alzare lo sguardo e a rivolgersi a quel Dio che avevano abbandonato nelle sale del catechismo dopo la Cresima: si sono viste allora corone del rosario rispuntare dai cassetti, icone rispolverate e riesposte nelle case dalle quali erano sparite, segni di croce ritrovati con un po’ di fatica, preghiere uscite dai dimenticatoi dell’anima e riprese con sorpresa e gioia. Molte persone hanno così potuto capire dove abitavano i loro desideri più veri, hanno visto la forma dei sogni più autentici, hanno avvertito i bisogni e le risposte capaci di restituire l’umanità a sé stessa, apprendendole dall’Unico che ci conosce e può sussurrarle ai recettori acustici dell'anima.
Dunque si può. Sono queste le novità, le conversioni, da custodire con cura se vogliamo ritrovarci finalmente fratelli, uniti dalla stessa barca, che abbiamo scoperto molto più fragile e barcollante di quanto credessimo.

M. Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Starfly. Childrens book illustrations di Kseniya Urban