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I triangoli e la canoa

Ecco una riflessione sulla trasformazione del conflitto. I primi cinque paragrafi possono servire a tutti gli educatori, mentre i punti 6,7 e 8 sono dedicati ai catechisti. In appendice riporto uno schema progettuale per dei laboratori da attivare a scuola o, con delle modifiche, all'oratorio estivo. Tutte le attività presentate sono state collaudate e hanno dato ottimi risultati, sia sul piano delle acquisizioni teoriche sia a livello comportamentale. Poiché migliorano le capacità empatiche, i laboratori di educazione relazionale si sono rivelati particolarmente utili per i gruppi ospitanti bambini in situazioni di conflittualità con fratellini o nonni affetti da disabilità cognitive e/o da disturbi del comportamento.            


1.      Che cos’è il conflitto?

Che cos’è un conflitto? Intanto il termine non è sinonimo né di violenza né di guerra, ma indica una situazione di contrapposizione tra più persone o gruppi che intendono raggiungere scopi diversi. Il ricorso alla violenza è invece il risultato negativo al quale potrebbe portare un conflitto qualora non si fosse capaci di trasformarlo creativamente e funzionalmente: se il conflitto è legittimo, la violenza non lo è mai. Per rispondere in maniera più completa alla domanda interroghiamo tre studiosi.
Secondo il pedagogista Daniele Novara, i litigi sono una modalità necessaria per abitare le relazioni, modalità attraverso la quale si pratica la separazione, cioè la presa di distanza dall’altro, e si sperimenta il proprio sé corporeo ed emozionale. Per Gertrud Stickler i conflitti sono parte integrante di ogni relazione: “La conflittualità intrapsichica e relazionale fa parte della vita personale, familiare e sociale di ogni persona” (2). Quindi non solo confliggere è lecito, ma è costitutivo di tutti i rapporti umani: non esiste relazione senza conflitto.
Il sociologo norvegese Johan Galtung, noto per i suoi studi sulla pace, spiega invece il concetto di conflitto in modo dinamico, utilizzando un triangolo, a ciascun vertice del quale fa corrispondere un aspetto che contribuisce a definirlo:
Per atteggiamento si intende l’insieme delle percezioni, delle emozioni e del punto di vista soggettivo, a partire dal quale le persone leggono se stesse, il conflitto e la relazione nel suo complesso; per comportamento s’intende ciò che in uno scontro è osservabile (azioni, gesti, mimica facciale, parole violente e aggressive), mentre la contraddizione è il problema che sta alla base delle ostilità, cioè in sostanza un contrasto tra obiettivi, in cui la volontà di un soggetto si scontra con la volontà di un altro e viceversa. Un conflitto pienamente sviluppato è un processo dinamico che comprende tutti e tre questi aspetti. In alcuni casi ne sono invece presenti soltanto uno o due. Un conflitto può iniziare in uno qualunque dei tre vertici del triangolo e svilupparsi secondo percorsi diversi. Talvolta A determina B (in coda sulla strada, l’atteggiamento prepotente dell’altro, che vorrebbe superarmi, scatena la mia reazione aggressiva), il quale a sua volta determina C (cioè apre un conflitto di interessi che ci porterà dal giudice); a volte il problema nasce in C, per un contrasto di interessi (ad esempio, entrambi i confliggenti rivendicano il possesso di un bene patrimoniale), che alimenta A, cioè gli atteggiamenti di ostilità, i quali finiscono per provocare B (i comportamenti violenti); altre volte si parte da B, cioè da un atto di violenza (ad esempio uno spintone magari dato per sbaglio), che nutre atteggiamenti di ostilità (A) e a lungo andare potrebbe generare un contrasto permanente(C).

2. Genesi ed evoluzione positiva della conflittualità psichica infantile

Secondo la Stickler, che riprende ovviamente studi precedenti, la genesi della conflittualità psichica infantile trova spiegazione nell’esperienza relazionale tra figli e genitori: i limiti inevitabili degli uni e degli altri generano delle delusioni che possono sfociare nell’odio e nel risentimento, i quali sedimentano fino a plasmare il nodo più profondo di ogni contrasto. In altre parole, il sogno di essere amati e confermati, se viene disatteso, può provocare ostilità e desideri di rivincita e di vendetta, magari mascherati ma reali. L’odio rimosso e l’immaginazione vendicativa feriscono continuamente la persona che li vive, rendendola spesso incapace di dimenticare i torti subiti e di superare le frustrazioni, aumentando i sensi di colpa, creando dipendenze dagli altri e non permettendo, in ultima analisi, la costruzione di relazioni buone e soddisfacenti. La ribellione poi, tessuta spesso sulla trama di comportamenti violenti, apre catene conflittuali che possono perpetuarsi nel tempo e talvolta diventare devastanti. Un conflitto non gestito genera quindi delle reazioni istintive e tempestive, che seguono modalità arcaiche,  le quali a loro volta privano il soggetto della possibilità di attivare risorse più creative, pensate e raffinate. 
Al contrario,
accettando l’altro, con le sue qualità e i suoi limiti, la persona ridimensiona le attese nei suoi confronti e contemporaneamente esplora le proprie capacità di autonomia e di gratuità. Ogni rapporto di figliolanza e di amore intimo deve necessariamente passare attraverso la conflittualità amore – odio e la sua soluzione … (2).
L’accettazione del prossimo costringe a uno “sguardo critico” su di sé, ma anche a potenziare le proprie capacità, invece di aspettarsi sempre di essere supportati e confermati. Si tratta di un vero e proprio processo di ristrutturazione della personalità, che non è spontaneo, ma va guidato e favorito: nell'ottica della prevenzione non violenta, in famiglia, a scuola, in oratorio si dovrebbero aiutare i bambini a elaborare i conflitti, a comprendere l’intenzionalità delle proprie azioni e a considerare i punti di vista altrui. Si tratta di un percorso delicato e lungo che chiede di essere condotto con mano leggera e paziente.

3. Metodi diversi per gestire un conflitto


Il conflitto è certamente un ostacolo per una vita di relazione piena e serena, ma, se affrontato in modo adeguato, può diventare motivo di miglioramento dei rapporti interpersonali. Esso può essere risolto attraverso un negoziato (quando i confliggenti si mettono attorno a un tavolo e cercano di arrivare ad un accordo cedendo a turno su qualcuna delle pretese avanzate), oppure può essere gestito attraverso il ricorso a un arbitrato o a una mediazione (quando i confliggenti si appellano a un’autorità super partes che dirimerà il motivo del confliggere, guidando i confliggenti a trovare un modo per risolvere la situazione o imponendone una): inevitabilmente entrambe le soluzioni sfoceranno in un compromesso, destinato a lasciare insoddisfatte le parti in causa. Per questo è meglio affidarsi alla trasformazione del conflitto presentata da Galtung, integrandola con il metodo maieutico proposto dal Novara.

4. Trasformazione del conflitto secondo Galtung

Lo scopo della trasformazione del conflitto è evitare una spirale di azioni e reazioni che salgano di livello fino ad arrivare alla violenza anche estrema a cui ci ha abituati la cronaca nera attuale. Galtung afferma che per trasformare un conflitto occorre innanzitutto sostituire l’empatia alle percezioni e alle emozioni negative (A): solo dopo si potrà sostituire il dialogo non violento agli atti e alle frasi aggressive (B) e in un terzo momento la creatività potrà armonizzare le contraddizioni.
Se i contendenti infatti  comprenderanno l'uno il punto di vista dell'altro, potranno entrare in un colloquio rispettoso e produttivo e troveranno insieme delle soluzioni adeguate per superare creativamente il contrasto. La trasformazione è costruttiva in quanto contribuisce a trovare delle modalità risolutive che permettono a tutti i confliggenti di ottenere dei benefici: di conseguenza il conflitto può diventare un’occasione di crescita per ognuno. Una simile trasformazione richiede una preparazione a radici lunghe, che porti alla formazione di personalità empatiche, capaci di entrare in rapporto dialettico con gli altri.

5. Le tre fasi della trasformazione del conflitto secondo Galtung


Secondo Galtung, infatti, la trasformazione del conflitto si sviluppa lungo tre fasi principali: prima, durante e dopo il conflitto stesso. Per educare ad agire in modo nonviolento dovremmo quindi mettere in atto delle tecniche di prevenzione, di intervento e di riconciliazione.
1) Prevenire significa alfabetizzare alla trasformazione del conflitto attraverso l’apprendimento dell’ascolto attivo, dell’empatia e dell’autocontrollo. Per ciò che riguarda l’ascolto attivo, consiglio di leggere M. Tettamanti, Un gruppo in cammino con Gesù, in Arcidiocesi di Milano, Servizio per la catechesi, Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi, Centro ambrosiano, p. 79, nota 28; per lo sviluppo dell’empatia e dell’autocontrollo vedere in questo blog il post intitolato I colori del cuore.
Come scrive Recalcati in Il complesso di Telemaco, l’atto empatico si avvale di tre movimenti: vedere, trascendersi, comprendere. L’atto del vedere comporta l’osservazione della persona che si ha davanti, la percezione del sentimento legato alla sua presenza, l’ascolto attivo delle sue ragioni e narrazioni e l’attenzione a tutto ciò che le succede. Per trascendersi, cioè per uscire da se stessi e andare verso l’altro ritenendolo desiderabile, occorre superare pregiudizi, resistenze e difese. Il comprendere infine comporta l’afferrare il senso profondo dell’esperienza altrui. 
2) Quando il conflitto è scoppiato e ci si trova come terze parti di fronte a situazioni in cui la violenza è in atto, il compito è più difficile perché occorre intervenire per farla cessare, allo scopo di difendere le vittime, senza aggiungere altra violenza. Per questo occorre innanzitutto separare i contendenti con fermezza. In seguito, anche nel caso in cui si sia parte in causa nel conflitto, la strategia principale è il ricorso al dialogo empatico, cioè a un tipo di colloquio in cui sia possibile esprimere le risonanze emotive e i propri pensieri e sentimenti, utilizzando la parola come ordine per il mondo emotivo, ideatrice di un limite, interprete della realtà e veicolo di senso. 
A questo proposito, Galtung presenta l’esempio dell’arancia: lo si può trovare in un racconto, che descrive come è stato usato con i bambini, nel libro citato alle pp. 156 – 159. Ecco invece l’esempio di un conflitto tra una madre e il figlio adolescente. 
L’obiettivo del quindicenne Roberto, che vorrebbe uscire tutte le sere con gli amici, si scontra con il desiderio dei genitori che vorrebbero invece vederlo sempre immerso nello studio. Oggi in particolare Roberto vuole andarsene come sempre a bighellonare con il suo gruppo, mentre la mamma pretende che stia a casa per prepararsi alla verifica di matematica dell’indomani. Che cosa potrebbe fare la povera donna? Imporsi o appellarsi all’autorità paterna servirebbe solo a scatenare malumori e dissapori che impedirebbero al figlio di concentrarsi nello studio e prima o poi finirebbero per sfociare in un dialogo o in un comportamento violento. Quanto a negoziare, il ragazzo non vuole nemmeno sentirne parlare. Per trasformare il conflitto in un’occasione di crescita relazionale, la mamma può provare a mettersi nei panni di Roberto per comprenderne il punto di vista: “È proprio vero che i ragazzi vogliono uscire tutte le sere per evitare di studiare?” dovrebbe chiedersi: “Non potrebbero invece sentire il desiderio di stare insieme, di socializzare, di vivere la sicurezza che dà il gruppo? E se fosse così, che cosa potrei fare per rispondere al suo bisogno, salvando però l’esigenza dello studio? Sarà possibile trovare delle soluzioni che siano soddisfacenti per noi e per lui?”. A questo punto si potrà attivare tra i due un dialogo empatico, in cui entrambi saranno impegnati innanzitutto a capire le ragioni dell’altro e a cercare delle soluzioni creative. “Io ti capisco sai Roberto” potrebbe dire la madre: “So che cosa voglia dire per te il gruppo degli amici e anche quanto sia pesante studiare e stare chiusi in casa. Però tu devi cercare di capire anche me: so che se non studi, domani la verifica andrà male e saranno guai per te e per noi. Senti, che cosa ne dici se chiamiamo il tuo amico Paolo, quello che ha il voto alto in geometria, a studiare con te? Io vi preparo una mega merenda e magari un film che vi piace, da vedere quando avrete finito di studiare. Domani invece, dopo la verifica, potresti uscire nel pomeriggio quanto vuoi e per la sera preparo io la pizza per tutto il gruppo.” Sicuramente Roberto avrà qualcosa da ridire sulla proposta della mamma e magari pretenderà di invitare Lorena anziché Paolo, anche se lei è meno brava in matematica, e vorrà la sprite oltre alla pizza, ma l’importante sarà aver capito che entrambi, lui e la mamma, hanno da guadagnare se arrivano a un accordo. L’esempio è banale, ma è vero che un educatore che conosce i suoi ragazzi saprà trovare con loro, allo scoppiare di un conflitto, delle soluzioni vantaggiose per tutti.
3) Altrettanto importante è l’opera di riconciliazione dopo la violenza. Senza di questa, il ciclo della violenza tenderebbe facilmente a riprodursi, perché i traumi subiti agiscono nel profondo e prima o poi rischiano di emergere con conseguenze distruttive. A questo proposito, il Novara presenta, dopo averlo lungamente sperimentato con successo, un metodo di mediazione intelligente, in cui l’educatore è il regista e i bambini confliggenti sono i protagonisti attivi del processo di trasformazione. I passi del metodo sono quattro, due indietro e due avanti: a) a litigio avvenuto, non cercare il colpevole e quindi evitare le domande inquisitorie (il litigio non è una colpa, ma un’occasione per imparare a stare insieme); b) non spingere sulla soluzione, cioè non imporre subito la riconciliazione; c) facilitare l’emergere delle versioni reciproche delle divergenze, anche attraverso l’uso di bigliettini e il gioco dei cerchi (vedi il già citato Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi, alle pp. 159 e 160), per decantare le emozioni, favorendo lo sviluppo della percezione empatica e l’avvio del dialogo; d) favorire l’accordo, trovando insieme delle soluzioni creative; scriverle se necessario e tenerle in una scatola o in un quaderno.
Due osservazioni: a) il Novara assume dal Galtung i tre movimenti della trasformazione del conflitto, e cioè la comprensione empatica, il dialogo non violento e la soluzione creativa, e li usa per costruire una prassi educativa da utilizzare con i bambini, ma anche con gli adulti e con se stessi; b) le azioni da compiere durante un litigio in atto o a conflitto concluso sono simili: entrambe infatti si appoggiano all’empatia e al dialogo. Allo scopo di favorire l’opera di riconciliazione, possono servire riflessioni, esempi e giochi, per i quali consiglio di consultare il volume testé citato alle pp. 94 e 95, 156-160.

6. I triangoli di Galtung in rapporto alla riconciliazione sacramentale

Se volessimo “rifare” i triangoli di Galtung applicandoli al cammino della Riconciliazione sacramentale, potremmo ricostruire il primo come un aiuto all’esame di coscienza, partendo dalla contraddizione in quanto radice del peccato scoperta attraverso la Parola di Dio (C); passeremmo poi agli atteggiamenti sbagliati, cioè ai sentimenti e alle intenzioni peccaminose accolti e assunti consapevolmente (A) e ai comportamenti negativi (B): 
Con il secondo triangolo, mantenendo intatta la struttura di Galtung, possiamo svelare gli atti del penitente in rapporto al peccato e al perdono di Dio: partiamo dall’atteggiamento empatico (A) che riempiamo con i contenuti della contrizione o pentimento (in quanto comprensione e assunzione del punto di vista di Gesù); approdiamo quindi alla confessione o accusa dei peccati (B), compiuta nel dialogo con il sacerdote, e infine accogliamo l’assoluzione (C), che ci ricrea, ci rifà nuovi e ci conduce a scegliere con cura il primo passo per ricominciare il cammino nella vita bella del Battesimo, come se si trattasse ogni volta di vivere una nuova creazione.
Sembra proprio che Galtung, partendo da punti di vista totalmente diversi dai nostri, presenti, rivestito di laicità,  ciò che la Chiesa insegna da tempo immemorabile. Ancora una volta constatiamo che l’ispirazione divina precede e illumina il pensiero dell’uomo, rispettando sempre le esigenze della sua natura. L’intreccio tra ricerca scientifica e Sapienza è talvolta veramente sorprendente. 

7. Conclusione

Il riferimento ai triangoli dello studioso norvegese ha l’intento di aiutare la nostra riflessione, mostrando il collegamento imprescindibile tra la realtà dinamica del peccato e gli atti del penitente, che modulano la Riconciliazione sacramentale, rovesciando, nell’accoglienza del perdono divino, il male dalle radici e lanciando il confessato nella creatività (proprio nel senso di “nuova creazione” come dicevo) della vita battesimale scintillante di novità. In questo senso ci può essere di aiuto la comprensione della relazione tra contraddizione, sentimenti negativi e comportamento violento, da una parte, ed empatia (come via per purificare le emozioni negative), dialogo positivo e creatività del nuovo inizio dall’altra.

8. Per i catechisti, con i bambini

Per spiegare il dinamismo tra male e rinascita nel bene attraverso la riconciliazione, si possono utilizzare i triangoli anche con i bambini. In questo caso basterebbe avere a disposizione una lavagna o dei cartelloni, oppure un proiettore. Forse però sarebbe meglio dare ai ragazzi un cartoncino con il primo triangolo, in cui A corrisponda a "dire di no a Dio", B ai peccati del cuore (come dicevo, intenzioni ed emozioni negative assunte consapevolmente), C ai peccati del comportamento. Dopo un'adeguata spiegazione, accompagnata da una conversazione, daremo poi un foglio di carta da lucido con un secondo triangolo, da sovrapporre al primo, con dei cartellini da incollare al posto giusto: A = mi dispiace, do ragione a Gesù; B = confesso i miei peccati, chiedo perdono, prometto di …; C = ricevo il perdono di Gesù, lo ringrazio e riparto per una vita nuova
La sovrapposizione dei cartellini mostra bene la trasformazione: quando il rifiuto di ciò che Dio desidera per me diventa pentimento e assunzione del suo punto di vista, il cuore si trasforma e chiede perdono nella confessione, il peccato scompare nell'assoluzione e nella vita nuova che Gesù ci dona.
Ovviamente invece dei triangoli è possibile usare altri simboli più concreti e caldi per i bambini, ad esempio due alberi. Le radici del primo ospiterebbero il rifiuto di Dio; sul tronco metteremmo i peccati del cuore e tra i rami secchi i peccati del comportamento: se le radici sono avvelenate, tutto l'albero soffre e secca. Le radici del secondo albero, da sovrapporre al primo, ospiterebbero invece il pentimento; il tronco la richiesta di perdono e la confessione; i rami carichi di foglie, fiori e frutti il perdono di Gesù, il ringraziamento e la vita nuova: le radici sanate dal pentimento permettono il passaggio della linfa buona, così tutto l'albero guarisce e può dare foglie, fiori e frutti. L’attività, oltre ad agevolare la comprensione dei concetti, dovrebbe favorirne la memorizzazione. 

Bibliografia
1. D. Novara, Litigare con metodo, Erickson 2014, p. 11, introduzione di P. Ragusa.
2. G. Stickler, La riconciliazione del ragazzo e la famiglia: presupposti psicologici, Pontificia facoltà di Scienze dell’educazione Auxilium.
3. J. Galtung, La trasformazione nonviolenta dei conflitti, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1999.
4. Arcidiocesi di Milano, Servizio per la catechesi, Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi, Centro ambrosiano, Milano, 2017.
5. T. Gordon, Genitori efficaci, Giunti.
6. F. Rondano, La relazione educativa empatica, Queriniana 2016.
7. M. Recalcati, Il complesso di Telemaco, Feltrinelli, Milano 2013.


Appendice

Progetto sulla trasformazione del conflitto
per la scuola primaria (o l'oratorio estivo)

Obiettivo

Recupero dell'aggressività come momento emozionale propositivo di soluzioni creative. 

Procedure

1) Sfondo integratore e strategia introduttiva: fiaba La canoa magica (Si trova in questo blog in Scuola/Alfabeto/Lettera C). Il racconto mantiene la struttura e i personaggi della fiaba (situazione iniziale e azione dei protagonisti; azione degli antagonisti; intervento dell'eroe e uso dell'oggetto magico; vittoria dei protagonisti, sconfitta degli antagonisti), ma nel contempo mostra le varie fasi relative alla trasformazione del conflitto. 
Ascolto o lettura.
2) Attività sulla fiaba
Comprensione e riesposizione nei diversi linguaggi (linguistico/relazionale, teatrale, motorio, sonoro e musicale, informatico, di  poesia e/o scrittura creativa e pragmatica, di cartografia e orienteering...).
3) Riflessione sull'esperienza e gioco relazionale.
4) Riflessione meta-cognitiva sulle procedure e sulle acquisizioni (dalla narrazione e dall'esperienza ai concetti).
5) Festa con i genitori
6) Verifica formativa prolungata nel tempo

Esperienze, attività e giochi tra cui scegliere
N.B. In un lavoro come questo, sono fondamentali i laboratori per l'educazione relazionale e la trasformazione del conflitto (il primo e l'ultimo presentati di seguito); gli altri laboratori possono essere divertenti e utili, ma hanno altri obiettivi. 

2.1 Laboratorio linguistico/relazionale
*Con i bambini si esamina la struttura della fiaba, facendo emergere, attraverso domande, anche i  vari aspetti del conflitto. Naturalmente, dati gli obiettivi del percorso, si può tralasciare l'attività sulla tipologia testuale della fiaba, ma non la scoperta delle fasi del conflitto.
Personaggi
Protagonisti: Caribù, Cuoredolce e le loro due tribù.
Antagonisti: gli stregoni.
Eroe: il grande sciamano.
Oggetto magico: la canoa.
Situazione iniziale e azione dei protagonisti
Due tribù pellerossa sono costantemente in lite, ma non si conoscono i motivi del litigio (cioè non si conoscono le contraddizioni del conflitto); in realtà gli antagonisti sono all'opera da molto tempo, ma nessuno lo sa; tra le due tribù è stato costruito un muro per separarle (atteggiamento di chiusura);
spesso gli abitanti delle due tribù si lanciano dei sassi accompagnati da insulti al di là e al di qua del muro (comportamento violento); 
Cuoredolce e Caribùchecorreforteforte, i due bambini protagonisti del racconto, si conoscono, si parlano e diventano amici, risolvendo personalmente e creativamente il conflitto attraverso il gioco; le loro due tribù però rimangono in lotta.
Svolgimento: intervento dell'eroe, uso dell'oggetto magico, scoperta dell'azione degli antagonisti
I due protagonisti trovano la canoa magica del grande sciamano delle tribù e seguendola  scoprono i motivi del conflitto attraverso l'ascolto degli antagonisti (ascolto empatico); 
i bimbi spiegano i motivi delle liti agli adulti delle loro due tribù (dialogo). 
Fine: vittoria dei protagonisti, sconfitta degli antagonisti
Le due tribù si rappacificano, abbattono il muro di separazione, creando un nuovo contesto abitativo, e organizzano una grande festa alla quale partecipano tutti (ricerca e attuazione di strategie creative per la trasformazione del conflitto): i protagonisti hanno vinto, gli antagonisti sono sconfitti. 
*Invenzione e scrittura (a gruppi o collettiva) della continuazione della fiaba, per lanciare i bambini nell'ideazione di ulteriori strategie creative di trasformazione del conflitto.
2.2 Laboratorio teatrale
*Lettura dialogata della storia.
2.3 Laboratorio iconico e/o informatico
*Riesposizione del racconto attraverso la tecnica del fumetto.

E' possibile preparare con i bambini, a mano o con il computer, uno schema collettivo, che sintetizzi fiaba e dialoghi;  i bimbi in seguito lo completeranno individualmente o in gruppo disegnando personaggi e situazioni.
2.4 Laboratorio di cartografia e orienteering
*Gioco dell'oca pellerossa (concetti topologici di avanti e indietro, con consegna grafica e verbale). Schema da ingrandire e possibilmente plastificare.
*Rappresentazione dell'ambiente in cui si svolge il racconto con un plastico e/o con il disegno e  in un secondo momento con i simboli concordati; eventuale collocazione dei punti cardinali sulla mappa ottenuta; giochi simulativi con pupazzi di carta che raffigurano i protagonisti e si muovono nell'ambiente rappresentato seguendo il percorso del racconto e/o le indicazioni dell'insegnante.

N.B. I due disegni sono stati elaborati da due diversi gruppi di bambini e quindi il numero dei disegni e dei simboli non corrisponde.
 
2.5 Laboratorio di poesia e/o scrittura creativa e pragmatica (+cucina)
*Uscita esplorativa per guardare le nuvole come fecero Caribù e Cuoredolce: che cosa sembrano? (Esempi scritti da bambini di prima e seconda primaria: Le nuvole sono... Grandi aquile con le ali aperte... case incantate dietro le gabbie degli alberi... greggi di pecore indisciplinate che vanno dove vogliono... pezzi di panna tra l'azzurro del cielo... branchi di cavalli selvaggi con una luce d'oro negli occhi... cavalli grigi, dolci e tristi nello sguardo... montagne bianche che si sciolgono nel lago del cielo.../Una nuvola è... Un'ochetta a testa in giù... una pecora seduta... un tacchino che guarda in su... una tartaruga che si sposta e si allunga e diventa un pesce, anzi no, un serpente! O un maialino con il codino?).
*Preparazione degli inviti per la festa dei genitori.
*Elaborazione, scrittura ed esecuzione di ricette per il tè delle tribù e per i dolci della pace da offrire ai genitori durante la festa finale.
 2.6 Laboratorio di motoria
*Rappresentazione della storia con un percorso motorio a diverse postazioni segnalate da oggetti. Ecco qualche esempio. Andata: salto in alto (scavalcamento del muro); palla-muro, palleggio, lancio della palla in un cesto e a un educatore, calcio alla palla... (i giochi di Cuoredolce e Caribù); corsa a ostacoli (i cespugli nel bosco); entrata in un grande cesto o scatolone e raccoglimento del corpo (nella canoa); salto da una sedia (le cascate); 10 sec. di immobilità assoluta (ascolto degli stregoni - se il bambino si muove si ricominciano a contare i secondi); ritorno: passaggio a un altro cesto o scatolone, in cui accovacciarsi per qualche secondo (nella canoa); arrampicata su quadro svedese o spalliera (la salita delle cascate); abbraccio all'educatore (la pace); gioco dei birilli (distruzione del muro); saltelli (la festa). Il percorso può essere svolto in coppia (in questo caso i due bambini devono procedere appaiati, aiutandosi se necessario, e arrivare al traguardo insieme) o individualmente.
*Giochi di rilassamento, imitando i protagonisti del racconto (irrigidimento delle varie parti del corpo e successivo rilascio con eventuale musica leggera di sottofondo).
2.7 Laboratorio sonoro/musicale
*Percorso sonoro della storia, registrazione e trasposizione grafica.
*Danza degli indiani.
*Canto della pace.
3. Laboratorio  di educazione relazionale (Riflessione sull'esperienza e gioco di relazione)
* Conversazione clinica: Che cosa intendono i bambini per conflitto o litigio? Che cosa ne pensano? Quali esperienze raccontano?
* Giochi e attività per la gestione e trasformazione del conflitto (vedi Arcidiocesi di Milano, Servizio per la catechesi, Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi, Centro ambrosiano, pp. 156-160). 
*Interventi costanti per gestire e trasformare i conflitti che scoppiano tra i bambini,  rispettando i tre momenti: ascolto per capire le ragioni dell’altro (empatia), dialogo non violento, ricerca di strategie creative. (Vedi a questo proposito ciò che si è detto al paragrafo 5 sul metodo di Daniele Novara.)
*E quando il dialogo non è possibile? A volte i bambini riferiscono situazioni conflittuali familiari in cui il dialogo è molto difficile o addirittura impossibile, specialmente se l'interlocutore è un fratellino più piccolo, oppure ha un disturbo del comportamento o delle disabilità cognitive. In questi casi, potremmo insegnare a gestire l'aggressività deviandola nell'attività fisica, anche attraverso l'uso di palloni, fogli di carta, materassi da palestra verticali e orizzontali: dopo adeguata discussione, gli alunni immaginano di trovarsi di fronte alla causa della propria aggressività, la “mettono” nel pallone e lanciano quest’ultimo, con forza, contro una parete; analoga attività si può svolgere con fogli di carta, che vengono accartocciati o spezzati, e con materassini da palestra su cui picchiare. 
4. Riflessione metacognitiva finale
Esempio (griglia costruita collettivamente) 

I CONFLITTI (LITIGI)

COME NASCONO

Nella contraddizione:
uno vuole qualcosa che vuole anche l’altro;
malintesi;
mancanza di chiarezza.

COME VANNO AVANTI

Atteggiamenti:
rabbia,
aggressività,
uno contro l’altro,
disaccordo,
disarmonia.

Comportamenti:
gesti cattivi,
parole cattive,
accuse ingiuste,
calunnie,
botte (calci, pugni, sgambetti…),
catene di violenza,
separazione.

COME SI SUPERANO

Dialogo per scoprire che cosa pensa l’altro e anche i motivi del conflitto;
collaborazione;
creatività;
PACE;
festa;
armonia.

 5. Laboratorio pluridisciplinare per la festa finale
Progettazione collettiva della festa: data, orari, invitati, modalità di distribuzione degli inviti; allestimento dell'ambiente (tavoli, sedie, mostra dei fumetti...); preparazione delle vivande; intrattenimento (lettura dialogata del racconto contemporanea al percorso motorio e sonoro; spiegazione del plastico delle tribù; danza dei pellerossa; merenda insieme; canto della pace...).

N.B. Durante alcune fasi della preparazione della festa, i bambini possono lavorare contemporaneamente, divisi in gruppi.
6. Verifica formativa periodica
Il percorso sulla trasformazione del conflitto non può fermarsi. Oltre ad intervenire costantemente per gestire i litigi che scoppiano tra i bambini, sarebbe opportuno impostare ogni tanto una conversazione o un circle time con loro, partendo da domande a carattere simulativo, per riflettere insieme sulle esperienze di vendetta e di perdono e anche per vedere come la pensano. Riporto alcune domande con risposte aperte, che potrebbero servire come esempi.

Immagina di vivere le situazioni seguenti e cerchia la lettera corrispondente a ciò che faresti; poi parlane con la maestra (o la catechista) e con i tuoi compagni.
1) Hai litigato con tuo fratello (o tua sorella) e pensi di avere ragione tu, però la mamma dà la colpa a te. Tu che cosa fai?
a - Picchi tuo fratello, così impara;
b - non parli più con tuo fratello e aspetti il momento giusto per accusarlo di qualcosa che non ha fatto;
c - non dici niente e accetti tutto, però poi vai in camera tua e piangi;
d - cerchi di convincere tuo fratello a dire la verità e poi lo perdoni.
2) I tuoi amici non ti fanno giocare con loro. Il giorno dopo tu arrivi con un bellissimo pallone nuovo e loro vorrebbero giocare con te. Tu…
a – rifiuti e non giocherai mai più con loro;
b – giochi con loro senza dire niente,
c – fai capire ai compagni che hanno sbagliato, poi li perdoni e giochi con loro;
d – invece di giocare con loro, li prendi a sassate.
3) Vieni a sapere che un amico (o un’amica) ha parlato male di te. Tu…
a – parli male di lui così siete pari;
b – lo affronti, gli chiedi di dire la verità e poi fai la pace;
c – gli dai un bel pugno sul naso, così sei sicuro che non lo farà mai più;
d – non gli dici niente, ma non gli parli più.
4) Il tuo compagno di banco prende la tua matita senza chiedertela e non vuole più restituirtela. Tu…
a – chiedi l’aiuto della maestra e, quando lui ti ridà la matita, lo perdoni e non gli neghi la tua amicizia;
b – prendi la sua gomma e la spezzi, così non ci prova più;
c – non parlerai mai più con lui;
d – piangi e lasci che si tenga la matita.
5) In classe è sparita una penna nuova e un tuo compagno accusa proprio te. Per fortuna la maestra scopre il vero colpevole e costringe il tuo accusatore a chiederti scusa. Tu…
a – appena trovi l’occasione giusta, accusi il compagno di una colpa che non ha commesso, così siete pari;
b – non dici niente, ma togli completamente la fiducia al compagno che ti ha accusato e lui non sarà più tuo amico;
c – appena fuori da scuola dai un sacco di botte al compagno che ti ha accusato;
d – perdoni il tuo compagno, perché ti ha chiesto scusa, ma gli fai capire quanto ti ha fatto male.
6) Un tuo compagno ha ricevuto in regalo proprio il videogioco che avresti voluto tu e non ti permette neanche di toccarlo. Tu…
a – non puoi sopportare che lui abbia un videogioco così bello, così lo detesti e non gli parli più;
b – rompi il suo videogioco e non se ne parla più;
c – sei contento per lui e gli offri un tuo gioco, perché ti permetta di giocare con il suo.
d – provi rancore contro i tuoi genitori che non ti comprano mai quello che vuoi.
7) Il tuo migliore amico (o amica) ieri ha preferito la compagnia di altri, ma oggi, essendo solo, ti cerca. Tu…
a – rifiuti il suo invito e gli dici che con lui hai chiuso;
b – accetti l’invito, ma dentro di te rimane del rancore verso di lui;
c – accetti l’invito, ma gli dici che il giorno prima ha sbagliato a comportarsi così, poi non ci pensi più e ritorni l’amico di prima;
d – lo affronti e gli dai un cartone.

Buon percorso colleghi!

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da "Canoeing" di Daniel Long