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Vita per vita (podcast e testo scritto)


Dalla legge del più forte, al taglione, a Gesù: un bel viaggio, dalla culla dell'umanità ai giorni nostri. Davvero abbiamo camminato in tutti questi secoli? Nel post si trovano il testo scritto e il podcast di Elikya (iniziativa dei missionari comboniani)
  
Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini - Marirosa Tettamanti, 13 giugno" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 5, versetti da 38 a 42.

Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l'altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.

Vita per vita

Nell’infanzia dell’umanità, tra gli uomini come tra gli animali, vigeva la legge del più forte. Erano i tempi crudeli raccontati dal mito di Caino e Abele, quel mito che probabilmente esprimeva velandole le lotte tra i cittadini, che erano contadini e artigiani, e gli Israeliti nomadi e pastori. I cittadini possedevano il ferro e quindi le spade, perciò per loro, sedentari e ricchi, era facile razziare e rubare anche le greggi dei poveri israeliti, togliendo loro il poco che avevano. Era la legge di Lamech, che uccideva un uomo per una scalfittura, un ragazzo per un livido e si vendicava settantasette volte.
In questo contesto di sopraffazione, la norma giudaica del taglione, nel libro dell’Esodo, che declinava con precisione pignola “vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido” questa legge, dicevo, era già un tentativo di regolare la violenza, perché cercava di limitare gli eccessi della vendetta.
Gesù però abolisce anche la legge del taglione, proibisce cioè l’opposizione come vendetta personale e vieta il “male per male”, pur non impedendo la resistenza dignitosa agli attacchi ingiusti. Per far capire bene ciò che sta dicendo, il Maestro assume un tono chiaramente paradossale, quando dice ad esempio di lasciare anche il mantello a chi vuole togliere la tunica, ma è letteralmente vero che noi discepoli siamo chiamati a non voltare le spalle ai fratelli nel bisogno. È ciò che ci dice con evidenza plastica la parabola del ricco epulone, ad esempio, quello della porpora e del bisso, ricordate, che toglie anche le briciole al povero Lazzaro.
Ebbene, sono passati ben più di 2000 anni da quando Gesù ha pronunciato queste parole e raccontato questa parabola, ma possiamo dire che oggi esse siano osservate, almeno dai cristiani? No, se guardiamo alle disparità sociali ed economiche, che oggi più di ieri deturpano il mondo e persino talvolta la Chiesa. La carità cristiana sembra un dovere per pochi, così come il diritto ad accumulare e sperperare le ricchezze. L’uguaglianza? Una chimera.

Una torta e una pecorella

A questo proposito, mi viene alla mente una figura riportata nel quarto sussidio catechistico per l’iniziazione cristiana della diocesi di Milano. In un disegno che rappresenta il mondo, ci sono due tavole: alla prima siedono poche persone che si dividono una grande torta, alla quale manca solo una fettina; alla seconda tavolata siedono invece tante persone, tutte schierate intorno all’unica fetta che manca al dolce dei privilegiati. Quando spiego che noi facciamo parte dei popoli privilegiati, vedo sorpresa, disapprovazione, dispiacere e persino a volte un po’ di vergogna sulle facce dei bambini. Perché là dove le contaminazioni dell’individualismo egoistico non sono del tutto arrivate è ancora possibile svegliare i sentimenti della solidarietà e del bene.
Quanto a noi, chiediamoci se c’è molta differenza tra chi lascia nella fame intere popolazioni, tra chi si arricchisce vendendo armi che insanguinano chi già soffre per altre mancanze, tra chi sfrutta i poveri depredandoli del giusto salario o dell’adeguato pagamento di materie prime e i cainiti ricchi che depredavano gli Israeliti poveri. C’è vera differenza? Non solo l’insegnamento di Gesù è superato con un allegro salto, ma si ritorna a prima del taglione.

Mi viene da pensare alla storiella che il profeta Elia raccontò al re Davide, per renderlo consapevole dell’immensità del peccato commesso, quando s’impadronì di Betsabea togliendola al marito Uria. - C’era un pastore ricco - narrò Elia - che aveva molte greggi, e c’era un pastore povero, che aveva una sola pecora, che amava moltissimo: ebbene, il ricco rubò l’unica pecorella al povero... Davide capì, si pentì, pianse, chiese perdono al Signore, cambiò vita… e noi?… che cosa aspettiamo noi? Abbigliandoci come il ricco epulone della porpora e del bisso della civiltà, continueremo a comportarci in modo incivile? Dovremmo veramente pensarci con l’aiuto del Signore. Grazie!

N.B. Questo commento è stato chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che presenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Piccoli sguardi altrove, di Erka Farioli.