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Tonino e il tavolino



Una storia per ogni lettera dell'alfabeto: lettera T

C’era una volta Tonino. “E chi era Tonino?” mi chiederete. Tonino era un bel bambino, riccioluto e intelligente, e tutti lo avrebbero amato se non avesse avuto un bruttissimo difetto: era troppo dispettoso. La mamma, il papà, i nonni, le zie, le maestre e le catechiste cercavano in tutti i modi di convincerlo a comportarsi meglio, ma lui anziché migliorare peggiorava. Si sentiva contento soltanto quando riusciva a far ammattire qualcuno con i suoi dispetti. E non guardava in faccia a nessuno: era capace di provocare in questo modo persino il parroco, il sindaco e il preside! Naturalmente i suoi compagni finirono con il temerlo e quando lo vedevano arrivare se la davano a gambe. La mamma disperata gli diceva: “Ma dove hai la coscienza Tonino? Dov’è finita la tua coscienza? Ma non senti mai una vocina dentro di te che ti dice che sbagli?”. Tonino alzava le spalle e scrollava la testa, anche se per la verità ogni tanto nella sua testa si affacciava il dubbio che ciò che faceva non era proprio il modo migliore per vivere bene e in buona compagnia, ma subito si affrettava a non pensarci più e tornava alle sue amate provocazioni. A questo punto, so che mi state chiedendo: “Ma quali erano i dispetti ideati da Tonino?”. E no, io non mi prendo la responsabilità di raccontarveli … anche se sarebbe molto divertente. Può darsi che tra voi ci sia qualcuno che assomiglia un po’ al protagonista di questo racconto e vorrebbe imitarlo: immaginate le conseguenze? No , no, torniamo piuttosto alla nostra storia. 

Un giorno arrivò nel cortile di Tonino uno strano vecchietto,

dall’aspetto curioso: era piccolo ed esile, ma aveva un grosso naso e due occhietti furbi e intelligenti; era vestito all’antica, con pantaloni alla zuava e un gilè sopra una camicia a quadri, e vendeva mobili usati stipati su un camioncino malandato. Gridava con un vocione che non si sapeva da dove venisse: “Mobili usati ma in buono stato! Vengono dalle corti reali più importanti del mondo! Mobili magici, risolvono ogni problema!”. La nonna di Tonino si avvicinò al carretto e mise subito gli occhi su un tavolino con una sola gamba centrale, che troneggiava sopra due sedie sgangherate. Era un normale tavolino con il piano superiore in formica verde, la base di appoggio in metallo e il resto in comunissimo legno di pino. 
“Le interessa il tavolino bella signora? Ottima scelta, sapesse quanti problemi ha risolto!” e poi abbassando la voce e alzandosi sulla punta dei piedi per arrivare all’orecchio della nonna aggiunse: “È un tavolino attira coscienza. Vedrà che il suo nipotino cambierà comportamento!”. La nonna era allibita e perfino un po’ spaventata: come faceva questo simpatico vecchio a sapere di Tonino? Tuttavia non disse niente e pagò il suo acquisto chiedendo uno sconto, che le fu concesso. 

Portò il mobiletto in salotto e chiamò il nipote.

“Tonino, non è ora di svolgere i compiti? Guarda, ti ho comperato un bellissimo tavolino, sul quale potrai appoggiare i tuoi libri e i tuoi quaderni!”. Tonino finse di dedicarsi ai compiti, ma in realtà stava già pensando a un dispetto da organizzare ai danni del papà che stava tornando dal lavoro. 

Ad un certo punto sentì una voce

bassa e strascicata che pronunciava il suo nome: “Toniiino, Toniiino!”. “Chi mi chiama?” chiese tutto baldanzoso come sempre e, pensando che la voce venisse dall’esterno, prese uno spazzolone dallo sgabuzzino delle scope e uscì per dare un fracco di botte al personaggio misterioso che si permetteva di chiamarlo in quel modo. Guardò nel cortile: non c’era nessuno; guardò nel garage: nessuno; arrivò fin sulla strada: nessuno! Un po’ disorientato rientrò in casa e si rimise a pensare al suo geniale dispetto. Di nuovo ecco la voce, ancora più strascicata: “Toniiiiiiiino, Toniiiiiiino!”. Questa volta il bambino perlustrò tutta la casa, dal salotto alla cucina, dalla sua camera a quella dei genitori, dall’anticamera ai bagni: nessuno! Tonino incominciava a sentirsi inquieto, così, quando la voce ricominciò a chiamarlo in quello strano modo, chiese tremando un po’: “Chi è che parla? Chi sei?” e improvvisamente capì. Lo strano suono veniva dal nuovo tavolino: “Soooono la tua coscieeeenza” riprese la voce. “Coscienza? Che cos’è la coscienza? Io non ho nessuna coscienza!” gridò indispettito Tonino e di nuovo si armò di spazzolone. “Certo che non hai più una coscieeeenza. L’avevi, ma ora non ce l’hai più, perché me ne sooono andaaaaata e sono venuta ad abitare in questo tavooooliiino”. “E perché te ne sei andata?” chiese con malgarbo Tonino. “Perché non mi ascoltavi maaaai! Così mi sono sentita inutile e maltrattata e me ne sono andaaata!”. “Stai pure lì dove ti pare, tanto a me non interessi proprio, anzi sto molto meglio senza di te!” gridò stizzito Tonino. Il tavolino tacque e finalmente il bambino ebbe il tempo per mettere a punto il suo ennesimo dispetto. Però non si sentiva tanto bene, non come prima insomma: sentiva un vuoto dentro di lui che gli dava un leggero senso di nausea. “Si vede che ho fame” si disse e si abbuffò di cioccolato. Siccome però il vuoto rimaneva, mangiò un chilo di caramelle e lecca lecca: non ci fu nulla da fare, il buco nello stomaco non se ne andava. “Pazienza, mi abituerò” esclamò e passando vicino al tavolino disse: “Tu rimani lì eh? Mi raccomando, non uscire più, perché io non sento proprio la tua mancanza!”. Diceva così, ma senza convinzione. 

Andò a letto, ma non riuscì a prendere sonno.

Si girò e si rigirò tra la coperte, si alzò per guardare le stelle, poi pensò di prendere un piccone e dare una picconata al tavolino così non se ne parlava più. Invece mangiò un intero torrone e lo vomitò insieme alle caramelle e ai lecca lecca … e infine andò al tavolino e sgarbatamente chiese: “Va bene dai, adesso sei stata fuori abbastanza, è ora di rientrare e smettila di fare la scema!” gridò. Nessuna risposta, il tavolino non si mosse. Tonino lo scosse più volte, ma gli rispose il silenzio, così pensò di aver perso per sempre la sua coscienza, si sedette a terra e … si mise a piangere! “Che cosa mi darai se torno dentro di te?” disse allora la solita vocina non più strascicata. “Ah sei ancor qui!” gridò smettendo di piangere Tonino: “Che cosa vuoi che ti dia? Niente! Tu devi tornare e basta!” “Ok … allora rimango qui, sto molto bene in questo tavolino. Anzi, guarda, quasi quasi vado al mare per una bella vacanza!” “Ma no, scherzavo, dai, non fare la permalosa, che cosa vuoi che ti dia?” “Voglio la tua solenne promessa che da questo preciso momento ti comporterai meglio e invece di usare la tua intelligenza per escogitare dispetti sempre più raffinati la userai per studiare e fare del bene alle persone.” “Io … io posso provarci, ma non so se sarò capace … io … io sono più bravo a fare i dispetti.” “Tu intanto prometti e poi, quando avrai bisogno, io ci sarò. 
Ti basterà guardare dentro di te: lì mi troverai e avrai le risposte che cerchi. 
“Ok coscienza, facciamo così” disse Tonino rassegnato. 

La coscienza tornò

e Tonino cambiò davvero vita: non sembrava più il bambino di prima, in breve ebbe tantissimi di amici e divenne la consolazione dei suoi genitori. Capì che lui pensava che fare i dispetti servisse per attirare l’attenzione degli altri su sé, ma in realtà non era così, anzi in questo modo otteneva l’effetto contrario, perché tutti lo evitavano. 
Poco dopo questi avvenimenti, tornò il vecchietto del tavolino: fece l’occhiolino alla nonna e si riprese il suo mobiletto. Dove lo portò? Ma! Qualcuno dice che lo diede a un’altra nonna per un altro bambino, ma io non ne sono sicura e quindi non posso dirvelo con certezza. 
GUARDA LA PARTE IN LEGNO DEL TAVOLINO: FORMA LA LETTERA ...

Mariarosa Tettamanti

immagine di copertina tratta da "ABC Lettering" di Dangerdust