Passa ai contenuti principali

Le cinque oche (podcast e testo scritto)

La notte oscura e il solletico di Dio: come mantenere la fede nel buio dell'attesa. Nel post, testo scritto e podcast di Elikya (iniziativa dei missionari comboniani).

Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini,Mariarosa_Tettamanti, Milano, 09_Agosto" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 25, versetti da 1 a 13.

Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!” Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

La cerimonia nuziale e il tema dell'attesa

Tutti sappiamo che le vergini rappresentano i cristiani in attesa della venuta di Gesù Cristo: anche se Lui ritarda, la lampada deve restare accesa. Questo è il messaggio della parabola, che sembra descrivere in maniera succinta il cerimoniale nuziale ai tempi di Gesù, quando la sposa con le sue amiche aspettava lo sposo, il quale arrivava verso mezzanotte accompagnato dai paraninfi: allora c’era un’esplosione di gioia, dopo di che si riordinava il corteo per andare alla casa dello sposo, dove si celebrava il banchetto. Lo sfondo della parabola è dato dal tema dell’attesa e la domanda che nasce è questa: “Come vivere l’attesa alla maniera delle vergini intelligenti e non come le cinque oche giulive, scusate il termine, che hanno dimenticato l’olio?”

Aspettare non è facile

Incominciamo col dire che non sempre aspettare è facile, soprattutto non è facile aspettare nel buio, e ci sono attese terribili: la peggiore di tutte sapete qual è? È l’esperienza della notte oscura, cioè del non senso della fede, un’esperienza che sembra assalire in modo particolare proprio l’uomo d’oggi, il quale ha tanta paura del dubbio da liquidare spesso la questione di Dio senza ripensamenti. Sembra che gli uomini nostri contemporanei trovino molto più congeniale addormentarsi nell’oscurità e non svegliarsi, anziché mantenere la lampada della fede accesa, magari con fatica.

Qualche metafora per capire

E d’altra parte è vero che non è facile resistere. Cerco di spiegarmi con una metafora. Avete presente quegli incubi in cui il buio la fa da padrone? Tu cammini su una strada costeggiata dai boschi, pochi chilometri ti separano dal tuo paese, sai dove sei, ti sembra di vedere una piccola luce che però poi subito scompare. Perché le ombre della notte sono scese così presto? Eppure un momento fa c’era la luce. Allora dici a te stessa: “Devo continuare, devo arrivare a casa, non posso fermarmi qui”, ma poi capisci che non ce la fai, l’oscurità è troppo fitta. Ti devi fermare e hai paura e dietro di te sta arrivando qualcuno e forse è qualcuno che ha cattive intenzioni…Finché la compassionevole censura onirica ti sveglia e ti ritrovi col fiato corto a pensare: “Signore, grazie, era solo un sogno”.
    Ecco, io non trovo metafora migliore di questa per spiegare la notte oscura come la vissero ad esempio San Giovanni Paolo II, santa Teresa di Calcutta, il cardinal Martini… solo per citare alcuni nomi del nostro oggi. La notte oscura è quell’esperienza in cui ogni passo nella fede sembra inutile e impossibile ed è come se dentro di te sapessi che non è vero niente, che i cristiani si sono ingannati a vicenda per secoli, che questo maestro di Galilea era solo un saggio come tanti che ha fatto una brutta fine perché ha parlato e amato troppo. E così la vita diventa un cumulo di giorni avvolti nell’assurdità e nulla ha più senso, perché Dio non lo trovi più.

La parola ai santi

E allora… che cosa possiamo fare? Ce lo dicono i santi, che non smisero mai di cercare il loro Signore. Perché quando si è provata la vita soleggiata dalla fede, quando ci si è profondamente innamorati di Dio, si potrà credere di essersi sbagliati, ma non si potrà mai smettere di cercarlo. Diamo retta alla fede anche quando tace e lei non ci deluderà. E a un certo punto, l’incubo finirà. Per continuare con la metafora del sogno, cammineremo dentro un paesaggio semidistrutto ma illuminato, in compagnia di chi amiamo, guidati da custodi benevoli e protettivi, come le tre fiere dantesche rovesciate nelle loro intenzioni: il leone spaventoso ci difende, mentre la lupa e la lonza, di solito irrequiete e voraci, ci accompagnano ai lati come attenti guardiani.
    E quando Lui arriverà, perché è sicuro che arriverà, ci accorgeremo che il cercare inesausto, consegnandoci all’Amore, è stata la nostra invisibile lampada, ben fornita di olio. Allora c’importerà solo di Lui, l’abbraccio sarà forte e l’abbandono dolcissimo.

Quando l'olio finisce

Il problema sorge quando si permette alla lampada di spegnersi e all’olio di finire, cioè si smette di cercare Dio e di consegnarsi a Lui, come invece fece Santa Teresina di Gesù Bambino, nell’ultimo anno della sua vita, quando al disfacimento fisico si accompagnò il non senso della fede.
    Quando guardo i nostri bambini, che ricevono i sacramenti dell’iniziazione cristiana e sono colmi di fede, di speranza e di gioia, non posso credere che ritroveremo molti di loro dopo un po’ di anni tanto lontani dalla fede da non interrogarsi nemmeno più. Che cosa è successo? Sono forse fuggiti alle prime avvisaglie del dubbio, cercando la luce nei falsi miraggi del mondo? Bisogna raccontare le tenebre ai nostri ragazzi, prima che scenda l’oscurità, che è inevitabilmente indotta da un mondo che non fa più posto a Dio, e poi fare in modo che al momento giusto trovino chi li sostenga e li accompagni nel buio.

Un Dio che fa il solletico

Perché il sogno dell’anima non ama la censura onirica e il nostro è un Dio che fa il solletico: alla fine, ma solo alla fine, ci accorgeremo di aver riso con Lui tutto il tempo del nostro cammino nell’oscurità. Purché la venuta del Regno ci trovi con la lampada accesa. Auguri allora a me e a tutti voi.

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Shutterstock di Bala Lush.