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Auto laboratorio per incontrarci con Gesù



Ecco un "auto laboratorio" per principianti nella preghiera, che vogliono entrare nell'intimità con Gesù. Il mio pensiero va soprattutto, con infinita tenerezza, ai catechisti e ai MISCE, in particolare a quelli di nuova nomina. Ragazzi, il nostro impegno non è facile, ma Gesù ha preparato per noi esperienze straordinarie. 

Carissima amica, carissimo amico,
sei una persona a cui piace pregare? Oppure ti piacerebbe rivolgerti a Dio con la preghiera, ma non ce la fai o ce la fai poco? O ancora, pregare non ti è mai interessato e non ti interessa? Ok, va tutto bene, oggi però ci proviamo insieme.
Scegli un momento della giornata in cui sai che non verrai disturbato, per prenderti tutto il tempo che ti servirà, e l’angolo della tua casa o del tuo giardino più silenzioso e più bello che hai. Porta con te il telefonino, il Vangelo, una penna e dei fogli. 
Quando ti sei messo comodo, ferma tutto dentro di te: cancella le preoccupazioni, rilassati e poi clicca sul link che segue. Passa lentamente da una slide all'altra, guardando le immagini e leggendo di volta in volta le definizioni di preghiera. Lascia che parole e immagini entrino lentamente nella tua mente, creando pace e senso di libertà. Non difenderti, non cercare spiegazioni, non resistere, permetti solo all’evidenza di trovare la porta del tuo cuore e poi lasciala entrare.
Vai!

  1. Un disagio da scoprire e superare

Ora, se hai finito, poniamoci insieme una domanda: se la preghiera, come hai visto, è la sintesi di ogni vitale bellezza, perché talvolta risulta così difficile pregare e perché la maggioranza dei cristiani non è attratta dalla relazione con Dio e non appare molto interessata a viaggiare nella sua gioiosa novità? Perché negarsi l’avventura di una felicità possibile e altrove sperimentata? Evidentemente c’è un disagio nel pregare che chiede di essere interpretato. Fermati quindi a riflettere su questo problema: quali sono gli ostacoli alla preghiera? Eccone un elenco: prova a pensarci e sottolinea le tue risposte. 
* PREGARE È INUTILE, NON SERVE A CAMBIARE LE SITUAZIONI.
* MI MANCA IL TEMPO: CON TUTTO QUELLO CHE HO DA FARE! 
* A CASA MIA MANCANO I LUOGHI ADATTI ALLA PREGHIERA.
* TV, COMPUTER, TELEFONINI E TABLET OFFRONO MOLTE POSSIBILITÀ DI DIVERTIMENTO E MI TOLGONO LA CONCENTRAZIONE E LA VOGLIA DI PREGARE.
* NON RIESCO A FARMI VENIRE LA VOGLIA DI PREGARE.                                         
* MENTRE PREGO, NON PROVO NIENTE.                                   
* ORMAI NON PREGA PIU' NESSUNO!
* CERCO DI PREGARE, MA MI DISTRAGGO. 
* MI LASCIO VINCERE DALLA PIGRIZIA, RIMANDO E NON INCOMINCIO MAI. 
* NON MI PIACE!
* IMPROVVISO LA PREGHIERA E FINISCO PER ESSERE DISCONTINUO.
* SEGUO UNA TECNICA CHE DOVREBBE AIUTARMI A PREGARE, MA NON FUNZIONA.
* MI ANNOIO! 
* ALTRO …………………………………………………………………..

Finito? Non so che cosa tu abbia sottolineato o scritto, ma ragioniamoci un po’, con l’aiuto di don Romano Martinelli, direttore spirituale emerito del seminario arcivescovile di Milano, che è il primo nostro accompagnatore e ci ha portati fin qui. A rendere la preghiera un dovere da fuggire, anziché una ricerca di libertà all’interno dei nostri orizzonti, sempre  limitati e spesso frustranti, contribuiscono certamente alcune difficoltà proprie del nostro tempo (l’insidia dell’inutilità, la carenza del tempo e dei luoghi tradizionali della preghiera, i messaggi incessantemente distraenti, secolarizzanti e desacralizzanti dei media…), eppure queste difficoltà non vanno enfatizzate, se è vero che Dio non può non dare agli uomini di ogni tempo i mezzi per arrivare a Lui: accoglierci nell’amore è ciò che Lui vuole e quindi, se c’è qualcosa che non ci lascia mancare, è proprio la possibilità materiale di pregare. E poi, diciamolo tra noi, il tempo e il modo per ciò che veramente vogliamo fare lo troviamo! 
Madeleine Delbrel (ecco la nostra seconda accompagnatrice), ad esempio, si chiede perché mai il rumore di una fabbrica, lo sferragliare del treno o il vociare della folla al mercato non dovrebbero aiutarci a pregare, come invece fanno di solito il chiacchiericcio allegro degli uccelli, il mormorio dolce del vento o il sussurrare quieto di un ruscello. Si tratta di creare dentro di noi delle cavità di silenzio, delle oasi di preghiera in cui ospitare consapevolmente il Signore. Si tratta, come ricorda Elena Da Persico (terza nostra accompagnatrice), di scavare dentro noi stessi una “cella”, dove incontrare Dio e dimorare, dove lasciarsi prendere per mano dalla Parola: un po' come se diventassimo dei monasteri viventi. Questo però lo impareremo più avanti, quando avremo provato più e più volte a pregare; per ora ci basta sapere che ci  arriveremo.
Ciò che nuoce maggiormente alla preghiera, dice ancora don Romano, è l’ingenuità delle improvvisazioni discontinue o il credere che seguire una tecnica possa aiutare a pregare: questo significa essere dei dilettanti, perché la preghiera è vera se costituisce il linguaggio stesso della vita. Se smetto di pregare non vivo più, perché Dio sparisce dalla mia vita e al suo posto abiteranno in me paura, noia, rabbia, violenza... Finirò per non sapere più da dove vengo né dove sto andando, diventerò egoista e perderò perfino il senso profondo della realtà. Al contrario, quanto più prego tanto più imparo a pregare, tanto più si approfondiscono dentro di me il desiderio di Dio e il gusto per l’Assoluto e anche le “malattie” della preghiera (distrazione, aridità, accidia) verranno sconfitte. Allora si diventa donne e uomini veri, capaci di relazioni forti e coraggiose, liberi dai social e dalla TV spazzatura, donne e uomini in cui i doni dello Spirito Santo diventano visibili.

Contro l’improvvisazione e la discontinuità, contro l’assunzione di tecniche strane e improbabili (forse anche tu ti sei affidato qualche volta allo yoga o alla meditazione zen), noi scegliamo d’imparare un metodo antico e collaudato, solido perché radicato nella Parola di Dio: è il metodo della lectio divina, che consiste nel leggere e rileggere un brano biblico facendone emergere i passi più significativi e mettendone in rilievo gli elementi portanti. Noioso? Aspetta a dirlo, non si può giudicare qualcosa senza prima averlo provato. Preparati invece ad aprire uno scrigno, dove troverai sicuramente parole fondamentali per te e per la tua vita: se non sarà così, prenditela pure con me, sono qui.
Le regole di fondo di questa strana e straordinaria attività sono cinque: 1. mettersi davanti al volto di Gesù; 2. connettersi con Lui; 3. scrutare la Parola del Vangelo; 4. resistere senza scappare nel momento della fatica (questo all'inizio è spesso il momento più importante e difficile); 5. ripetere l'esercizio della preghiera ogni giorno, sapendo che, se io gli parlo da uomo, Dio mi risponde da Dio. Questa è infatti la peculiarità della preghiera: parlare da creatura e interpellare il Creatore, usare il linguaggio umano  e imparare la lingua divina.

2. La lectio divina

Da questo momento saremo accompagnati dal compianto cardinal Martini e dal biblista  mons. Pierantonio Tremolada, Vescovo di Brescia. Il procedimento della lectio è a “gradini”: si tratta di otto momenti che si susseguono portando l’orante dentro il testo e ponendolo a tu per tu con Dio. Come avviene questo percorso?
È bene innanzitutto creare dentro di sé le giuste disposizioni interiori: si tratta della venerazione che merita la Parola che viene da Dio, la fiducia in Colui che parla, l’impegno di chi crede di accingersi a qualcosa di estremamente serio e bello e l’umiltà del discepolo che si accosta al Maestro. Proviamo allora a verificarci e aderire a questi atteggiamenti: venerazione per la Parola, fiducia in Dio, umiltà,  consapevolezza della bellezza e serietà della preghiera.
"Non dobbiamo avere timore di confessare la nostra inadeguatezza” scrive il cardinal Martini, “bensì dobbiamo iniziare sempre dicendo: Signore, non so pregare, ma tu vieni in mio aiuto! È la supplica    del fedele chiamato a disporre il corpo, la mente e la fantasia allo zampillo della preghiera che sgorga dal cuore di Gesù. (…) La lectio divina ci fa entrare a poco a poco nella preghiera di Cristo, ci rende oranti nello Spirito, ci porta all’abbraccio amoroso di Dio". (Vedi C. M. Martini, Le confessioni di Pietro, Piemme 1993, pp. 13 e 14).

3. I gradini della lectio

Il primo gradino è la lectio propriamente detta (lettura), il secondo è la meditatio (meditazione), il terzo l’oratio (orazione o preghiera); seguono la contemplatio (contemplazione), la consolatio (consolazione), la discretio (discernimento), la deliberatio (decisione) e l’actio (azione). (Vedi anche a questo proposito: https://gesuiti.it/per-imparare-a-pregare-gli-otto-momenti-della-lectio).
Noi, seguendo le indicazioni dei nostri due autorevoli accompagnatori, ci limiteremo a muoverci all’interno di cinque gradini, omettendo la consolatio, la discretio e la deliberatio. I primi due infatti sono movimenti dell’anima che avvengono all’interno dell’oratio e della contemplatio, ma possono anche non avvenire, mentre il terzo è parte dell’actio, nella quale confluisce.
Ridando la parola a mons. Tremolada, incominciamo dunque dalla lectio, la cui domanda fondamentale è la seguente: che cosa dice questo testo della Sacra Scrittura? Di che cosa parla? Siamo nel livello più oggettivo della lettura del brano biblico che riguarda alcuni aspetti specifici:
*il luogo (dove siamo? Il luogo in cui ci troviamo ha un preciso significato?);
*il tempo (in quale momento della vita di Gesù ci stiamo immergendo? Che cosa è accaduto prima? Che cosa accadrà subito dopo?);
* i personaggi (chi sono i soggetti di cui si parla? Quali caratteristiche hanno? Quali sentimenti vivono?);
*le azioni (che cosa accade? Che cosa succede ai personaggi? Che cosa dicono? Che cosa fanno? Perché?);
*la parola chiave, cioè il termine capace di riassumere ciò che il testo presenta;
*le immagini e i simboli, se ci sono, e il loro significato;
*il cuore dell’episodio (dove cade l’accento in questo brano? Se dovessi dargli un titolo, quale sceglieresti?).
Mentre rispondi a queste domande, prova a identificarti nei personaggi e a rivivere la loro esperienza, concentrandoti innanzitutto sui verbi e cercando le intenzioni e i sentimenti ai quali le azioni rimandano. Ti lascerai poi guidare dal testo per porti eventuali altri interrogativi.

La domanda fondamentale della meditatio è invece la seguente: Che cosa dice a me questo testo della sacra Scrittura? Come Dio mi parla oggi attraverso questo testo? Come si vede, si tratta di quesiti di tipo soggettivo.
Le domande più specifiche riguardano Dio (Che cosa questo testo mi rivela di Lui? Che cosa mi dice di Gesù? Che cosa suscita in me questa rivelazione del mistero di Dio? In che cosa mi sento interpellato, confortato, rinfrancato, illuminato, esortato, purificato?) e la vita mia e del mondo (Che cosa questo testo mi fa capire dell’esperienza che sto vivendo in questo periodo? A quali interrogativi mi aiuta a rispondere? Con quali sentimenti mi invita a confrontarmi? A quali grandi valori mi esorta? Che cosa, attraverso questo testo, il Signore mi chiede di verificare, di correggere, di approfondire, di decidere?).

L’oratio fa esplodere il dialogo tra Dio e noi e la pagina letta si trasforma in preghiera, diventando lode, rendimento di grazie, domanda...

...finché ad un certo punto il cuore si scalda e si predispone ad accogliere le mozioni spirituali che il Signore regala: è il momento indicibilmente bello della contemplatio, quando all’attività umana, già guidata dalla Grazia,  si sostituisce gradualmente l’azione di Dio. È il momento in cui, dimenticando tutto il resto, si contempla nel raccoglimento il mistero del Signore. Se la lectio è un ascolto attivo, la contemplatio è il momento dell’intimità in cui noi incominciamo veramente a fare esperienza di Dio.

L’actio, infine, è più che altro una conseguenza: ciò che abbiamo letto, meditato, pregato e contemplato ci conduce naturalmente a compiere un passo nella conversione, a cercare cioè qualcosa che dia concretezza alla Parola che è risuonata in noi. È l’agire evangelico, che cambia il cuore e la vita.

4 – Proviamo!

La spiegazione è finita, ora entri veramente nella preghiera, sperimentando il metodo che hai conosciuto. Se il tuo tempo è scaduto o sta per scadere, rimanda l’esperienza a domani o anche dopo. L’importante è che ci arrivi senza fretta. 

4.1 Lectio

Se puoi andare in chiesa va molto bene, in caso contrario puoi rimanere in casa tua, purché tu sia sicuro di non essere disturbato, almeno per questa prima volta, in cui sei chiamato a rivivere un incontro dell’apostolo Pietro con Gesù. Oltre ai fogli fotocopiati, puoi tenere con te, se vuoi, un'icona con il volto di Gesù che ti è particolarmente cara. 
Dopo il segno della croce e un momento di raccoglimento per metterti davanti al Signore e connetterti con Lui, leggi il testo riportato nel Vangelo di Giovanni al capitolo 21 (Gv 21,5-19). Leggilo lentamente, senza pretendere di capire tutto subito e cercando di vedere mentalmente la scena.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”. Gli disse di nuovo, per la seconda volta: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Gli disse: “Pascola le mie pecore”. Gli disse per la terza volta: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: “Mi vuoi bene?”, e gli disse: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”. Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecore." (...) E, detto questo, aggiunse: “Seguimi”.
Leggi ora la spiegazione, tratta da un testo di don Matteo dal Santo.
Tempo e luogo
La scena si svolge dopo la risurrezione di Gesù, sul lago di Galilea, dove Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni erano stati chiamati a seguire il Maestro. Per la terza volta il Risorto si manifesta ai suoi discepoli, i quali quindi hanno già vissuto il dolore e lo smarrimento per la sua morte, ma anche la gioia travolgente per averlo ritrovato vivo. 
Il capitolo 21, in cui è collocata la scena in questione, è, secondo molti biblisti, un’aggiunta successiva alla stesura del Vangelo di Giovanni. Al termine del capitolo precedente, infatti, troviamo un prima conclusione (Gv 20,30-31). Per questo motivo gli studiosi affermano che questo capitolo è nato a partire da una domanda nuova presente nella comunità cristiana: “Come facciamo noi oggi a incontrare il Signore? È data anche a noi la possibilità d’incontrare il Risorto?”. In questa luce la terza manifestazione di Gesù (caratterizzata dall’abbondanza della pesca, dal pasto con Gesù e dal dialogo personale con Pietro) rappresenta il paradigma di ogni incontro con il Risorto da parte della comunità dei discepoli di tutti i tempi, quindi riguarda anche il nostro incontro con Lui.
Personaggi
Solo sette apostoli si trovano insieme a pescare e in quella notte non prendono nulla. Il Signore allora si manifesta sulla riva del lago e li invita a riprovare ancora.
Azioni
La pesca questa volta è abbondante oltre ogni attesa. Il discepolo che Gesù amava riconosce il Signore e Pietro, con il suo solito slancio impetuoso, si tuffa e raggiunge a nuoto il Maestro fino a riva. Le sorprese però non sono finite: con una premura e una tenerezza più materne che maschili, Gesù ha già preparato del pesce arrostito e invita i suoi amici a mangiare con lui: “Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce” (v. 13).
Nel contesto del pasto comune con i suoi amici, Gesù prende da parte Pietro e gli rivolge una parola personale. Lo chiama come all’inizio, con il suo nome proprio: “Simone, figlio di Giovanni”. Perché? Perché non lo chiama Pietro? È evidente che siamo di fronte ad una nuova chiamata, ad un incontro che si rinnova a partire dalla Pasqua.
La parola personale rivolta a Pietro è una domanda: “Mi ami?”. Le domande danno inizio ad un dialogo, interpellano la libertà dell’altro. E questa è una domanda che aiuta a fare chiarezza: “Dove sei? A che punto ti trovi nel cammino del discepolo?”. Il Maestro invita così il suo amico a misurare la qualità del suo amore e quindi il percorso vissuto finora. Il dialogo con Gesù non fa sconti. Lo sguardo di Gesù, che è ricco di affetto e di misericordia, vede bene, non chiude gli occhi, osserva in modo schietto e chiaro, anche se lo fa sempre con tenerezza e pazienza.
La domanda si ripete tre volte. Perché? Non basta una volta sola? Pietro sa bene perché: lui aveva rinnegato tre volte Gesù, dopo il suo arresto, così ora riconosce nelle parole del Maestro un richiamo al triplice rinnegamento e rimane addolorato che per la terza volta gli domandi “Mi vuoi bene?” (v. 17). È il dolore del pentimento, di chi tocca con mano la propria fragilità e la propria infedeltà.
“Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”. La domanda è incalzante, ma non vuole infierire. Prova ne è il fatto che ad ogni risposta di Pietro (“Certo, Signore tu lo sai che ti voglio bene”), Gesù fa seguire un’investitura: “Pasci le mie pecore”. Il Signore dà fiducia, si fida e si affida al suo amico, fino a consegnargli un incarico importantissimo. Qual è dunque la vera intenzione di questa triplice domanda? Il Signore sta conducendo Pietro, non solo nel cuore della sua debolezza, ma soprattutto nel cuore del suo amore. Il Maestro sta difendendo ciò che di grande e di buono c’è in Pietro. Lo difende dalla delusione che può nascere dalla percezione del suo rinnegamento e del suo peccato. Lo difende dallo sguardo distorto che vede solo ciò che non va o ciò che manca. Lo difende dal giudizio degli altri che sono pronti a misurare tutto nei termini di giusto e di sbagliato. Gesù difende il cuore di Pietro e il suo amore sincero, lo difende da se stesso. Oggi diremmo “ha cura della sua autostima”.
Gesù vuole condurre Pietro fino al punto in cui afferma: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene” (v. 17). Ora anche Pietro sa con certezza che il suo amore per Gesù è vero e profondo: è un amore fragile e debole, esposto al rinnegamento, ma sincero, radicato. Prima lui stesso poteva dubitare del suo affetto per il Maestro: che amore era il suo se l’aveva tradito nel momento più tragico e bisognoso della sua vita? Ora il Signore, il tradito, non solo lo perdona, ma lo rassicura: siamo davvero all’interno di un Amore sublime. “Pietro, è vero, mi hai rinnegato, ma tu mi vuoi bene, mi ami e questo è l’importante. Il tuo amore e soprattutto il mio amore riscattano il tuo peccato” dice il Signore.
Gesù, infine, rilancia il cammino, propone un nuovo passo, mantiene in tensione il suo apostolo: “Pasci le mie pecore”, “Seguimi”. L’arte del rilancio esprime una fiducia preventiva e una capacità di azzardo. È una scommessa, un prendere sul serio l’altro perché si apra ad un nuovo cammino e compia un passo avanti. Così il dialogo con il Signore diventa guarigione, rafforza la volontà e mette in moto la libertà. Il rilancio è il frutto della fede e della speranza e ha lo stile dell’incoraggiamento, della promozione e della fiducia. Questo è lo stile del dialogo di Gesù.
Risonanze bibliche
Nel Vangelo la gioia più intensa è frutto di una predilezione personale. C’era molta gente sulla via di Gerico, ma Gesù alza lo sguardo e chiede a Zaccheo di scendere perché deve fermarsi a casa sua (Lc 19,1-10). C’erano già altri discepoli che seguivano il Maestro, ma quando vede un pubblicano mentre riscuote le imposte, Gesù lo chiama: “Seguimi” (Mc 2,13-17 e paralleli). Potremmo anche pensare alla gioia e allo stupore della donna samaritana (Gv 4,1-26), della peccatrice perdonata (Gv 8,3-11), del cieco nato (Gv 9,1-41). Il Vangelo racconta spesso questa gioia intensa: “Il Signore pone su di me lo sguardo e mi chiama, mi coinvolge e così mi riabilita, mi guarisce, apre una strada, mi dona una vita nuova”. Il Signore ci ama ad uno ad uno, come se fossimo soli sulla faccia della terra, non come elementi di una massa informe.

4.2 Meditatio

a) Rileggi il testo, sottolineando le parole che più di altre toccano il tuo cuore.
b) Rispondi ora silenziosamente ad alcune delle domande che seguono, scegliendo quelle che maggiormente interpellano il tuo attuale vissuto.
*Questa vicenda mostra lo stile con il quale il Signore incontra anche te e accompagna i tuoi passi.
- Come ti sembra il volto di Gesù che hai scoperto attraverso la lectio? Come lo definiresti?

  
- Guarda dentro di te: come sta il tuo cuore dopo questa scoperta? Riesci a sentire la pace e la gioia che il Signore vuole donarti?
*Un giorno il Signore ha chiamato anche te: rivisita la chiamata per rivivere la gioia.
- In quali momenti ti sei sentito soggetto della predilezione di Dio, hai saputo di essere per Lui unico e irripetibile e hai potuto scorgere un progetto riservato solo a te? Se ti sembra di non avere mai fatto questa esperienza, sei disposto a viverla proprio ora, chiedendo al Signore la disposizione del cuore a ricevere questo dono? (Ti verrà da piangere, puoi scommetterci, ma sarà un pianto accolto e compreso e quindi liberatore).
- Come rispondi a Gesù che ti chiama nella Parola e vuole parlarti, con continuità e calore?
*Lo sguardo di Gesù fa emergere nella sua realtà la nostra umanità fragile, per aiutarci a prendere coscienza di noi stessi e donarci una percezione realistica ma serena della nostra vita. Egli non parte da ciò che vorrebbe trovare in te, ma da ciò che sei e che a Lui piace senza riserve; non si scandalizza per le tue debolezze e non rimane deluso, ma riconosce e difende il segno dell’opera di Dio in te: anche se tu non la vedi, la vede Lui e l’apprezza; Egli anima e fa crescere tutto ciò che nel tuo cuore ti porta verso di Lui. Il suo sguardo discerne la tua bellezza e la tua unicità, fa chiarezza dentro di te e ti eleva.
- Nella tua vita ci sono ferite nascoste e cicatrici dell’anima mai completamente chiuse. Specchiandoti nella verità dello sguardo del Signore, quali interrogativi e desideri nascono in te?
- Sei disposto a fare la pace con i tuoi fallimenti e a consegnarti a Gesù nella tua fragilità, ben sapendo che Lui ne farà soltanto una questione d’amore?
*Gesù crede nel tuo futuro e nella tua capacità di camminare. Spera nel coinvolgimento della tua libertà e nella tua volontà di dire di sì.
- Il contatto con la Parola di Dio ti suggerisce di verificare, correggere, approfondire, potenziare qualche aspetto della tua vita di fede?
*Gesù ti ha dato una missione bella, grande e carica di luce. Si fida di te. 
- Sei consapevole della tua grandezza?
c) Sapresti trovare una parola chiave, capace di riassumere l’episodio analizzato o l’esperienza che hai appena vissuto?
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d) Prova ora a dare un titolo all’episodio, dopo averne scoperto il cuore.
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4.3. Oratio

Scrivi una preghiera, nella quale racconti e consegni a Gesù ciò che è emerso in te durante la meditatio: scoperte, nuove consapevolezze, preoccupazioni, emozioni, voglia di tenerezza, fallimenti da superare, desideri, propositi… Se non vuoi scriverla, non importa: importante è che tu l’accolga dentro di te e la consegni nella pace e nel silenzio al cuore del tuo Signore.
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4.4. Contemplatio

Sei arrivato al momento misterioso e dolcissimo della contemplatio. Rimani in ascolto e in silenzio, sospendi ogni attività della tua mente e ogni parola, lascia riposare anche il tuo cuore e lasciati invadere  dall’intimità con Lui per fare esperienza della sua Presenza. Stai con Lui semplicemente, senz’altra preoccupazione che questo stare. Se vuoi, puoi annotare le Parole che affiorano nella tua anima durante il silenzio contemplativo.




Prima di uscire dalla preghiera, chiediti quale passo verso di Lui ti suggerisce Gesù: in che cosa vuoi impegnarti per concretizzare nell’azione ciò che hai vissuto in sua compagnia? Che cosa pensi di dover migliorare nel tuo cuore e nella tua vita per rispondere all’invasione di Grazia che Lui ti ha regalato oggi?
Termina con il “Padre nostro” e il segno della croce. 

Concludiamo 

La tua avventura per oggi è terminata, ma potrai riprenderla e rifarla ogni volta in cui avrai voglia di stare con il Signore, d'imparare qualcosa di nuovo su di te e sulla tua vita dalla sua Parola, quando vorrai carezze e coccole divine e quando avrai bisogno di rinnovare il coraggio per riprendere a camminare nei momenti in cui ti sembrerà di non poterlo più fare. Cioè sempre. Cioè ogni giorno,  sopportando l'aridità e l'oscurità, che non mancheranno di arrivare, ma saranno notte che prelude alla luce del giorno, tempesta che annuncia l'arcobaleno. Perché se è vero che pregare di solito non cambia le situazioni può però cambiare noi e il nostro approccio alle situazioni stesse e questo fa veramente la differenza, anche per le persone con cui viviamo e che incontriamo ogni giorno. Buon cammino cari.

Mariarosa Tettamanti

Immagine di copertina tratta da Inverno di Carolina Bergamaschi.