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La sai una cosa Gesù? (podcast e testo scritto)



Gesù e il coraggio del medico, che non schifa le piaghe purulente, ma le cura e le guarisce. "Culpa felix" ascoltiamo da sant’Agostino e cantiamo nel Preconio pasquale. Nel post il testo scritto e il podcast di Elikya (iniziativa dei missionari comboniani), per ascoltare il quale occorre cliccare sul cerchietto giallo con la freccina bianca al centro.

Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini, Mariarosa Tettamanti, formatrice diocesana, Milano, 25 Febbraio" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Luca, capitolo 5, versetti da 27 a 32

Dopo questo egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C'era una folla numerosa di pubblicani e di altra gente, che erano con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».

Levi, il collaborazionista 

Eccolo qui, Levi, il figlio di Alfeo, il collaborazionista dei Romani dominatori, il traditore della sua gente, pubblicano a causa della sua stessa professione: eccolo seduto al banco delle imposte, intento al suo sporco e malfamato lavoro. Matteo l’impuro, l’emarginato, la persona da non frequentare, da tenere il più lontano possibile. Ai tempi di Gesù, l’abbiamo già ricordato, agli esattori non si dava nemmeno la mano, anzi c’era chi sputava per terra quando li vedeva e chi li chiamava cani, come i samaritani.

Ieri e oggi il dio denaro 

Ma come viveva la sua situazione di emarginazione questo esimio esattore delle tasse? È presto detto: per lui e per i suoi amici ciò che contava era il denaro; tutto il resto veniva dopo, chiaro. “Che cosa m’importa se le persone per bene mi guardano male e mi giudicano? Intanto iI mio portafoglio è pieno, la mia pancia è sazia, la mia casa è lussuosa, gli amici non mi mancano… e sono uomini come me, che fanno ciò che faccio io senza inutili sensi di colpa e senza ripensamenti. Noi siamo i forti, gli altri, quelli che hanno bisogno di regole per vivere sono deboli. Noi ce ne freghiamo dei comandamenti, dell’onestà, dei parrucconi e dei perbenisti. Cerchiamo di goderci la vita piuttosto e spendiamo allegramente i nostri soldi, tra banchetti e divertimenti”.
Quante volte, certamente in maniera camuffata, vediamo vissuti, se non sbandierati, questi disvalori, quanta gente oggi la pensa così, come questo Levi della prima ora? L’importante è guadagnare, è avere tanti soldi: con i soldi si può, si può più o meno tutto.

Chiamato!

Eppure io dico che qualche spazio, qualche spiraglio, qualche rimpianto, forse qualche tensione verso l’onestà, nel cuore di Matteo doveva esserci, se al perentorio “Seguimi” di Gesù non fa che alzarsi e seguirlo. Il fatto è che Gesù sa vedere al di là della professione, delle apparenze, al di là del peccato.
Quale sorpresa per Matteo essere chiamato dal primo dei giusti! Quali lacrime si saranno sciolte dentro di lui sentendosi oggetto dell’attenzione di un simile maestro? E quale delle sillabe di quel “se-gui-mi” avrà toccato le corde più nascoste del suo cuore?

Lo scombussolamento e il grande banchetto

Ed è così scombussolato e felice Matteo che prepara un grande banchetto nella sua casa, un banchetto al quale partecipano i suoi amici e i suoi conoscenti, pubblicani e peccatori come lui. E Gesù accetta l’invito e Gesù si siede con loro e Gesù è un amico in mezzo agli amici più cari. E gli Apostoli si mescolano con i pubblicani, i giusti con i peccatori... perché è così che piace a Gesù.

Sguardi arcigni e una risposta geniale

Ma anche questa volta non mancano gli sguardi arcigni e le bocche piegate nel disprezzo di coloro che si ritengono giusti. I soliti farisei. “Un maestro che si insozza con persone indegne della compagnia degli uomini onesti? Ma no, non può essere un vero maestro!”
“Non sono i sani che hanno bisogno dei medici, ma i malati”: ah è una risposta geniale, questa di Gesù, che non può dare adito a nessuna contestazione. Il medico non schifa le piaghe purulente. “…Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”: ecco la spiegazione. E non c'è nulla da aggiungere.

La sai una cosa Gesù?

Anzi, la sai una cosa Gesù? Noi oggi siamo contenti di essere dei peccatori, perché così Tu ci chiami e ci regali il tuo per-dono, il tuo iper-dono, il tuo super-dono, il dono più dolce di tutti gli altri doni, il dono che ci riconcilia con il Padre, con i fratelli, con il mondo e con noi stessi, il dono che ci dà la pace, che ci assolve da ogni senso di colpa.
Culpa felix ci permettiamo di dire, copiando sant’Agostino e l’Exsultet del Preconio pasquale. Ma la colpa può dare felicità? Come funziona questa cosa così strana? Ma no, non è la colpa che dà felicità, MAI: è il perdono, che libera, che deterge, che purifica, che comunica dolcezza e gioia. Grazie Signore: solo Tu hai potuto rendere felice la colpa redimendola!

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Sguardi di vita di Luca Petrucci.