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Siamo tutti ponzini (podcast e testo scritto)

La figura di Pilato nella sapienza nascosta di una bambina dislessica. Podcast di "Elikya" (iniziativa dei missionari comboniani, vedi spiegazione in calce), commento scritto al Vangelo secondo Giovanni (18,33b-37) e illustrazione di Virna Paghini. Per ascoltare dal podcast, cliccare sul cerchietto giallo con una freccia bianca al centro.


Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini - Mariarosa Tettamanti, formatrice diocesana di Milano - 21 novembre 2021" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 18, versetti da 33b a 37.

Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Un personaggio che non suscita simpatie

Certamente Pilato non è un personaggio che riscuota simpatie. “Si è lavato le mani come Pilato” si dice di chi per egoismo o per paura lascia che trionfi l’ingiustizia. E si dice anche “Me ne lavo le mani” per significare “Non mi m’importa di te e della tua situazione”. “Morì sotto Ponzio Pilato” recitiamo nel “Credo”, perché la ratifica giuridica della condanna di Gesù è stata sua, nonostante il catino con l’acqua che ha lavato le sue mani ma non la sua coscienza.

Uno strano interrogatorio

È strano il modo in cui questo governatore romano apre l’interrogatorio dell’accusato. Dovrebbe chiedere “Tu veramente hai detto di essere il re dei Giudei?” e non “Tu sei il re dei Giudei?”. Un poveraccio che non ha una pietra su cui posare il capo, seguito da dodici improbabili discepoli con l’aspetto di vagabondi senz’arte né parte, e da qualche donna in cerca di chissà quali sicurezze, potrebbe essere veramente il re dei Giudei? No, evidentemente, egli può solo farneticare, millantare, o tutt’al più rivendicare una regalità che non ha fondamento nella realtà. Forse Pilato pensa di essere di fronte a un pazzo, come quelli delle barzellette che credono di essere Napoleone. “Se è un pazzo” riflette “chiudiamo subito la questione: lo mettiamo in ridicolo, lo bastoniamo, in modo che non dica più stupidaggini e lo mandiamo a casa”.
In ogni caso Pilato certamente non si aspetta la risposta/domanda di Gesù, che sorprende anche noi: “Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?” Ma perché Gesù  vuole questa informazione? Gli interessa forse di più l’opinione di un governatore inetto e aperto alla corruzione, che non la sua stessa sorte? O forse vuole che Pilato scavi dentro di sé, alla ricerca di qualche rivelazione di cui non è ben cosciente?
E comunque no, non è così, Pilato ha saputo di questa assurda pretesa del Nazareno dai suoi accusatori giudei e prende subito le distanze da questo popolo che palesemente disprezza: “Sono forse io giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me.” E finalmente pone la domanda giusta: “Che cosa hai fatto?” La risposta di Gesù esula dal quesito, ma in realtà è l’unica possibile: “Il mio Regno non è di questo mondo”. Allora dovrebbe essere chiaro che l’accusato non ha compiuto nessun reato: ha solo predicato un regno che, non essendo di questo mondo, non può minacciare nessun trono, tanto meno quello di Cesare, che sta a Roma e non sa nulla di ciò che sta accadendo in questo lontano, oscuro, piccolo e inquieto Paese del suo impero. Però Pilato deve esserne certo e incalza: “Dunque tu sei re?" “Tu lo dici” dice Gesù: “Nelle profondità ignote della tua anima inesplorata, tu lo sai Pilato, non hai nemmeno bisogno di chiederlo”. 
E Gesù aggiunge: “Per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. “Tu sei dalla parte della verità, Pilato?” sembra chiedere questo povero Maestro in catene, senza più nemmeno il suo sparuto e impaurito seguito. Pilato però risponde con un distratto “Che cos’è la verità?” che significa alla fin fine “Ma la verità esiste davvero?” ed esce senza nemmeno aspettare la risposta, che evidentemente per lui non c’è.
È la posizione di tantissimi uomini e donne del nostro tempo, convinti che esistano tante verità quanti sono gli individui che popolano il nostro pianeta, chiusi in un relativismo che poi si sposa con l’agnosticismo e chiude inesorabilmente la questione religiosa… E insieme la possibilità di una salvezza, che possa incominciare a dare i suoi frutti qui ed ora.

Io non trovo in Lui nessuna colpa

Eppure una verità Pilato l’ha ben compresa: “Io non trovo in lui colpa alcuna”. Il procuratore è convinto dell’innocenza dell’accusato, cerca più volte di salvarlo, tenta persino di rispondere alla sete di sangue dei suoi accusatori, mostrandolo malconcio e deriso e tentando di scambiarlo con Barabba, ribelle e omicida. Non ci riesce, perché la paura di essere a sua volta accusato presso Cesare lo blocca: il suo bisogno di potere lo inchioda lì, alla sua poltrona di politico corrotto, lì, a contemplare la parabola di un giusto mandato al patibolo dalla sua inettitudine, dal suo fallimento di uomo prima ancora che di governatore.
Come avrà vissuto Pilato le ore che precedettero la morte del giustiziato? Dovette chiudere le orecchie del cuore, per non sentire i colpi sordi del martello che conficcava i chiodi nei polsi e nei piedi del Nazareno. Certamente non seppe di aver mandato sul suo trono a due braccia incrociate l’unico vero re della storia, anche se lui stesso l’aveva scritto sul cartiglio che sovrastava la croce: JNRI. Jesus Nazarenus Rex Judeorum. Gesù Nazareno re dei Giudei.

La sapienza di una bambina dislessica e la fine di Pilato

Una volta una mia scolaretta lesse a voce alta in classe “Ponzino Pilato” invece che “Ponzio Pilato” e scatenò le risate dei compagni. “Vedi” le dissi allora “tu in fondo hai letto bene: Pilato si chiamava Ponzio, ma in realtà era proprio un -ponzino-, cioè un uomo piccolo nell’anima e nel cuore, perché non ebbe il coraggio di salvare un innocente dal supplizio. Eppure Gesù minimizzò il suo peccato quando disse -Chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande.
Che fine avrà fatto Pilato? Non lo sappiamo, ma a me piace pensare che anche lui abbia trovato sulla sua strada la misericordia di Dio. Altrimenti quanti “ponzini”, quanti di noi, che lasciano ingiustamente morire di fame e di stenti i tanti crocifissi del mondo, quanti troverebbero il perdono? Cristo re, che regni dalla Croce, abbi pietà di noi!

NB. Questo articolo è in realtà un commento, chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che commenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Dream di Beomjin Kim.