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Riconoscenza e dolcezza per un ministero davvero straordinario

Testimonianza

Sono Mariarosa Tettamanti e presto il ministero della comunione eucaristica presso la parrocchia di Figliaro, nel decanato di Appiano Gentile, dall’inizio degli anni ottanta del secolo scorso. 

Ero ancora molto giovane 

quando il mio parroco mi mise in mano un libretto, una teca con due particole consacrate e mi mandò quasi senza preavviso a portare la comunione eucaristica ai malati, incarico al quale io certo non avevo mai aspirato. A quei tempi però nei paesi piccoli non si usava dire di no al parroco e così sono uscita dalla chiesa molto agitata e perfino un po’ stordita. A un certo punto mi sono fermata e mi sono chiesta: “Ma che cosa sto facendo?”. È stato allora, sulla cresta emotiva di questa domanda, che la mia autostima, costruita con poco successo nel passato, si è come inabissata, schiacciata dalla Grandezza inconcepibile che mi stava tra le mani, e quando è riemersa aveva cambiato nome: si chiamava fiducia. Ero sorpresa: se la Chiesa e il Signore si fidavano tanto di me, anch’io potevo fidarmi di me stessa! Nel breve tragitto che mi separava dalla mia prima meta, la sensazione d’indegnità che mi era rimasta dentro come uno spiacevole residuo si è gradualmente stemperata nella dolcezza e nella riconoscenza, per fluire poi nell’esultanza della lode. Soltanto molti anni più tardi ho capito che il Signore mi aveva graziata, senza che io lo sapessi, con il dono promesso dell’umiltà cristiana.

Nel 2009 ho incominciato 

a portare la Comunione eucaristica in una casa di riposo laica della mia zona. È stata un’esperienza dura all’inizio: m’incontravo con persone per le quali la voglia di vivere era ormai agli sgoccioli e spesso anche la novità della fede si era persa, sgretolata dall’estrema e terrificante vicinanza della morte. Mai la Chiesa mi era sembrata così lontana: mi sentivo in uscita, catapultata nel vivo della cultura dello scarto, persa. Da pedagoga mi sono detta: “Qui ci vuole una buona educazione alla resilienza”. Non ce n’è stato bisogno: ci ha pensato Lui. È arrivato Lui e le giornate si sono ribaltate. Lui ci ha convinti che la vita è preziosa in ogni stagione, ci ha insegnato ad amare ogni nostro respiro, ogni alba che viene ancora a trovarci, a vedere nell’aiuto reciproco la bella missione e perfino a sopportare con leggerezza i tradimenti del corpo. Ho così scoperto che l’Eucaristia innesca nell’esistenza umana la capacità di recuperare la vita nella sua pienezza e di cancellare nei fatti l’esperienza della fine. Nei fatti, non a parole. Ho incominciato anch’io, aiutata dalla fedeltà di alcuni preti, a sperimentare questo tipo di felice resilienza.

Qualche anno fa ho infine accettato l’incarico 

di celebrare in parrocchia il culto eucaristico al di fuori della Messa, ovviamente per chi non può parteciparvi. Il gruppetto che la frequenta è sparuto e molto segnato dall’età. Bastano un soffio di vento, due gocce d’acqua o un po’ di sole a picco per disperdere le poche partecipanti, che però non cedono: appena il tempo incomincia a mostrare il volto della benevolenza, rieccole. Ora, io confesso di avere parecchio da fare nella vita, le mie giornate come a tutti noi non bastano mai … E allora mi sono chiesta: “Vale la pena continuare?”. Per rispondere, ho dovuto guardare bene nel cuore crepuscolare delle mie signore e ho scoperto che sì, vale la pena. Vale la pena perché la Parola e il Pane eucaristico inseriscono le corse della gioia nelle ore uggiose della tristezza, aprono la preghiera quotidiana, sdipanandola dal proprio io ed evitando che diventi cianotica, e maturano una carità calma e tollerante. Così la vita acquista la consistenza del lievito, che rende grande ogni cosa piccola e permette alla Chiesa di uscire in missione.

Dall’autostima ballerina 

ad un’umiltà mai raggiunta, certo, ma sempre rinfrescata dalla Grazia nelle sue stesse radici; da una vita buona, ma faticosa e marchiata dalla fine, ad una speranza incosciente e lieve, dimentica di sé e continuamente consegnata; dal peso delle molte cose da fare all’appagamento fecondo del lievito … 
Nel ministero la crescita umana subisce un’accelerazione e poi si allarga e fiorisce nella vita spirituale. 
Per questo, non ci resta che ringraziare.

Intervento all'incontro diocesano dei MISCE (Ministri Straordinari della Comunione Eucaristica) con l’Arcivescovo.
Duomo di Milano, 22 Settembre 2018