Passa ai contenuti principali

Gesù mentalista? (podcast e testo scritto)

Il cielo aperto e un volare su e giù di angeli: insegnando all'uomo a chiamare Dio "Padre nostro", Gesù ha dato un papà all'umanità ferita e dispersa. La spiegazione è nel podcast di Elikya (iniziativa dei missionari comboniani) e nel testo scritto che lo segue.

Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini, Mariarosa Tettamanti, Milano, 29 Settembre" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Giovanni, primo capitolo, versetti da 47 a 51.

Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità». Natanaele gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fichi». Gli replicò Natanaele: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l'albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo».

Gesù mentalist?

Gesù mentalist… o chiaroveggente? Ma no, non scherziamo. Guardiamo piuttosto questo tenerissimo Natanaele, che dovrebbe essere l’apostolo Bartolomeo secondo la maggioranza degli studiosi. Quest'uomo arriva a dire: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!»... solo per questa specie di indovina indovinello di Gesù. Allora ha ragione Gesù quando gli dice: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l'albero dei fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste, caro il mio Natanaele!».
E subito noi pensiamo ai miracoli: seguendo Gesù, Natanaele vedrà la risurrezione di Lazzaro, la guarigione del cieco nato, dei paralitici, il figlio della vedova di Nain… certo vedrà cose ben più grandi. Eppure mi sembra che Gesù non dica questo. Gesù in realtà dice: «Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo». È la scala vista in sogno da Giacobbe, ricordate, quando stava scappando dal fratello Esaù. 
Che cosa rappresenta questa scala, questo andare su e giù degli angeli? Raffigura la comunicazione tra Dio e l’uomo, quindi Gesù sta dicendo: «Attraverso me potrete comunicare con Dio, potrete conoscere il Padre, vedere in me il Padre». Questo è il più grande dei prodigi di Gesù! Questa è la meraviglia più grande! Autorizzarci a chiamare padre Dio, regalare un padre a questa umanità dispersa.

E però ci vuole la fede

«Ah ma allora Gesù sta parlando anche a noi!»
«E certo, anche a noi è data la possibilità di conoscere e comunicare con il Padre attraverso Gesù: "Padre nostro" diciamo tutti i giorni».
«Però ci vuole la fede». 
«E sì, certo, ci vuole la fede».
Sì, ma è la fede di questo primo Natanaele, la fede che si attacca ai segni, quella che ci è donata e chiesta? 
Scriveva il cardinal Ravasi in uno dei suoi primi libri (Quale Dio così vicino?) che la preghiera che cerca un segno, la fede che cerca un segno, è primitiva. Nessuno nega che sia fede, certamente, ma chiede di compiere un bel po’ di passi avanti.
Ricordo quando, un bel po’ di anni fa, scoppiò il fenomeno delle Madonne che piangevano lacrime di sangue e i giornali riportavano le fotografie di lunghe file di persone che andavano a vedere e speravano e temevano che il fenomeno fosse reale, anzi soprannaturale. Ma poi si scoprì che qualcuna di queste statue (più di una per la verità) era stata lordata  con una siringa. Terribile pensare che qualcuno si prendesse gioco del bisogno di segni di tanta gente. Ricordo che tenni per un po’ le foto dei giornali per non dimenticarmi di pregare per la fede, la mia e quella di tutti i cristiani.
Perché la fede di per sé è cieca e continua a camminare nel buio, non vuole segni, non li chiede. Ce lo dice Trilussa, con quella sua poesia gustosa e commovente, che ci ha letto anche Papa Luciani in una sua indimenticabile catechesi. La ricordate sicuramente. So che tantissimi di voi la conoscono, ma è così bella che voglio rileggerla.

Quella vecchietta cieca, che incontrai
la notte che me spersi in mezzo ar bosco,
me disse: - Se la strada nun la sai,
te ciaccompagno io, ché la conosco.
Se ciai la forza de venimme appresso,
de tanto in tanto te darò 'na voce,
fino là in fonno, dove c'è un cipresso,
fino là in cima, dove c'è la Croce…
Io risposi: - Sarà … ma trovo strano
che me possa guidà chi nun ce vede … -
La cieca allora me pijò la mano
e sospirò: - Cammina! - Era la Fede.

Eppure, voi mi dite, ci sono giorni nella vita in cui anche la mano della vecchietta cieca sembra scivolare via e noi brancoliamo nel buio, senza guide. Che fare allora?

Resta sempre la speranza

Resta sempre la speranza, l’ultima a morire, come dice il proverbio. “La speme, l’ultima dea”, la chiama il Foscolo, che traduce con un verso superbo ciò che noi, gente semplice, diciamo con un altro proverbio: “Finché c’è vita c’è speranza”. Oppure la speranza sorpresa di Dio, come la descrive il Peguy:

Ma la speranza, dice Dio, la speranza sì, che mi sorprende.
Che questi poveri figli vedano come vanno le cose e credano che domani andrà meglio.
Questo sì che è sorprendente 
E non so darmene ragione.
Questa piccola speranza che sembra una cosina da nulla,
Questa speranza bambina.
Insignificante.
Ma è proprio questa bambina che attraverserà i mondi.
Lei sola, portando gli altri…
La piccola speranza che avanza
fra le due sorelle maggiori,
la fede e la carità,
sulla via della salvezza,
sulla via carnale,
sulla via accidentata della salvezza,
sulla strada interminabile,
la piccola speranza.
Avanza.
E cammina.
Al centro.
A spingere le due sorelle maggiori…
Perché la Fede non vede se non ciò che è.
E lei, lei vede ciò che sarà.
La Carità non ama se non ciò che è.
E lei, lei ama ciò che sarà per così dire nel futuro della stessa eternità.
Sul sentiero in salita, sabbioso, disagevole.
sembra lasciarsi trascinare…
Mentre è lei a far camminare le altre due.
E a trascinarle,
E a far camminare tutti quanti,
E a trascinarli.
Perché si lavora sempre solo per i bambini.
E le due grandi camminano solo per la piccola.

Ecco, questo cammino sui sentieri della poesia ci ha detto che la speranza è la virtù delle cose ultime, l’unica che fa gustare in anteprima la gloria del figlio di Dio e i cieli aperti e gli angeli che vanno su e giù. La visione promessa a Natanaele.

Perché tu… che cosa dici a un morente, o a una persona che sta scivolando lungo la china di una malattia assolutamente incurabile e sempre più invalidante, che cosa le dici se non la verità? E se questa persona ti chiedesse, come è successo a me:
“Che senso ha la fede nella mia situazione, la fede, come mantenerla?”
Che cosa le dici se non vuoi raccontare storielle che manchino di rispetto alla sua intelligenza? Io le ho detto così: 
“Non preoccuparti se senti scivolare via dalla tua vita, insieme alle forze e al respiro, perfino la mano della vecchietta cieca che ti ha guidato finora. Non preoccuparti, mantieniti nella dolcezza. E vedrai che nella tua mano s’insinuerà piano piano la manina piccola ma certa della sua sorellina, della speranza, che ti insegnerà a guardare nel futuro della stessa eternità. Sogna, amica mia, sogna, perché per te, come per tutti noi, il bello della vita sta per venire”. 

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Fairy di Anastasia Al - Kilani.