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Quando la disabilità si prese la scena (podcast e testo scritto)


Il pensiero di Gesù riguardo il sabato ha messo con forza la persona, soprattutto se disabile o comunque in difficoltà, prima della legge, e quindi nel cuore di ogni azione sociale e individuale... ma d'altra parte anche la misura della grandezza di un popolo è data proprio dalla sua capacità di prendersi cura dei fragili. Molti santi hanno recepito e messo in pratica alla perfezione questo insegnamento: entriamo insieme nella vita di uno di loro. 
Testo scritto, podcast di Elikya (iniziativa dei missionari comboniani) e audio. Per ascoltare dal podcast, cliccare sul cerchietto giallo con un triangolino bianco al centro. 

Ascolta "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini - Mariarosa Tettamanti, formatrice diocesana a Milano - 18 gennaio 2022" su Spreaker.

Dal Vangelo secondo Marco, capitolo 2, versetti da 23 a 28.

Avvenne che di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell'offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!». E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato».

Una verità potente

Attraverso i fatti e le parole che abbiamo appena ascoltato, Gesù proclama una verità potente: “Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato!”. Questa frase perentoria dice che la legge deve essere asservita al bene dell’uomo e non viceversa.
A questo Dio educò il suo popolo fin dall’antico Testamento, tant’è che il re Davide, come ricorda Gesù, infranse la norma che imponeva di non mangiare i pani dell’offerta a chi non fosse sacerdote: di fronte al bisogno di sostentamento suo e dei suoi, egli non esitò a scegliere la vita anziché la legge. Gesù cita questo precedente illustre, battendo i suoi accusatori sul loro stesso terreno, ma il principio che ne deriva ha attraversato i secoli raggiungendoci nel nostro “qui ed ora”: ancora oggi, ad esempio, la Chiesa non condanna chi ruba per fame.

Il sabato e la disabilità

La questione è così importante che gli evangelisti ne parlano parecchie volte. A questo proposito, accenno a tre altre vicende, riguardanti la guarigione di tre persone con disabilità: la guarigione del paralitico nella piscina di Betzaetà, riportata da Giovanni nel capitolo 5 del suo Vangelo, la guarigione dell’uomo dalla mano inaridita, narrata dai sinottici, e la liberazione della donna curva, raccontata nel capitolo 13 del Vangelo di Luca: tutti miracoli compiuti in giorno di sabato.
Il primo caso segnò l’inizio della persecuzione dei Giudei nei confronti di Gesù. Il secondo fu addirittura causa di un consiglio tra farisei ed erodiani per farlo morire. Questi non avevano saputo rispondere alla sua domanda: “È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». All'interrogativo, nel Vangelo secondo Matteo rispose lo stesso Gesù, ricordando che, se l’unica pecora di una persona dovesse in giorno di sabato cadere in una fossa, il proprietario sicuramente si darebbe da fare per salvarla: per questo di sabato è permesso fare del bene alle persone, che valgono molto più delle pecore. 
Nel terzo caso (vedi l'episodio scritto e audio riportato in calce), fu il capo della sinagoga a rimproverare i presenti, esortandoli a non farsi guarire nel giorno dedicato a Dio, ma si meritò il titolo di ipocrita da Gesù, il quale gli ricordò che buoi e asini vengono abbeverati anche in quel giorno. (Forse qui c’è qualche spunto di riflessione per qualche animalista sfegatato: certamente gli animali meritano attenzione, affetto e rispetto… ma senza dimenticare la priorità dovuta all’uomo).

La persona al centro

Oggi comunque diremmo “al centro di ogni azione, occorre mettere la persona”. Al centro delle regole e della legge, di ogni comunità cristiana, della catechesi, dell’etica, dell’impegno caritativo, del lavoro… prima dei programmi e dei proclami, prima dei manifesti, ma soprattutto prima dei soldi e del guadagno, vengono le persone, i loro bisogni e il loro bene. È la sottomissione della legge al comandamento dell’amore: “Ama il tuo Dio con tutto te stesso e ama il tuo prossimo come te stesso”.

L'unità di misura della grandezza di un popolo

Ma d’altra parte, anche sul piano civile e sociale, l’unità di misura della grandezza di un popolo è data dalla sua capacità di prendersi cura dei fragili. Lo dice la storia stessa dell’umanità e del mondo. 
Per la natura infatti è normale mandare avanti gli esseri più forti, che vivono e si riproducono irrobustendo la loro specie, e lasciare che soccombano i più deboli. Questo succede tra gli animali e tra le piante, ma non più tra gli uomini, i quali, a un certo punto della loro storia, hanno incominciato a prendersi cura dei fragili, cambiando "la natura della natura", assoggettandola alla bontà e rendendola cortese. L’uomo è dunque capace di sovvertire, non solo la legge umana, ma anche quella del mondo naturale, e quindi di ribaltare il corso delle cose, perché ama, prova compassione, sa compiere dei sacrifici per chi ha bisogno.
A questo ci spinge Gesù, quando si mostra attento e premuroso verso i sofferenti che affollano la sua vita. È l’amore che cambia il giro del mondo.

Un uomo che ha capito bene

I santi hanno capito bene questo discorso, soprattutto quelli che si sono presi a cuore i poveri e le persone con disabilità. Ne cito come esempio uno solo, vissuto nell’altro ieri della storia, appena dietro l’angolo del passato.
Si chiamava Carlo. Era figlio di due artigiani e divenne un sacerdote come tanti: seguì gli oratori, fu direttore spirituale, cappellano militare e in seguito divenne un partigiano.
Quando, dopo la liberazione, gli portarono un bimbo di otto anni, che aveva perso una gamba per lo scoppio di una bomba, decise di dedicarsi a questi piccoli disabili e per loro non lasciò nulla d’intentato: lottò lungo tutta la sua vita. Quando morì, uno dei bimbi da lui cresciuti gridò al suo funerale: “Ciao, san Carlo!”
Quel bambino ebbe ragione, perché nel 2009 don Carlo Gnocchi fu proclamato beato. Ancora oggi la
 Fondazione Don Carlo Gnocchi 
cura i bambini e i ragazzi disabili o malati, ma anche gli adulti che hanno bisogno di assistenza, gli anziani non autosufficienti e i malati gravi.

Esultiamo

Esultiamo amici, per don Carlo e per tutti i grandi imitatori di Gesù, esultiamo per le meraviglie che compiono e cerchiamo di imitarli a nostra volta, con le forze limitate e la debole volontà di cui disponiamo: le piccole cose che faremo oggi stesso per i fratelli bisognosi ammucchieranno gioia nei nostri cuori e perfino in Paradiso! Grazie!

N.B. Questo articolo è in realtà un commento, chiesto all'autrice dalle suore Comboniane, nell'ambito del progetto "Elikya, la speranza del Vangelo senza confini", iniziativa bellissima, che commenta quotidianamente la Parola di Dio, orientando e dando colori nuovi e liberi alle nostre giornate, spesso intrise di fatica e di sofferenza, ma anche abitate dalla gioia di sapersi amati da un Dio che è Padre.


Lo stesso tema, a partire da un altro episodio evangelico

Dopo il Vangelo secondo Marco, leggiamo un brano tratto dal  Vangelo secondo Luca, sempre sul tema del sabato per l'uomo. 

Dal Vangelo secondo Luca, capitolo 13, versetti da 10 a 17.
Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C'era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

Guardiamo gli israeliti a cui si riferisce Gesù in questo episodio del Vangelo: essi  danno da bere al bue e all’asino in giorno di festa (perché, se morissero o si ammalassero, causerebbero dispiaceri al loro portafoglio) ma lascerebbero curva nei suoi spasmi dolorosi una povera figlia di Dio, senza capire che per lei, dopo 18 anni di prigionia, anche un solo giorno in più sarebbe insopportabile. E se c’è un’urgenza, è proprio quella di restituire ai fratelli la gioia di vivere e nessuna legge potrebbe metterla in secondo piano. Così la pensa Gesù e per questo noi assistiamo alla gioia di questa donna raddrizzata nel corpo e sollevata nell'anima. Allora possiamo dire che due volte la disabilità si è presa la scena: quando l'umanità ha incominciato a prendersi cura dei deboli e quando Gesù, per questa cura, ha messo in secondo piano la legge.
Del resto, proprio a questo Dio aveva educato il suo popolo fin dall’antico Testamento: ad aiutare gli orfani e le vedove, ad accogliere gli stranieri... È l'amore oblativo il segreto dell’esultanza cristiana.

N.B. L'audio che segue ribadisce alcuni concetti contenuti nel podcast e nel primo testo e introduce nuove informazioni.


 Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Portraits / Ritratti di Francesca Liccardi.