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E' più bello il perdono! (podcast e testo scritto)


Ecco una pagina nella quale entrare con il cuore dei bambini, per permettere alla Parola di giocare con le nostre emozioni. 
L'articolo riporta il testo scritto, il podcast  di Elikya (iniziativa dei missionari comboniani) e un'illustrazione di Virna Paghini. Per ascoltare, clicca sul cerchietto giallo con la freccia bianca al centro. 

Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini - Mariarosa Tettamanti, formatrice diocesana di Milano - 14 gennaio 2022" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Marco, capitolo 2, versetti da 1 a 12

Gesù entrò di nuovo a Cafarnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono perdonati i tuoi peccati».
Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?».
E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono perdonati i peccati, oppure dire: Alzati, prendi la tua barella e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico - alzati, prendi la tua barella e va' a casa tua». Quello si alzò e subito, presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Quali emozioni?

Quali emozioni avrà provato questo paralitico? Quali pensieri saranno passati per la sua testa?
Proviamo a entrare in questa pagina del Vangelo con il cuore dei bambini e immaginiamo che a parlare sia lo stesso guarito. Lasciamo che questo testo entri profondamente dentro di noi attraverso la porta della nostra emotività e permettiamo alla Parola di giocare con le nostre emozioni.

Immagine di Virna Paghini, amica e artista dal cuore d'oro

Il racconto del paralitico

Ci fu un tempo nella mia vita in cui io non mi sentivo più un uomo, perché avevo dimenticato di esserlo. Mi sentivo più una foglia secca e accartocciata che un uomo. Ero un paralitico e quindi non potevo muovermi né lavorare, così vivevo di elemosina, mendicando sulla strada e sempre steso su una barella. Anche i cani erano più fortunati di me, perché loro potevano procurarsi del cibo, magari rubandolo qua e là… ma io no, io non potevo.
Le mie giornate erano tutte uguali, così io smemoravo il tempo e non sapevo nemmeno in quale periodo dell’anno fossimo. Eravamo nel mese di adàr o di nissàn? Non lo sapevo e nemmeno mi importava saperlo. 

Però io, anche allora, avevo una fortuna: avevo degli amici. Un giorno qualcuno mi disse: “Sta arrivando un rabbi, uno che ha guarito molta gente, ha guarito perfino un lebbroso!” Un lebbroso? Sarà vero? Potrà fare qualcosa anche per me allora questo maestro? Io avevo paura anche di crederci, ma i miei amici pensavano che il maestro mi avrebbe guarito, così mi presero con la mia barella e mi portarono da lui.
Quando arrivammo però trovammo un mare di folla davanti alla casa in cui si trovava questo portentoso guaritore; era un assembramento incredibile… insomma, non si poteva passare. “Addio sogni, torniamo indietro” pensai… 
Ma i miei amici erano veramente dei pazzi e sapete che cosa fecero? Si fecero avanti a spintoni? Macché raga, fecero di peggio, non lo credereste mai! Scoperchiarono il tetto proprio sopra il punto esatto in cui si trovava il maestro… e mi calarono giù! “Oooh attenti, matti, mi rovesciate!” 
E invece no, non mi rovesciarono, però mi fecero atterrare bruscamente sul pavimento della casa e quando riaprii gli occhi, che avevo chiuso per la paura, vidi un volto che mi sembrò di conoscere da sempre e sentii una voce… ma forse non era nemmeno una voce, forse era una musica, non so… insomma mi diceva: “Figliolo, ti sono perdonati i tuoi peccati”. “Sbagliato!” gridai dentro di me “io sono venuto qui per camminare, non per farmi perdonare i peccati!”, ma subito dopo sentii una felicità nuova che venne ad abitare dentro di me, una libertà che non conoscevo e questa gioia e questa libertà cacciarono le ombre, il vuoto e la tristezza che prima mi riempivano il cuore e mi facevano tanto male.
Liberandomi dai peccati, questo maestro mi aveva ripulito dentro, aveva tolto tutto lo sporco che la mia anima tratteneva. Capii proprio allora che la mia vita poteva ricominciare e, guardate, non m’importava più di non essere guarito. Adesso tutto era possibile, perché era il mio cuore ad avere gambe buone e braccia forti. Dentro di me incominciai a volare perché ogni colpa era cancellata, bruciata, distrutta… e il cielo, con tutto il suo sole si era aperto finalmente anche per me. E siccome da bravo israelita io sapevo che solo Dio può perdonare i peccati, capii di essere in presenza di Dio.
Ero felice e stupito, eppure la mia avventura con il nazareno quel giorno non era finita. Sentii che Gesù (così si chiamava il mio maestro), rivolgendosi agli scribi, cioè a quei signori molto istruiti e importanti, quelli che sanno sempre tutto, disse: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile, perdonare i peccati, o dire: - Alzati, prendi la tua barella e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - e lo disse a me! - alzati, prendi la tua barella e va' a casa tua». Avete visto che Lui era davvero Dio?
Ero sbalordito e capii subito che avrei potuto fare quello che il maestro mi chiedeva, perché ero guarito: lo sentivo nel sangue e nella carne, lo sentivano le mie gambe, i miei piedi, le mie mani, i miei muscoli… Così non me lo feci dire due volte: presi la mia barella, l’arrotolai e corsi a casa dai miei famigliari, pregustando la loro gioia. I miei amici mi rincorrevano gridando, ma io correvo più forte di loro e urlavo con le lacrime: “Lui è Dio, è Dio!” … e sono arrivato prima di tutti loro!

Domande finali

Più o meno in questo modo racconto la vicenda della guarigione del paralitico ai ragazzi in catechesi e poi chiedo: “Secondo voi, qual è il regalo più bello che Gesù ha donato al paralitico? La possibilità di camminare o il perdono dei peccati? Se Gesù non avesse guarito quest’uomo la sua vita sarebbe comunque cambiata: perché?”
I bambini sanno sempre che cosa rispondere, perché capiscono al volo che il perdono dei peccati e la relazione con Dio sono le vere perle preziose della nostra vita, più importanti della stessa guarigione quando siamo ammalati. Ma… anche noi la pensiamo così?
Grazie!

N.B. Questo articolo è in realtà un commento, chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che commenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti


Immagine di copertina tratta da Sguardi di Camilla Giardini.