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Storia di Laudano, l'ulivo di Milano (podcast e testo scritto)


Seconda storia per la comunità che deve ripiantare dodici alberi sul suo territorio. 
Si può ascoltare o leggere. Per ascoltarla, occorre cliccare sul cerchietto giallo che contiene un triangolino bianco (qui altre info sull'iniziativa)
Questa è la storia di Laudano, l'ulivo di Milano. Non si sa con precisione in quale anno iniziò questa storia, ma so per certo che si trattava di una Domenica delle palme ed era una bella giornata di sole.
C'era molta gente sul sagrato del duomo di Milano quella mattina e tutti avevano in mano un ramoscello d'ulivo. Un bambino però si accorse che il suo rametto, che era molto piccolo per la verità, aveva in fondo una piccolissima radice. In realtà non si trattava del ramo di un ulivo adulto: era invece un alberello piccolissimo, germogliato probabilmente ai piedi dell'albero madre, e strappato inavvertitamente insieme ai rami tagliati che erano lì a terra, pronti per essere raccolti.
Il bambino infastidito staccò la radice e la gettò sulla piazza, però la radichetta era viva e voleva vivere! Per fortuna cadde in una fessura che si era formata a causa di una pietra sconnessa del sagrato del duomo e, siccome lì c'era un po' di terra, potè immergersi nel terreno, dove si addormentò e dormì per un bel po'.
Quando si svegliò era germogliata e così uscì dal terreno, sempre attraverso la sconnessura della pietra scostata, ma subito scoprì che la vita a Milano era dura. Infatti nella piazza del duomo c'era un sacco di gente che andava e veniva, ma nessuno guardava dove metteva i piedi e così il piccolo ulivo pensò: "Ma qui qualcuno prima o poi mi schiaccia!" e rimase lì, tremante di paura, in attesa di essere calpestato.
Finalmente arrivò la sera con le sue onde scure e morbide (quelle che fanno venire voglia di dormire) e il piccolo germoglio di ulivo si addormentò. Lui però non sapeva (e scommetto che non lo sapete neanche voi) che l'arcivescovo tutte le mattine usciva per fare un giro intorno al duomo, ma non voleva essere riconosciuto, perché altrimenti tutti l'avrebbero rincorso, per avere un autografo, per baciare il suo anello, oppure per intervistarlo. Per questo prima di avventurarsi sulla strada si metteva un paio di occhiali, dei baffi finti e una barba lunga. Quella mattina si mise anche un turbante e uscì camminando con la testa bassa, perché aveva tanti pensieri, che pesavano molto.
Fu così che vide il nostro ulivo e capì subito che il piccolino non era sereno, anzi era turbato, aveva paura... Allora si chinò e delicatamente lo toccò. Il germoglio si svegliò di soprassalto e lo guardò con due occhietti supplichevoli che dicevano: "Ti prego non strapparmi, non strapparmi, io voglio vivere!" "Ma no che non ti strappo" disse l'arcivescovo, che conosceva bene la lingua dell'ulivo, perché lui è un poliglotta che sa tutte le lingue: "Ti porterò via da qui, perché voglio farti crescere bene, e ti chiamerò Laudano, perché la tua voglia di vivere è una bella lode a Dio". Prese il cucchiaino che teneva sempre in tasca, delicatamente estrasse dalla terra la piccola radice e la depose con cura nel suo turbante, al caldo. Poi corse in arcivescovado, cioè a casa sua, e mise il germoglio in un vaso con della terra ben concimata (perché dovete sapere che l'arcivescovo è anche un bravo coltivatore diretto), lo innaffiò e la pianticella incominciò a crescere.
Nel frattempo nel mondo scoppiava una terribile pandemia e tutta la gente era costretta a stare in casa: più nessuno poteva uscire e non c'erano più neanche le processioni. Passarono così alcuni anni, mentre l'ulivo continuava a crescere e l'arcivescovo ogni tanto gli cambiava il vaso.
E finalmente venne il momento in cui la pandemia finì e tutti poterono di nuovo uscire di casa. Intanto Laudano era diventato un ulivo bambino, con una trentina di rametti, forse anche qualcuno in più.
Venne la quaresima e, in vista della domenica delle palme, l'arcivescovo decise: "Quest'anno voglio invitare tutti i bambini della diocesi alla processione". I suoi consiglieri però gli dissero: "Eccellenza, non è possibile, sono troppi i bambini della diocesi... e poi dove troviamo un ramoscello d'ulivo da dare a ognuno di loro?" "Ah... ma io ho il mio Laudano" disse l'arcivescovo. "Sì, ma avrà trenta rami a dir tanto. I bambini della diocesi sono molti di più!" Ma l'arcivescovo non volle sentire ragioni e vinse lui, perché è lui che comanda su tutta la diocesi.
E venne la Domenica delle palme e quella mattina... sapete quanti bambini arrivarono sulla piazza del duomo? Cento? Di più! Duecento? Di più, di più! Arrivarono quattromila bambini! Quat-tro-mi-la bambini!
E l'arcivescovo incominciò a dare un ramoscello ad ogni bambino, ma a un certo punto i consiglieri gli dissero: "Eccellenza, qui facciamo notte, i bambini sono tanti!" "E allora aiutatemi anche voi!" disse l'arcivescovo. I consiglieri allora presero delle ceste, le riempirono con dei ramoscelli e incominciarono anche loro a distribuirli, così in poco tempo ogni bambino ebbe il proprio ramoscello e l'arcivescovo incominciò a celebrare la Messa.
Quando i bambini alzarono i ramoscelli si vide uno spettacolo me-ra-vi-glio-so, indimenticabile: un grandissimo mare verde ondeggiava sul sagrato del duomo. Pensate che le statue della facciata spalancarono gli occhi, sorrisero a trentadue denti e dissero: "Non abbiamo mai visto niente di simile, niente di così bello su questa piazza".
La Messa finì, l'arcivescovo salutò i bambini e poi disse ai suoi consiglieri: "Su, presto, raccogliamo le ceste e rientriamo". E in quel momento scoprirono che erano avanzate dodici ceste colme di ramoscelli d'ulivo, eppure tutti i bambini (quattromila bambini!) avevano avuto il loro loro rametto. Ma come era potuta succedere questa cosa? Guardate, nessuno lo seppe mai, nessuno riuscì a dare una spiegazione, tranne le statue della facciata del duomo, che continuarono a ridacchiare tra loro, a farsi l'occhiolino... insomma si capì che loro sapevano cose che noi non sapevamo.
Ma la cosa più strana, più bella e più sorprendente, sapete quale fu? Alcuni bambini, anzi tanti bambini, in realtà tutti i bambini videro arrivare Gesù su un asinello come in "quella" giornata delle palme di tantissimi anni fa. Voi non ci credete? Io sì, io ci credo. Perché Gesù non sarebbe sceso volentieri con i suoi bambini e il suo arcivescovo?
E cos'altro c'insegna questa storia? Ah sì! C'insegna che gli arcivescovi sono dei bravi coltivatori diretti, parlano tutte le lingue, comprese quelle delle piante, portano sempre con sé un cucchiaino perché non si sa mai e hanno il cuore capace di capire i dispiaceri di tutti, anche dei più piccoli. Bene, ragazzi, la storia finisce qui e Laudano vi saluta con me. A presto!

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