Arrivati in terza, i bambini della scuola primaria sono pronti ad affrontare il testo sapienziale della Bibbia nelle sue prime pagine, a partire dalla tipologia testuale del mito delle origini e dei relativi simboli. Di fondamentale importanza sarà per loro capire le differenze sostanziali tra il mito biblico e gli altri miti antichi, ma anche accedere ad una prima risposta alle domande sull'origine del male e sul rapporto fra il racconto biblico della creazione e la scienza, tutte questioni di non facile trattazione, che pongono quindi problemi a non pochi insegnanti e catechisti.
Le pre-conoscenze
Nella scuola dell'infanzia e nelle classi prima e seconda, attraverso l'IRC, i bambini si sono accostati al discorso delle origini secondo l'impostazione cristiana, mediante un racconto e più esperienze che si sono limitati a presentare tre concetti fondamentali:
1) tutto ciò che esiste è stato voluto da Dio;
2) per creare il mondo Dio non ha usato niente, quindi non ha costruito il mondo, ma l'ha creato dal nulla;
3) Dio ha creato il mondo per regalarlo agli uomini ai quali vuole bene, cioè perché fosse per tutti una casa in cui abitare.
Questi tre concetti non sono in realtà tre pre-requisiti veri e propri, perché verranno ripresi nel corso dell'attività che segue e quindi non costituiscono una condizione sine qua non per incominciare il percorso. Assicuriamoci invece che i bimbi non abbiano acquisito delle misconoscenze, appropriandosi in maniera letterale del simbolismo biblico (ci sono ancora tante pubblicazioni per bambini non attente a questo aspetto). Assicuriamoci anche del fatto che per i bambini sia ben chiara la differenza tra le parole "creare" e "fare", perché, a causa dell'artificialismo (una delle caratteristiche del pensiero religioso infantile), essi tendono spesso a confondere i due diversi livelli di significato.
L'itinerario
Sarà bene innanzitutto non sostare eccessivamente sui miti antichi e non raccontarli per filo e per segno, per non deviare troppo a lungo l'interesse dei bambini. Sarà invece molto più proficua la collaborazione con gli insegnanti di italiano, di storia e di scienze, che avranno sicuramente impostato dei percorsi a diversi livelli sulle origini dell'universo e sui miti dell'antichità, illustrandone le caratteristiche. Per arrivare a delle riposte, inoltre, bisognerà che i bambini capiscano bene il racconto della Bibbia.
Per questo presento innanzitutto una spiegazione dei versetti del Genesi sulla creazione, utilizzando un linguaggio accessibile ai bimbi e seguendo l'interpretazione esegetica di tipo culturale del biblista cardinale Ravasi. In tutto il discorso non mi discosto dalla dottrina della Chiesa come è presentata nel CCC (Catechismo della Chiesa Cattolica), la cui interpretazione è caldamente raccomandata dal nuovo Direttorio per la catechesi, che si occupa anche di IRC: i bambini di questa età devono poter disporre di discorsi unitari e coerenti.
I bimbi avranno davanti il testo biblico: di volta in volta leggeremo insieme i versetti indicati e ne spiegheremo il significato in forma dialogica, evitando il modello della lezione frontale e attivando le loro capacità logiche (ad esempio: Come sono scritti questi versetti nella Bibbia? Perché secondo voi? La Bibbia in questo modo vorrà dire delle cose più o meno importanti rispetto al resto del testo? Perché?). Ci vorranno tempi distesi e frequenti esemplificazioni.
Si tratta di un percorso esegetico, ma in alcuni punti anche filosofico e teologico, pur se a misura di bambino: sembra difficile, ma è stato più volte attuato in classe terza e ha sempre dato buoni risultati. Naturalmente può essere accorciato e ridotto all'essenziale, ma è comunque importante che docenti e catechisti abbiano le idee chiare.
1,2 La terra informe e deserta, le tenebre, l’abisso, le acque tempestose fanno pensare al vuoto, cioè al nulla. Sono immagini: dicono che in principio non c’era niente, solo Dio, e che Dio ha creato il mondo senza usare nessun materiale, cioè dal nulla. L’autore ha usato queste immagini, perché nella sua lingua (l’ebraico antico) non esisteva la parola nulla. Infatti questo termine è difficile. Questo è un linguaggio simbolico, figurato: usa le immagini per spiegare i pensieri , cioè i concetti.
1,3 La parola di Dio è diversa da quella degli uomini: gli uomini, con la loro parola, possono solo indicare (o esprimere); soltanto Dio, con la sua parola, può creare senza usare nessun materiale. Quindi non è esatto dire che Dio ha fatto il mondo e nemmeno che noi creiamo qualcosa: dobbiamo dire che Dio ha creato il mondo, mentre noi facciamo o costruiamo delle cose.
1,16-17 La luce che regola il giorno è il sole, la luce minore è la luna. Questi due corpi celesti non sono considerati dei, come succedeva presso i Camuni primitivi e altri popoli antichi: sono visti invece come due grandi orologi, che indicano il giorno e la notte. Sono delle creature.
2 – La Parola di Dio è Parola che può creare.
3 - Dio ha creato dal nulla tutte le cose.
4 – Tutto ciò che Dio ha creato è buono.
5 – L’uomo è la creatura più alta del creato e assomiglia a Dio.
6 – Dio ha creato il mondo per amore, cioè per darlo agli uomini.
7 –L’uomo e la donna hanno la stessa dignità.
8 – L’uomo è una creatura spirituale e materiale: per questo è fragile, può ammalarsi, provare la fatica e morire.
9 – Dio non ha creato la morte: nel suo progetto l’uomo avrebbe dovuto avere una vita piena.
Con parole diverse e in maniera più sintetica, gli stessi concetti sono presentati nel catechismo CEI (Conferenza Episcopale Italiana) Sarete miei testimoni: nel caso in cui se ne ravvisasse la necessità un percorso come questo potrebbe essere quindi proposto anche in catechesi, magari in prima secondaria, quando l'argomento sarà riaffrontato a scuola. Ovviamente in questo caso si terrà conto della diversità fra IRC e catechesi, soprattutto per ciò che riguarda gli scopi dell'uno e dell'altra.
Naturalmente qui si tratta di un itinerario semplificato, dato che è pensato per i bambini: per questo non dà ragione della ricchezza straordinaria del testo biblico e tanto meno della dottrina che ne consegue, pur offrendo la possibilità d'impostare correttamente il discorso nelle sue informazioni essenziali. Al percorso allego il seguente materiale: 1) un semplicissimo file in ppx contenente parole e immagini per il ripasso collettivo; 2) due giochi (un memory e un'attività logica di classificazione) per favorire la memorizzazione. Entrambe le attività si collocano nella fase della metacognizione, quando avviene in modo privilegiato la fissazione degli apprendimenti.
La spiegazione dei versetti
1,1 Dio ha creato tutto ciò che esiste.1,2 La terra informe e deserta, le tenebre, l’abisso, le acque tempestose fanno pensare al vuoto, cioè al nulla. Sono immagini: dicono che in principio non c’era niente, solo Dio, e che Dio ha creato il mondo senza usare nessun materiale, cioè dal nulla. L’autore ha usato queste immagini, perché nella sua lingua (l’ebraico antico) non esisteva la parola nulla. Infatti questo termine è difficile. Questo è un linguaggio simbolico, figurato: usa le immagini per spiegare i pensieri , cioè i concetti.
1,3 La parola di Dio è diversa da quella degli uomini: gli uomini, con la loro parola, possono solo indicare (o esprimere); soltanto Dio, con la sua parola, può creare senza usare nessun materiale. Quindi non è esatto dire che Dio ha fatto il mondo e nemmeno che noi creiamo qualcosa: dobbiamo dire che Dio ha creato il mondo, mentre noi facciamo o costruiamo delle cose.
1,16-17 La luce che regola il giorno è il sole, la luce minore è la luna. Questi due corpi celesti non sono considerati dei, come succedeva presso i Camuni primitivi e altri popoli antichi: sono visti invece come due grandi orologi, che indicano il giorno e la notte. Sono delle creature.
1,26 Solo dell’uomo Dio dice che è a sua immagine e somiglianza. L’uomo assomiglia a Dio: è un po’ uguale e un po’ diverso da lui. Dio dona all’uomo tutto ciò che ha creato…Dio ha creato il mondo per darlo agli uomini, perché vuole il loro bene e la loro felicità, cioè per amore.
1,27 L’umanità è formata dagli uomini e dalle donne fin dal principio: entrambi hanno la stessa importanza. Le parole che riguardano la creazione dell’uomo e della donna sono scritte in modo diverso, come se si trattasse di una poesia: vuol dire che questo è un momento particolarmente importante nella creazione.
1,31 Di tutto ciò che ha creato, Dio dice che è buono: Dio ha creato solo il bene; non ha creato il male né il dolore. Solamente dell’uomo e della donna Dio dice che sono “buoni buoni”. Essi sono le creature più perfette.
2,3 Qui l’autore dice che il settimo giorno è da dedicare a Dio, è un giorno di festa, in cui non si lavora. La storia dei sei giorni, oltre a dare un ordine al racconto della creazione, ha questo solo scopo: spiegare che il settimo giorno della settimana appartiene a Dio; non dice ciò che veramente è successo, è una specie di modo di dire.
2,6 Da queste parole si capisce che gli antichi immaginavano la terra come una piattaforma con dei canali ai lati, attraverso i quali scorreva l’acqua. Il cielo era come una calotta, che si apriva quando pioveva. Noi sappiamo che non è così: in realtà la terra è un pianeta a forma di sfera, che gira intorno al sole. Questa informazione scientifica che dà la Bibbia è superata, non è vera. La Bibbia non è un libro scientifico.
2,7 Qui c’è un altro racconto della creazione! I racconti della creazione sono due. La Bibbia non ha avuto un solo autore! La polvere del suolo è la terra. Dio è presentato come un vasaio che prende la terra e la modella. L’autore lo presenta così perché non aveva a disposizione la parola “creare”, cioè “fare dal nulla”. Questo racconto è molto più antico del precedente. L’uomo è fatto da due cose: la polvere del suolo e l’alito di vita di Dio. La polvere del suolo è la materia, cioè il corpo. Dio mette il suo alito “dentro” l’uomo: vuol dire che corpo e anima sono strettamente uniti, non sono separabili; quando si separano si muore.
2,9 L’albero della vita è un simbolo; non si chiama “albero della vita e della morte”, ma solo “albero della vita”: Dio non ha creato la morte. L’uomo, essendo fatto di corpo, cioè di materia, è destinato a morire. Dio mette nel giardino l’albero della vita, cioè gli regala l’immortalità.
Anche l’albero della conoscenza del bene e del male è un simbolo. La scienza che studia il bene e il male è la morale (o etica), quindi questo albero è simbolo della morale.
L’albero della vita era presente anche in altri racconti delle origini, ma non l’albero della conoscenza del bene e del male: la Bibbia è un libro diverso dagli altri del suo tempo! Ebrei e cristiani credono che la Bibbia sia un libro scritto dagli uomini, ma ispirato da Dio.
2,13 Il Paese di Etiopia, i fiumi Tigri ed Eufrate esistono veramente: il giardino di Eden è in realtà il mondo. Queste parole formano una specie di cartina geografica del mondo com’era conosciuto ai tempi in cui vennero scritte queste pagine della Bibbia. La Bibbia non è nemmeno un libro di geografia.
2,14 Dio crea il mondo e nel mondo mette l’uomo, perché lo coltivi e lo custodisca. Anche l’uomo ha una responsabilità: deve coltivare la terra e tenerla con cura; chi inquina non fa ciò che vuole Dio. Occupandosi del mondo e migliorandolo, invece, l'uomo collabora con Dio che l'ha creato.
2,17 Se l’albero della conoscenza del bene e del male è un simbolo, anche i suoi frutti sono simboli, perciò qui Dio non sta dicendo all’uomo di non mangiare un particolare tipo di frutta! Dio sta dicendo all’uomo che può fare tutto ciò che vuole, ma non può decidere da solo ciò che è bene e ciò che è male: solo Dio conosce profondamente il bene e il male.
2,19 Dare il nome è una cosa importante: il nostro cognome, ad esempio, ci è stato dato dal papà quando ha riconosciuto che eravamo suoi. Allora Dio sta dicendo all’uomo: “Ti do gli animali, sono tuoi”.
2,20 Certamente qui Dio non fa l’anestesia all’uomo per operarlo e prendergli una costola con la quale fare la donna! Nella Bibbia, quando si parla di “torpore” spesso si vuole dire che l’uomo sta comunicando con Dio: di solito Dio non parla alle orecchie, ma al cuore. L’autore, dicendo che Dio usa una costola dell’uomo per creare la donna, dice in realtà che le donne hanno lo stesso valore degli uomini. Lo dice anche il primo uomo: “Essa è carne della mia carne e ossa delle mie ossa”, cioè ha la mia stessa dignità.
2,23 Nella lingua ebraica antica, l’uomo era chiamato “is” e la donna “issa” (come se noi dicessimo “uoma”): anche il nome sottolinea l’uguaglianza tra uomo e donna.
2,24 L’uomo lascia la sua famiglia d’origine e si unisce alla donna quando si sposa: qui si sta parlano del matrimonio, come di una realtà bella, positiva.
3,1 Il serpente qui non è un animale, ma è simbolo del diavolo, di Satana. Ma perché l’autore ha scelto questo simbolo e non un altro? Perché il serpente è un animale velenoso e cattivo? Perché il serpente quando morde uccide? Anche, ma non dimentichiamo che il serpente era un idolo dei Cananei, un popolo vicino agli Ebrei. Questo idolo rappresentava il dio della fertilità, cioè il dio che faceva nascere le piante, gli animali e i bambini. Alcuni Ebrei andavano a pregare questo dio. L’autore sacro, scegliendo come simbolo di Satana il serpente, sta perciò dicendo: “Non adorate gli dei falsi e bugiardi, inventati dall’uomo: esiste un Dio solo!”
3,5-6 L’uomo e la donna credono alle parole di Satana, perché vogliono diventare come Dio, vogliono stare senza di Lui, vogliono prendere il suo posto, decidere da soli qual è il bene e qual è il male: insomma vogliono fare a meno di Dio. Questo è il peccato. L’uomo e la donna rifiutano Dio.
3,8 Dio qui è mostrato attraverso l’immagine del “Gran Visir”, che alla sera scendeva a passeggiare nei suoi giardini e incontrava le persone che formavano il suo seguito. Questa immagine dice che Dio è il Signore di tutto il creato. Unita a quella del vasaio, dice che Dio è creatore e signore di tutto ciò che esiste.
3,9-12 Dio interroga l’uomo e la donna. Anche questo “processo” è un’immagine: il giardino, cioè il mondo, è il tribunale, il giudice è Dio, gli imputati sono l’uomo, la donna e il serpente, cioè Satana; al termine del processo c’è la sentenza. Dio condanna Satana e lo maledice.
3,14-19 Poi Dio si rivolge alla donna e all’uomo e dice loro che proveranno dolore, fatica (il sudore) e moriranno, tornando alla terra (è la sepoltura) “perché dalla terra sono stati tratti”, cioè sono fatti di materia. Anche nel matrimonio è tutto cambiato: ora c’è uno che comanda e uno che ubbidisce. Questo discorso riguarda tutte le relazioni, che diventano difficili. La terra darà “spine e cardi”, cioè non è più soltanto buona come nella creazione. Il quadro della vita dell’uomo è completamente cambiato: prima era luminoso e pieno di gioia, ora è brutto, tenebroso e triste. Dio non sta castigando l’uomo e la donna: sta descrivendo la loro situazione lontani da lui.
2,25; 3,7; 3,10; 3,11 L’uomo e la donna si accorgono di essere nudi: anche questo è un simbolo. L’uomo e la donna stavano con Dio e avevano tutto per essere felici: non sentivano né dolore né fatica, non morivano. Non si accorgevano cioè di tutto ciò che non avevano in quanto creature. Solo dopo aver rifiutato Dio dovettero fare i conti con tutto ciò che dipende dalla creaturalità (cioè l’essere creature) dell’uomo e del mondo: la fatica, il dolore, il cambiamento della natura, la difficoltà nell’andare d’accordo… Tutti questi limiti possono essere superati solo con un dono speciale di Dio (un dono preternaturale). Scoprendo di essere nudi, l’uomo e la donna scoprono in realtà di essere delle creature fragili, che hanno bisogno del loro creatore. “Dal suolo sei stato tratto” vuol dire “sei fatto di materia, sei una creatura”. Questo discorso non riguarda soltanto le origini, ma ogni tempo della storia dell'umanità: secondo i credenti, gli uomini e le donne hanno sempre bisogno di Dio; senza di Lui sono incompleti e infelici. Il primo uomo e la prima donna simboleggiano tutta l'umanità.
1,27 L’umanità è formata dagli uomini e dalle donne fin dal principio: entrambi hanno la stessa importanza. Le parole che riguardano la creazione dell’uomo e della donna sono scritte in modo diverso, come se si trattasse di una poesia: vuol dire che questo è un momento particolarmente importante nella creazione.
1,31 Di tutto ciò che ha creato, Dio dice che è buono: Dio ha creato solo il bene; non ha creato il male né il dolore. Solamente dell’uomo e della donna Dio dice che sono “buoni buoni”. Essi sono le creature più perfette.
2,3 Qui l’autore dice che il settimo giorno è da dedicare a Dio, è un giorno di festa, in cui non si lavora. La storia dei sei giorni, oltre a dare un ordine al racconto della creazione, ha questo solo scopo: spiegare che il settimo giorno della settimana appartiene a Dio; non dice ciò che veramente è successo, è una specie di modo di dire.
2,6 Da queste parole si capisce che gli antichi immaginavano la terra come una piattaforma con dei canali ai lati, attraverso i quali scorreva l’acqua. Il cielo era come una calotta, che si apriva quando pioveva. Noi sappiamo che non è così: in realtà la terra è un pianeta a forma di sfera, che gira intorno al sole. Questa informazione scientifica che dà la Bibbia è superata, non è vera. La Bibbia non è un libro scientifico.
2,7 Qui c’è un altro racconto della creazione! I racconti della creazione sono due. La Bibbia non ha avuto un solo autore! La polvere del suolo è la terra. Dio è presentato come un vasaio che prende la terra e la modella. L’autore lo presenta così perché non aveva a disposizione la parola “creare”, cioè “fare dal nulla”. Questo racconto è molto più antico del precedente. L’uomo è fatto da due cose: la polvere del suolo e l’alito di vita di Dio. La polvere del suolo è la materia, cioè il corpo. Dio mette il suo alito “dentro” l’uomo: vuol dire che corpo e anima sono strettamente uniti, non sono separabili; quando si separano si muore.
2,9 L’albero della vita è un simbolo; non si chiama “albero della vita e della morte”, ma solo “albero della vita”: Dio non ha creato la morte. L’uomo, essendo fatto di corpo, cioè di materia, è destinato a morire. Dio mette nel giardino l’albero della vita, cioè gli regala l’immortalità.
Anche l’albero della conoscenza del bene e del male è un simbolo. La scienza che studia il bene e il male è la morale (o etica), quindi questo albero è simbolo della morale.
L’albero della vita era presente anche in altri racconti delle origini, ma non l’albero della conoscenza del bene e del male: la Bibbia è un libro diverso dagli altri del suo tempo! Ebrei e cristiani credono che la Bibbia sia un libro scritto dagli uomini, ma ispirato da Dio.
2,13 Il Paese di Etiopia, i fiumi Tigri ed Eufrate esistono veramente: il giardino di Eden è in realtà il mondo. Queste parole formano una specie di cartina geografica del mondo com’era conosciuto ai tempi in cui vennero scritte queste pagine della Bibbia. La Bibbia non è nemmeno un libro di geografia.
2,14 Dio crea il mondo e nel mondo mette l’uomo, perché lo coltivi e lo custodisca. Anche l’uomo ha una responsabilità: deve coltivare la terra e tenerla con cura; chi inquina non fa ciò che vuole Dio. Occupandosi del mondo e migliorandolo, invece, l'uomo collabora con Dio che l'ha creato.
2,17 Se l’albero della conoscenza del bene e del male è un simbolo, anche i suoi frutti sono simboli, perciò qui Dio non sta dicendo all’uomo di non mangiare un particolare tipo di frutta! Dio sta dicendo all’uomo che può fare tutto ciò che vuole, ma non può decidere da solo ciò che è bene e ciò che è male: solo Dio conosce profondamente il bene e il male.
2,19 Dare il nome è una cosa importante: il nostro cognome, ad esempio, ci è stato dato dal papà quando ha riconosciuto che eravamo suoi. Allora Dio sta dicendo all’uomo: “Ti do gli animali, sono tuoi”.
2,20 Certamente qui Dio non fa l’anestesia all’uomo per operarlo e prendergli una costola con la quale fare la donna! Nella Bibbia, quando si parla di “torpore” spesso si vuole dire che l’uomo sta comunicando con Dio: di solito Dio non parla alle orecchie, ma al cuore. L’autore, dicendo che Dio usa una costola dell’uomo per creare la donna, dice in realtà che le donne hanno lo stesso valore degli uomini. Lo dice anche il primo uomo: “Essa è carne della mia carne e ossa delle mie ossa”, cioè ha la mia stessa dignità.
2,23 Nella lingua ebraica antica, l’uomo era chiamato “is” e la donna “issa” (come se noi dicessimo “uoma”): anche il nome sottolinea l’uguaglianza tra uomo e donna.
2,24 L’uomo lascia la sua famiglia d’origine e si unisce alla donna quando si sposa: qui si sta parlano del matrimonio, come di una realtà bella, positiva.
3,1 Il serpente qui non è un animale, ma è simbolo del diavolo, di Satana. Ma perché l’autore ha scelto questo simbolo e non un altro? Perché il serpente è un animale velenoso e cattivo? Perché il serpente quando morde uccide? Anche, ma non dimentichiamo che il serpente era un idolo dei Cananei, un popolo vicino agli Ebrei. Questo idolo rappresentava il dio della fertilità, cioè il dio che faceva nascere le piante, gli animali e i bambini. Alcuni Ebrei andavano a pregare questo dio. L’autore sacro, scegliendo come simbolo di Satana il serpente, sta perciò dicendo: “Non adorate gli dei falsi e bugiardi, inventati dall’uomo: esiste un Dio solo!”
3,5-6 L’uomo e la donna credono alle parole di Satana, perché vogliono diventare come Dio, vogliono stare senza di Lui, vogliono prendere il suo posto, decidere da soli qual è il bene e qual è il male: insomma vogliono fare a meno di Dio. Questo è il peccato. L’uomo e la donna rifiutano Dio.
3,8 Dio qui è mostrato attraverso l’immagine del “Gran Visir”, che alla sera scendeva a passeggiare nei suoi giardini e incontrava le persone che formavano il suo seguito. Questa immagine dice che Dio è il Signore di tutto il creato. Unita a quella del vasaio, dice che Dio è creatore e signore di tutto ciò che esiste.
3,9-12 Dio interroga l’uomo e la donna. Anche questo “processo” è un’immagine: il giardino, cioè il mondo, è il tribunale, il giudice è Dio, gli imputati sono l’uomo, la donna e il serpente, cioè Satana; al termine del processo c’è la sentenza. Dio condanna Satana e lo maledice.
3,14-19 Poi Dio si rivolge alla donna e all’uomo e dice loro che proveranno dolore, fatica (il sudore) e moriranno, tornando alla terra (è la sepoltura) “perché dalla terra sono stati tratti”, cioè sono fatti di materia. Anche nel matrimonio è tutto cambiato: ora c’è uno che comanda e uno che ubbidisce. Questo discorso riguarda tutte le relazioni, che diventano difficili. La terra darà “spine e cardi”, cioè non è più soltanto buona come nella creazione. Il quadro della vita dell’uomo è completamente cambiato: prima era luminoso e pieno di gioia, ora è brutto, tenebroso e triste. Dio non sta castigando l’uomo e la donna: sta descrivendo la loro situazione lontani da lui.
2,25; 3,7; 3,10; 3,11 L’uomo e la donna si accorgono di essere nudi: anche questo è un simbolo. L’uomo e la donna stavano con Dio e avevano tutto per essere felici: non sentivano né dolore né fatica, non morivano. Non si accorgevano cioè di tutto ciò che non avevano in quanto creature. Solo dopo aver rifiutato Dio dovettero fare i conti con tutto ciò che dipende dalla creaturalità (cioè l’essere creature) dell’uomo e del mondo: la fatica, il dolore, il cambiamento della natura, la difficoltà nell’andare d’accordo… Tutti questi limiti possono essere superati solo con un dono speciale di Dio (un dono preternaturale). Scoprendo di essere nudi, l’uomo e la donna scoprono in realtà di essere delle creature fragili, che hanno bisogno del loro creatore. “Dal suolo sei stato tratto” vuol dire “sei fatto di materia, sei una creatura”. Questo discorso non riguarda soltanto le origini, ma ogni tempo della storia dell'umanità: secondo i credenti, gli uomini e le donne hanno sempre bisogno di Dio; senza di Lui sono incompleti e infelici. Il primo uomo e la prima donna simboleggiano tutta l'umanità.
3,15 Queste parole difficili, pronunciate da Dio, per i cristiani sono un modo misterioso di dire che un giorno il male sarà vinto da Gesù. (cfr. CCC n.78 Compendio).
3,20 Eva è un nome simbolico: vuol dire “la madre dei viventi”, cioè la prima donna (lo stesso discorso vale per Adamo).
3,21 Dio non abbandona l’uomo e la donna: li riveste, cioè li riconosce ancora come suoi; una tunica di pelle è più forte e più calda di una cintura di foglie di fico!
3,20 Eva è un nome simbolico: vuol dire “la madre dei viventi”, cioè la prima donna (lo stesso discorso vale per Adamo).
3,21 Dio non abbandona l’uomo e la donna: li riveste, cioè li riconosce ancora come suoi; una tunica di pelle è più forte e più calda di una cintura di foglie di fico!
Il problema del male
Incominciamo con una domanda / provocazione: "Se Dio non ha creato il male, chi ha creato la morte e il dolore? Non Satana e non l’uomo né la donna, perché sono creature e le creature non possono creare." Lasciamo che i bambini tentino qualche risposta e poi interveniamo noi: "Non li ha creati nessuno! Il male è entrato nel mondo dopo il peccato dell’uomo: in realtà il male è l'assenza (il "non c'è più") del bene che Dio aveva creato e l'uomo ha rifiutato. La malattia è assenza di salute, la morte è assenza di vita, la fatica è mancanza di benessere, l’indifferenza e l’odio sono assenza di amore … (Continuiamo con altri esempi, finché saremo sicuri che tutti i bambini avranno capito). Il male da solo non esiste: esiste solo come assenza o mancanza di bene".I bambini, non avendo ancora capacità di astrazione, più che capire intuiscono questo discorso e può darsi che qualcuno di loro particolarmente sveglio chieda: "Ma se Dio non vuole il male, perché lo lascia?". Credo che possiamo trovare la risposta a questo quesito nel CCC (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 58 del Compendio): Dio sa trarre il bene dal male, anche se a volte noi non lo vediamo e non lo possiamo capire; se non fosse così Lui non lo permetterebbe. Questo è ciò che credono i cristiani: lo credono perché hanno la fede, cioè si fidano di Dio, non perché è una cosa che si capisce. Dio è molto più grande dell'uomo, perciò non è possibile capirlo tutto. A questo punto io di solito racconto la leggenda del bambino che cercava di mettere con un cucchiaio tutta l'acqua del mare in un buchetto scavato nella sabbia della spiaggia e a Sant'Agostino che si meravigliava diceva: "E tu con la tua testa piccola, vuoi capire Dio che è tanto più grande di te?". "In realtà" concludo "Dio ha detto tante cose di sé nella Bibbia, ma non tutto. Tante cose si capiranno solo quando si sarà con Lui nella vita eterna. Questo è ciò che credono i cristiani.". I bambini, che tutti i giorni fanno l'esperienza del non capire parole e cose fino in fondo, non faticano ad accettare questo discorso.
Arrivati all'età della scuola media, il discorso potrà essere affrontato in modo più approfondito e interattivo. A tale scopo, è possibile trovare un esempio nella relazione Per una teologia del dolore. Il dolore dell'uomo è il dolore di Dio? pubblicata in Arcidiocesi di Milano, Servizio per la pastorale liturgica, A servizio dell'Eucaristia, Centro ambrosiano 2019, p. 117 - 120.
Una sintesi
Ecco in sintesi ciò che dovrebbero imparare i bambini dal racconto della creazione nella Bibbia.
1 – Vi è un Dio solo. 2 – La Parola di Dio è Parola che può creare.
3 - Dio ha creato dal nulla tutte le cose.
4 – Tutto ciò che Dio ha creato è buono.
5 – L’uomo è la creatura più alta del creato e assomiglia a Dio.
6 – Dio ha creato il mondo per amore, cioè per darlo agli uomini.
7 –L’uomo e la donna hanno la stessa dignità.
8 – L’uomo è una creatura spirituale e materiale: per questo è fragile, può ammalarsi, provare la fatica e morire.
9 – Dio non ha creato la morte: nel suo progetto l’uomo avrebbe dovuto avere una vita piena.
10 - L’uomo ha rifiutato il progetto di Dio. La morte, la fatica, il dolore, la difficoltà nelle relazioni, le imperfezioni della natura sono conseguenze del suo rifiuto. L’assenza del bene che Dio ha creato si chiama male.
11 – Neanche dopo il suo rifiuto Dio abbandona l’uomo.
11 – Neanche dopo il suo rifiuto Dio abbandona l’uomo.
Possiamo compilare questa sintesi insieme ai bambini e poi farla scrivere, oppure fotocopiarla e farla incollare sul quaderno.
Le differenze tra i miti dell'antichità e il mito biblico
Ci sono punti nella Bibbia che aprono il respiro e fanno sussultare di gioia. Questo succede ad esempio quando scopriamo le differenze abissali tra il mito biblico e gli altri miti antichi: sono momenti in cui non si può non dire "Qui c'è veramente di mezzo il Signore, l'uomo da solo non ci sarebbe mai arrivato". Il miracolo del monoteismo ad esempio: chi può aver fatto capire al popolo eletto che Dio è uno solo, quando l'esperienza umana riguarda sempre la molteplicità del reale? Perfino Aristotile, pur parlando di un unico motore immobile, non ne applicò il concetto alla divinità. Con le poche conoscenze scientifiche in suo possesso, come avrebbe potuto un autore antico capire che il sole, dal quale viene la vita per i campi e per gli esseri viventi, non è un dio ma una creatura? E l'importanza centrale data alla questione morale? Ecco, è questa meraviglia che noi siamo chiamati a comunicare ai bambini, questa esaltazione del cuore e della mente, questo stupore che non li lascerà più. Cerchiamo allora di vedere come coinvolgerli a livelli profondi in questo discorso, senza però toccarli nella sfera della fede personale (a meno che si sia in catechesi).Come dicevo poc'anzi, gli scolari di terza dovrebbero aver appreso, durante lo studio della storia, alcuni miti dei popoli antichi, ad esempio quelli degli Egizi. Li possiamo quindi richiamare e costruire con loro una specie di tabella che evidenzi le differenze fra queste narrazioni e il racconto biblico. Approderemo così ad una sintesi costruita insieme, procedendo di sorpresa in sorpresa.
1) I miti antichi presentavano tanti dei, litigiosi, invidiosi e vendicativi come gli uomini. Erano miti politeisti.
Il racconto biblico è monoteista, cioè presenta un solo Dio giusto.
2) I miti antichi consideravano dei anche la terra, il sole e la luna.
Nel racconto biblico la terra, il sole e la luna sono creati da Dio, quindi non possono essere dei, ma solo delle creature come le altre.
3) Per i miti antichi esistevano gli dei del male.
Nella Bibbia non esistono gli dei del male: anche Satana è una creatura, un angelo decaduto.
4) Nei miti antichi il primo uomo e la prima donna di solito erano semidei o eroi.
Nel racconto della Bibbia il primo uomo e la prima donna sono persone normali, come tutti. Il monoteismo biblico è assoluto.
5) Nei miti antichi, la contesa tra gli uomini e gli dei avveniva per il possesso di qualcosa di fondamentale per l'esistenza dell'uomo (ad esempio nel mito greco Prometeo rubò il fuoco per darlo agli uomini).
Nella Bibbia la contesa si svolge intorno al problema centrale della morale, in quanto rapporto dell'uomo con Dio, simboleggiata dall'albero della scienza del bene e del male.
6) Il male che colpisce l'uomo era un castigo degli dei.
Nella Bibbia, il male è assenza del bene che Dio ha creato e l'uomo non ha voluto, con un atto di scelta libera e cosciente.
Le differenze sono davvero tante e fondamentali, soprattutto se si tiene conto del fatto che anche la Bibbia è nata in tempi antichi: come abbiamo già detto, per i credenti ebrei e cristiani questo è potuto succedere perché la Bibbia è stata scritta sì dagli uomini, ma ispirata da Dio.
Chi ha ragione? La Bibbia o la scienza?
Ci sono domande che i bambini a scuola di solito non pongono, perché temono di essere valutati negativamente. Quando però arrivano a casa presentano i problemi ai genitori, i quali, non sapendo come rispondere, spesso interpellano la catechista.
Uno di questi quesiti riguarda il rapporto tra la scienza e la Bibbia circa l'origine dell'universo, della vita e dell'uomo. Anche recentemente il problema mi è stato posto da una bambina di otto anni accompagnata dalla nonna indignata con le maestre del giorno d'oggi, che "...non dicono più le cose giuste e adesso neanche il mondo è stato creato da Dio". "La maestra di storia ci ha detto che l'universo è stato creato dal Big bang" ha esordito la piccola, "ma la nonna dice che l'ha creato Dio. Allora chi ha ragione? Io non lo so". Mi sono detta che forse il suo maestro di religione era in ritardo con il programma e aveva dimenticato di accordarsi con la collega di storia, così le ho spiegato io. Mi ci è voluto parecchio tempo, ma alla fine la bambina ha capito. La nonna non so: ha continuato fino alla fine a scrollare la testa.
Il tema da trattare in sé è semplice, ma lo si può affrontare soltanto dopo il discorso precedente.
Che cosa impariamo noi dalla BIBBIA? Essenzialmente due cose: CHI ha creato l'universo, cioè Dio;
PERCHE' Dio ha creato l'universo (per darlo agli uomini e alle donne, ai quali vuole bene, quindi per amore). Che cosa cerca di indagare e di dire invece la SCIENZA? Essenzialmente due cose: COME si è formato l'universo (teorie del caos primordiale, del big bang e dell'evoluzione ...); QUANDO si è formato (le date probabili, le diverse ere geologiche ...).
Bibbia e scienza si occupano allora dello stesso argomento, ma rispondono a domande diverse, perciò è giusto che dicano cose differenti. Alla Bibbia non interessa dire come si è formato l'universo e neanche in quanto tempo si è formato, mentre la scienza non potrà mai dire chi l'ha voluto e creato e quindi neanche perché l'ha voluto e creato. Ecco perché Bibbia e scienza non si contraddicono: ognuna va per la sua strada, senza intralciarsi a vicenda.
A questo punto i bambini dovrebbero aver capito, soprattutto se nel frattempo avremo scritto lo schema alla lavagna:
BIBBIA
=
CHI
(Dio);
PERCHE'
(per amore verso l'umanità alla quale ha regalato il creato).
SCIENZA
=
COME
(caos primordiale, big bang, teoria dell'evoluzione ...)
QUANDO
(date, ere geologiche ...).
Sarebbe bello che lo schema fosse composto dagli insegnanti di religione, di storia e di scienze insieme ai bambini: ogni docente compila la propria parte richiamando le informazioni comunicate e scoperte; i bimbi seguono e intervengono. Saranno poi gli allievi stessi a cercare e darsi delle spiegazioni, seguendo il loro bisogno di unificare il sapere, che nel frattempo dovrebbe essere sorto, e il principio di non contraddizione, che incomincia ad affacciarsi nel loro pensiero, in virtù della logica scientifica che sta poco per volta formandosi e distinguendosi dalla fantasia: Dio ha creato il caos primordiale, ha "comandato" il big bang, ha ordinato l'universo in galassie, ha voluto la vita attraverso l'unione di alcuni elementi particolari e poi ha voluto l'uomo, che ama e continua a seguire e per questo ha mandato Gesù. Lasciamo che ne parlino, ma ricordiamo loro due cose: a) la Bibbia non dà tutte queste informazioni, anche se sono plausibili; b) ciò che la scienza afferma col tempo potrebbe cambiare perché nel campo scientifico le scoperte si susseguono giorno dopo giorno. Sarebbe bene lasciare lo schema appeso nell'aula, come ausilio per la memorizzazione, perché l'esperienza insegna che facilmente i bambini dimenticano queste acquisizioni.
L'uso del file in ppx per il ripasso collettivo
Il file in ppx che allego presenta delle parole chiave e delle immagini animate: le une e le altre evocano i discorsi attivati durante il percorso. Si tratta di presentarle ai bambini, sollecitando la loro memoria attraverso delle domande: Guardiamo questo famoso dipinto; che cosa ha creato Dio? Che cosa significano queste parole? Che cosa indica questo simbolo? Che cosa ricordate di questo discorso? Di chi, di quali creature si dicono queste parole? A quale ambito disciplinare appartengono queste realtà? Sono conoscenze ancora valide o superate? Chi pronuncia queste parole? Perché? Che cosa vogliono dire? A quale episodio della Bibbia vi fa pensare questa immagine? Leggiamo insieme la sintesi: è tutto chiaro?Chi di voi ricorda qualcosa di questa questione e vuole spiegarla ai compagni? (Questo passaggio è importante, perché a volte i bambini capiscono i compagni meglio di quanto comprendono l'insegnante o il catechista). L'ultima slide presenta i simboli incontrati: dopo aver raccolto, per alzata di mano, le spiegazioni dei bambini, facciamo entrare con un clic gli abbinamenti esatti, commentiamo brevemente e, dopo aver preparato il materiale, diamo inizio ai giochi.
Visiona o scarica le slide
I giochi con le carte
Primo gioco: i simboli della Bibbia e il loro significato
Il primo gioco che presento funziona come un memory e permette di fissare il significato dei simboli pricipali nel racconto della creazione. Innanzitutto occorre incollare le carte su due cartoncini di colore diverso distinguendo i simboli dalla realtà significata: ad esempio potremmo usare il rosso per i simboli (Eden, polvere del suolo, albero della vita ...) e l'azzurro per la realtà da essi indicata (mondo, materia, immortalità ...). I bambini possono poi giocare a coppie:
1. dispongono tutte le carte sul tavolo con le parole nascoste e il retro verso l'alto;
2. ciascuno dei due bambini pesca una carta - simbolo e poi a turno cerca di pescare la realtà corrispondente, seguendo le regole di un normale memory;
3. vince chi per primo riesce ad abbinare le sue carte: all'inizio saranno i colori a garantire l'esattezza degli abbinamenti, ma in seguito i bimbi useranno le carte non colorate, così da essere spinti alla memorizzazione, che all'inizio potranno confermare, se necessario, usando la tabella che segue (naturalmente è possibile incominciare subito con la seconda parte del gioco, omettendo la prima, cioè le carte a colori).
Tenebre, abisso, acque tempestose, terra informe e deserta = NULLA.
Giardino di Eden = MONDO.
Albero della vita = IMMORTALITA'.
Albero della conoscenza del bene e del male = MORALE.
Polvere del suolo = MATERIA.
Il vasaio e il gran visir = DIO E' CREATORE E SIGNORE DI TUTTO CIO' CHE ESISTE.
Torpore = COMUNICAZIONE CON DIO.
Donna tratta dalla costola dell'uomo = UOMO E DONNA HANNO LA STESSA DIGNITA'.
Non mangiare il frutto = NON DECIDERE DA SOLI CHE COSA SONO IL BENE E IL MALE.
Serpente = SATANA.
Mangiare il frutto = RIFIUTARE DIO E IL BENE DA LUI CREATO.
Scoprire di essere nudi = SCOPRIRE DI ESSERE CREATURE FRAGILI.
Le tuniche di pelle = DIO NON ABBANDONA L'UOMO E LA DONNA NEMMENO DOPO IL LORO RIFIUTO.
Ecco le carte a colori.
Ed ecco alcuni esempi di carte per la seconda parte del gioco.
Secondo gioco: i miti antichi e il racconto biblico
Questo gioco è un solitario e funziona come le carte logiche. Dopo aver incollato su cartoncino e ritagliato le carte, i bambini le dividono in due gruppi: quelle che riguardano i miti antichi da una parte, quelle sul racconto biblico dall'altra. In un secondo momento i giocatori abbinano le carte secondo gli argomenti che trattano (politeismo e monoteismo; ruolo della terra, della luna e del sole; identità della coppia primigenia; problema del male e del dolore; contesa tra uomini e dei). L'insegnante sorveglia e interviene ad aiutare o correggere se necessario.
Questo percorso potrebbe sembrare eccessivamente dettagliato e preciso, ma, al di là del fatto che può sempre essere accorciato e ridotto all'essenziale, posso assicurare che dai bambini è vissuto come un gioco e spesso accende la passione per la scoperta. A livello didattico, la cosa più importante è il rigore nella conduzione del percorso: ad esempio, se si indulge nei racconti dei miti antichi, si sveglia sicuramente l'interesse dei bambini, ma facilmente essi ricorderanno di più le battaglie degli dei che lo stupendo significato dei simboli biblici.
Con il passare del tempo, poi, i bimbi dimenticheranno alcune di queste acquisizioni, ma ricorderanno le più importanti, e comunque non scorderanno il centro del discorso, e cioè che esiste una differenza sostanziale tra i miti antichi e il racconto biblico, insieme al fatto che la Bibbia, attraverso dei simboli, dà risposte importanti alle domande esistenziali degli uomini. Tanti di loro ricorderanno anche che Dio non ha creato il dolore, anche se, a fronte delle esperienze faticose della vita, sentiranno il bisogno di riprendere l'argomento, contestare la risposta e confrontarsi con qualcuno. Questo non mi sembra poco, soprattutto se si pensa che attualmente anche gli interrogativi sul senso della vita sono quasi del tutto scomparsi e la Bibbia è spesso liquidata come un libro antico che non ha più nulla da dire all'uomo d'oggi. Quando i ragazzi che lasciano la fede ci dicono che la religione è una cosa per bambini dovremmo fare l'esame di coscienza e chiederci come abbiamo impostato questi discorsi fin dall'inizio.
Mariarosa Tettamanti
Immagine di copertina tratta da "cespugli verdi" di Francesco Ungaro