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Le quattro chiamate (podcast e testo scritto)



Quattro sono le età della vita, quattro le vocazioni: la prima chiama all'esistere, le altre tre... scopriamole insieme.
Testo scritto, podcast di Elikya (iniziativa dei missionari comboniani) e illustrazione di Virna Paghini. Per ascoltare dal podcast, clicca sul cerchietto giallo con la freccia bianca al centro. 
 

Dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 2, versetti da 1 a 12.

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella, e siamo venuti ad adorarlo». All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda:
da te infatti uscirà un capo
che sarà il pastore del mio popolo, Israele».

Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

Disegno di Virna Paghini, artista e amica

Alcuni sapienti e una stella

Tutti conosciamo la storia dei Magi e tutti sappiamo che il racconto della loro adorazione ha lo scopo di mostrare il compimento degli oracoli messianici che annunciavano l’omaggio delle nazioni al Dio d’Israele. Sappiamo anche che il Vangelo non parla di tre re, ma, come abbiamo sentito, di un numero imprecisato di astronomi genericamente provenienti dall’oriente. Sappiamo inoltre che il numero tre viene probabilmente da una corrispondenza biunivoca tratteggiata con i doni: tre doni, tre Magi.
Anche il simbolismo dei regali, presentato dai Padri della Chiesa, è noto: l’oro, che si usa per le corone reali, è simbolo della regalità di Gesù; l’incenso, che viene bruciato in onore a Dio, simboleggia la sua divinità, mentre la mirra, utilizzata per ungere i cadaveri, ne segnala la passione e quindi l’umanità. I Magi stanno pertanto dicendo: questo bambino è re, è Dio ed è anche uomo.
Quanto alla stella, studi recenti fanno ritenere che si sia trattato di fenomeni celesti realmente successi tra il 7 e il 4 a.C. cioè nel tempo effettivo della nascita di Gesù, e tuttavia, da un punto di vista simbolico, essa è spesso vista come la rappresentazione della fede, che chiama l’uomo a uscire da sé stesso e dai suoi schemi idolatri e narcisistici, per seguire Gesù. Questa sarà la nostra chiave di lettura.
La tradizione, infine, non solo parla di tre re, ma attribuisce loro anche dei nomi (Gaspare, Baldassarre, Melchiorre), più un’età (uno è giovane, uno adulto e uno vecchio) e un’etnia.

L'opera di Gentile 

Ebbene, questa tradizione è stata fissata iconicamente da centinaia di opere artistiche tra cui molte di valore incommensurabile. Partiamo proprio da una di queste per la nostra riflessione. 


Si tratta dell’adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano, che conosciamo più o meno tutti. È un’opera ricca di personaggi, di movimenti, di colori e di luce. Per metà è sontuosa e per metà dimessa e in mezzo, a dividere e unire, c’è il magio vecchio, prostrato davanti al Bambino, il quale, con gesti infantilmente impertinenti, tocca la sua testa calva e infila il piedino nella sua bocca: Gesù è un bambino come tutti e come tutti si comporta.
Dietro al vecchio, ci sono i due compagni di viaggio: il giovane è in piedi e l’adulto in ginocchio. Sono i tre chiamati.

I tre chiamati

Possiamo immaginare che per il sapiente giovane il lungo viaggio dall’Oriente sia stato una passeggiata, anzi un’avventura interessante: svegliarsi all’alba per affrontare un’altra giornata piena di promesse, sentire la sabbia, le rocce o l’erba sotto i piedi scattanti e desiderosi di corse, cavalcare il cammello con baldanza, guardando i passanti dall’alto e godendosi la loro ammirazione, cercare la stella alla sera e risentire ogni volta quell’esultanza buona… e trovare tutto nuovo, tutto stupefacente, tutto bellissimo.
È la chiamata della prima vocazione, quando, nel pieno della giovinezza e di una vita già molto bella, si avverte che c’è qualcosa di più: una voce da inseguire, una persona da amare, un percorso definitivo da intraprendere…

Per il magio adulto invece il viaggio è stato più impegnativo: ha dovuto sistemare qualche affare prima di partire, ha salutato la moglie preoccupata e abbracciato i figlioletti che gli chiedevano di restare, ha cercato delle persone sicure a cui affidare la biblioteca e si è detto: “Su, andiamo e cerchiamo di fare in fretta, non ho molto tempo…”.
È la seconda chiamata, la chiamata della maturità. Sopraggiunge spesso inaspettata, quando l’esistenza è ormai strutturata, ed è una voce che suggerisce l’urgenza di un bilancio e impone domande imperiose: “Valeva la pena? Sono davvero contento di come sto vivendo? Era questo ciò che volevo dalla vita?” È una voce che spesso dà fastidio, perché mette in crisi, disturba… ma quasi sempre ci si accorge poi che si tratta di una chiamata a rimettere tutto nelle mani di Dio, a lasciare i bilanci a Lui, a rifare le stesse scelte.

E poi c’è il vecchio, per il quale il viaggio si presenta molto pericoloso e incerto. Le sue gambe non sono più quelle di una volta, ci sono quei dolori insistenti alla schiena e quella tossettina fastidiosa… e gli occhi… oh gli occhi da qualche anno sono proprio un problema… Inoltre è diventato lento nei movimenti: riuscirà a seguire la marcia degli altri due? E poi si tratta di lasciare la propria terra, senza sapere se tornerà a vedere gli amici e la famiglia. Il vecchio avrebbe tante scuse per non partire, prima tra tutte la famosa frase: “Largo ai giovani, tocca a loro ora, io sono vecchio.” E troverebbe una folla di persone a dargli ragione. Però l’anziano sa che la stella sta chiamando proprio lui e che c’è un re sconosciuto che lo aspetta. E così parte e ora è lì, davanti al Bambino: ha chinato la schiena dolorante (ha dovuto appoggiare le mani per terra per sostenersi, perché anche l’equilibrio è ormai un po’ precario), si è avvicinato al piccolo, ha appoggiato le labbra tremanti sui piedini freschi e cicciottelli… e ha sentito la manina monella del minuscolo re del mondo posarsi sopra il suo capo. La bruttezza dei vecchi è invisibile ai bambini, che nelle rughe dei nonni gustano il loro cuore. Ora l’anziano sapiente e il Bambino della croce sono uniti per sempre: la bocca dell’uno e i piedini dell’Altro si sono avvitati, disegnando la parabola intera della vita. E d’altra parte, che cosa sa un neonato di oro, incenso e mirra? Nulla in queste cose attira il suo interesse: molto meglio toccare la testa lucente di questo strano signore e giocare con lui a mettergli il piedino in bocca. L'infanzia e la vecchiaia s'intendono a prima vista. Sì, solo il vecchio merita la carezza gioiosa sulla testa calva.
Questa è la terza chiamata, riservata a chi ha collezionato qualche anno in più del desiderato, ai giovani di cuore messi a dura prova dalla vulnerabilità dell’età. È una chiamata che arriva quando si va in pensione e si pensa che si passerà il resto della vita a riposare… Poi però ci si accorge che i cristiani non riposano mai e che si deve ripartire… se non si vuole perdere la mano birichina del Dio bambino sopra i pensieri stanchi. Solo così la vecchiaia può diventare felicità e gloria.

Buona festa dell'Epifania amici delle quattro età... e sia una festa capace di prolungarsi nel tempo.

NB. Questo articolo è in realtà un commento, chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che commenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da In Val Varaita di Marco Piacentino.