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Un centurione in Paradiso (podcast e testo scritto)

Un pagano che incarna le virtù teologali, le parole di un pagano ripetute nella Messa: c’è una buona dose di inaudito in tutto questo...
Podcast di Elikya (iniziativa dei missionari comboniani), commento scritto e illustrazione di Virna Paghini. Per ascoltare, cliccare sul cerchietto giallo con una freccia bianca al centro.

Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini - Mariarosa Tettamanti, formatrice diocesi di Milano - 29 novembre 2021" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 8, versetti da 5 a 11
Entrato in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch'io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: «Va'!», ed egli va; e a un altro: «Vieni!», ed egli viene; e al mio servo: «Fa' questo!», ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli…

Un uomo di potere alle prese con la carità... cristiana

Questa persona fa parte della casta dei dominatori, è un ufficiale che detiene il potere; comanda infatti una centuria, cioè cento soldati, che, come dice lui stesso, può muovere a suo piacimento. Eppure ama così tanto il suo servo da piegarsi davanti a un taumaturgo itinerante, che appartiene al popolo dei dominati, per supplicarlo di guarirlo dai suoi dolori. Ci aspetteremmo un simile amore per un famigliare, non certo per un servo: dev’essere veramente sensibile e generoso quest’uomo.
E c’è un altro motivo per ammirarlo. Ce lo racconta l’evangelista Luca riferendo lo stesso episodio. Alcuni giudei anziani supplicano Gesù con insistenza dicendo: “Costui è degno che tu gli conceda ciò che chiede, perché ama la nostra nazione e ci ha edificato la sinagoga”. Davvero un fatto notevole: un pagano è così rispettoso della religione di un popolo sottomesso da costruire e donargli il luogo della sua preghiera. 
Non solo questo soldato è capace di voler bene a un proprio subalterno, ma sa amare anche il popolo straniero presso il quale è stato mandato a mantenere l’ordine e a riscuotere le tasse per l’imperatore. Non dimentichiamo che l’amore, l’aiuto, la solidarietà e il riconoscimento della libertà altrui sono componenti fondamentali della carità cristiana.

Una fede che si basa su una Parola

E tuttavia l’ammirazione di Gesù per il centurione va in un’altra direzione: “In Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande”. È la fede ciò che rende grande quest’uomo secondo Gesù, una fede che non ha bisogno nemmeno di vedere ciò che il Maestro farà: “Non è necessario che tu venga Rabbì, basta la tua Parola”. Il centurione crede che la Parola di Gesù sia creatrice, cioè che renda reale l’evento che proclama, anzi che essa stessa sia evento: questa è la caratteristica della Parola di Dio e allora possiamo dire che l’ufficiale intuisce di trovarsi davanti all’Onnipotente. È il preludio a ciò che saranno chiamati a fare i cristiani di tutti i tempi: credere in una Parola.

Una speranza che dà la mano all'umiltà

E ancora: “La mia casa non è degna di te” aggiunge l’ufficiale. Mancava l’umiltà nel suo discorso ed eccola sorgere in tutta la sua sfolgorante bellezza. L’umiltà figlia della fede, figlia cioè di quel sapere che ci parla costantemente della grandezza del Creatore e della nostra piccolezza di creature, belle in quanto amate, come affermano il Guardini e il Compte Sponville: “da questo amore di verità nasce l’umiltà”.
“Non è degna di te la mia casa, ma tu comunque guarirai il mio servo”: l’umiltà è sempre accompagnata dalla speranza, la sorella piccola delle due più grandi virtù teologali, come poeticamente la definisce il Peguy. La fede esclama con determinazione: “Tu puoi, Signore”, la speranza candidamente pensa: “Lui lo farà, le cose andranno meglio”.

Domine, non sum dignus

Ancora oggi, nel momento cruciale delle nostre giornate, prima di ricevere il corpo di Cristo, ripetiamo le parole di questo soldato romano: “O Signore, non sono degna di partecipare alla tua mensa, ma di’ soltanto una Parola e io sarò guarita”. Un pagano che incarna le virtù teologali, le parole di un pagano ripetute nella Messa: c’è una buona dose di inaudito in tutto questo, come del resto spesso succede con Gesù.
Il centurione non ne ha coscienza, ma dentro di lui l’intelligenza della fede ha messo le radici e sta germogliando nei suoi contenuti essenziali, come succederà più avanti al suo collega sotto la croce, quando dirà: “Costui era veramente il figlio di Dio”.
Dove sarà ora questo magnifico graduato della fede? Stando al complimento di Gesù, non può essere che in Paradiso: lì lo conosceremo. Confesso: è una delle persone che desidero moltissimo incontrare.


NB. Questo articolo è in realtà un commento, chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che commenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da La fede del centurione di Marcello Cerrato.